DifesaUSA
Nuova vita per le navi Littoral: il lancio del drone kamikaze LUCAS trasforma queste unità in piattaforme d’attacco strategico
La Marina USA lancia i suoi droni Kamikaze: ecco LUCAS, lo “Shahed americano” che sfida l’Iran.

C’è una certa ironia, sottile ma palpabile, nell’osservare la superpotenza militare globale, gli Stati Uniti d’America, adottare le tattiche della guerra asimmetrica tipiche dei suoi avversari regionali. Per anni abbiamo osservato Teheran e i suoi proxy minacciare le rotte commerciali e le infrastrutture critiche con droni economici e “sacrificabili”. Ebbene, pare che il Pentagono abbia preso appunti.
Il 16 dicembre scorso, nel Golfo Arabico (o Persico, a seconda della sponda da cui guardate), la Marina statunitense ha effettuato un test che potrebbe segnare un cambio di paradigma dottrinale: il lancio di un drone kamikaze a lungo raggio LUCAS (Low-Cost Uncrewed Combat Attack System) dal ponte di volo della USS Santa Barbara. Non si tratta solo di un nuovo giocattolo tecnologico, ma della certificazione che la Task Force Scorpion Strike, creata appena due settimane fa, è operativa e pronta a “ribaltare il copione” contro l’Iran.
“Bravo Zulu. U.S. Navy forces in the Middle East are advancing warfighting capability in new ways, bringing more striking power from the sea and setting conditions for using innovation as a deterrent.” – Adm. Brad Cooper, CENTCOM Commander https://t.co/TgQ4WLbph3 pic.twitter.com/WUiAVojTht
— U.S. Central Command (@CENTCOM) December 18, 2025
LUCAS: Il “gemello diverso” dello Shahed-136
Il protagonista di questa svolta è il LUCAS, sviluppato da SpektreWorks. A prima vista, per chi segue le cronache dal fronte ucraino o dal Mar Rosso, la sagoma è familiare. Non è un caso: il design è stato ingegnerizzato, con una certa spregiudicatezza pragmatica, proprio partendo dallo Shahed-136 iraniano.

Tuttavia, definire il LUCAS una semplice copia sarebbe riduttivo. Sebbene l’estetica e il concetto di base (una munizione circuitante a basso costo) siano identici, l’elettronica interna e la modularità sono squisitamente occidentali.
Ecco un confronto tecnico rapido tra le piattaforme:
| Caratteristica | Shahed-136 (Iran) | LUCAS (USA – SpektreWorks) |
| Ruolo | Attacco kamikaze unidirezionale | Attacco, Ricognizione, Decoy, Guerra Elettronica |
| Apertura Alare | ~2,5 metri | ~2,4 metri (8 piedi) |
| Lunghezza | ~3,5 metri | ~3 metri (10 piedi) |
| Costo Stimato | $20.000 – $50.000 | ~$35.000 |
| Lancio | Rampa a terra (camion/container) | Rampa a terra e Navale (assistita da razzo) |
| Guida | Prevalentemente GPS/Inerziale (statica) | Modulare: Satellitare BLOS, Ottica, Inerziale |
La vera novità non sta nella fusoliera, ma in ciò che c’è sotto il cofano. Mentre lo Shahed è spesso un “trattore volante” che colpisce coordinate fisse, il LUCAS è stato visto in due varianti. La prima è una versione “stupida” ed economica, destinata a colpire il bersaglio. La seconda, molto più interessante, monta un sistema di telecamere gimbal sul naso e, soprattutto, un collegamento dati satellitare miniaturizzato sul dorso.
La tattica dello sciame: qualità e quantità
Questa differenziazione tecnica apre le porte a scenari tattici complessi. La Marina USA non ha bisogno di equipaggiare ogni singolo drone con costosi sensori satellitari. La dottrina suggerisce l’uso di tattiche di sciame (swarm tactics) dove un drone “capo”, dotato di collegamento satellitare e ottiche avanzate, guida un gruppo di droni “gregari” più semplici ed economici.
I droni semplici comunicano “a vista” (line-of-sight) con il capo-squadriglia, il quale fa da hub di rete ritrasmettendo i dati agli operatori umani, che possono trovarsi al sicuro su una nave o in una base in Nevada. Questo permette:
- Colpire bersagli mobili: Non più solo coordinate GPS fisse, ma navi in movimento o convogli.
- Ridurre i costi: Si “consumano” vettori economici, preservando le capacità di intelligence.
- Saturazione: Lanciare ondate di droni per saturare le difese aeree nemiche, un lusso che i missili da crociera Tomahawk (dal costo di 2 milioni di dollari l’uno) non permettono.
Come abbiamo spesso evidenziato su queste pagine, la guerra moderna è una questione di bilancio: se per abbattere un drone da 35.000 dollari il nemico deve usare un missile da 1 milione, hai vinto lo scontro economico prima ancora di quello militare.
Una nuova vita per le “Littoral Combat Ship”?
Il test ha un risvolto interessante anche per la politica industriale della US Navy. La piattaforma di lancio utilizzata è la USS Santa Barbara, una nave della classe Independence (LCS). Le LCS sono state a lungo criticate per essere navi in cerca di una missione, costose da gestire e, secondo molti critici, troppo poco armate per un conflitto ad alta intensità.
Trasformare queste navi in “portaerei per droni kamikaze” potrebbe essere la mossa che ne giustifica l’esistenza. L’ampio ponte di volo e la modularità delle LCS si prestano perfettamente al lancio di sciami. Il Segretario della Marina aveva già accennato all’integrazione di moduli missilistici containerizzati; l’aggiunta di droni a lungo raggio offre a queste unità una capacità di proiezione di forza che prima mancava totalmente.
Il messaggio all’Iran e le implicazioni geopolitiche
Il messaggio inviato a Teheran è cristallino. Il Capitano Timothy Hawkins, portavoce del CENTCOM, ha dichiarato che questa capacità permette di operare “ovunque il diritto internazionale lo consenta”. Un funzionario USA, parlando della Task Force Scorpion Strike, è stato ancora più esplicito: “Siamo in grado di ribaltare il copione sull’Iran”.
Fino ad oggi, l’Iran godeva di un vantaggio asimmetrico: poteva lanciare sciami di droni da imbarcazioni civili modificate o da basi nascoste, costringendo gli USA e gli alleati a costose operazioni difensive. Ora, gli Stati Uniti possono rispondere con la stessa moneta: droni sacrificabili, lanciabili in massa da qualsiasi nave con un ponte, capaci di circuitare, raccogliere intelligence e colpire.
L’integrazione dell’Intelligenza Artificiale, gestita dalla Task Force 59, suggerisce che in futuro questi sciami potrebbero operare con un livello di autonomia sempre maggiore, identificando e ingaggiando bersagli in scenari di guerra elettronica intensa dove le comunicazioni umane sono disturbate.
Conclusioni
La guerra in Ucraina e le tensioni nel Mar Rosso hanno insegnato una lezione che i pianificatori militari occidentali, spesso innamorati della tecnologia ultra-costosa, hanno faticato ad accettare: la quantità ha una qualità tutta sua.
L’adozione del sistema LUCAS, un clone evoluto dello Shahed, dimostra un pragmatismo necessario. Non sostituisce i missili ipersonici o gli F-35, ma riempie un vuoto capacitivo fondamentale. In un mondo dove la minaccia arriva da sciami low-cost, la risposta non può essere solo un muro di missili d’oro, ma deve includere la capacità di attaccare il nemico con la sua stessa logica di saturazione. Resta da vedere se questa nuova dottrina sarà sufficiente a dissuadere Teheran, o se porterà semplicemente a un’escalation nella guerra dei droni che sta ridisegnando gli equilibri dal Golfo Persico al Mar Nero.
Domande e risposte
Perché gli USA stanno copiando un drone iraniano invece di usarne uno proprio?
Non si tratta di copiare per mancanza di tecnologia, ma per efficienza economica e rapidità. L’industria iraniana, per necessità, ha perfezionato un design aerodinamico semplice ed efficiente per il volo a lungo raggio a bassa velocità. Gli USA hanno preso questo concetto “rustico” (ingegnerizzato da SpektreWorks) e lo hanno potenziato con la loro superiore sensoristica e capacità di networking. È un esempio di pragmatismo: usare una forma collaudata per ridurre i tempi di sviluppo e i costi di produzione, permettendo acquisti di massa.
Qual è il vantaggio di lanciare questi droni da una nave LCS?
Le navi Littoral Combat Ship (LCS) come la USS Santa Barbara hanno ampi ponti di volo e spazi modulari, ma sono state criticate per la scarsa potenza di fuoco a lungo raggio. Dotarle di droni LUCAS trasforma queste unità in piattaforme di attacco strategico mobile. Possono navigare in acque internazionali, lanciare uno sciame di droni verso obiettivi a centinaia di chilometri di distanza (sia in mare che a terra) e ritirarsi, fornendo alla Marina una capacità di proiezione di forza flessibile senza rischiare aerei con pilota.
Cosa significa che questi droni possono operare in “sciame”?
Significa che i droni non operano come unità isolate, ma collaborano. Nel caso del LUCAS, una configurazione prevede droni “capo” dotati di costosi collegamenti satellitari e telecamere, e droni “gregari” più semplici ed economici armati solo di testata esplosiva. I gregari seguono il capo e ricevono dati sul bersaglio in tempo reale tramite un collegamento radio locale. Questo permette di saturare le difese nemiche con molti bersagli, mantenendo i costi bassi e garantendo alta precisione anche contro obiettivi in movimento.










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