Attualità
Non facciamo di tutti i #voucher un fascio!
L’abuso dell’utilizzo di questa modalità di lavoro occasionale e accessoria ha fatto si che nell’immaginario collettivo il voucher venisse identificata come strumento di precarizzazione e sfruttamento del lavoratore in un mercato già duramente penalizzato.
E in effetti così è stato: nato come argine per il lavoro nero ha riscontrato negli ultimi anni un’esplosione, venendo meno al suo scopo originaria, a cui anzi ha prestato la mano.
Raccolte le firme per un referendum abrogativo, onde evitare un 4 dicembre bis, il governo Gentiloni ha prudentemente deciso di abolire questa forma di remunerazione tout court. Così, in un Paese in cui il livello di disoccupazione giovanile è oltre il 40%, anche i piccoli imprenditori che grazie a collaborazioni accessorie riuscivano a conciliare le esigenze familiari con quelle lavorative hanno dovuto rinunciarci e lasciare a casa prestatori occasionali magari spinti dalle stesse necessità.
Passare da un uso eccessivo e improprio alla totale abolizione è stata una delle tante ipocrisie di un governo più preoccupato di tutelare la poltrona che il futuro dei giovani. L’emendamento sui nuovi voucher, passato nonostante l’opposizione di Sinistra Italiana e i bersaniani di MDP che hanno fatto fronte comune con i 5 Stelle, rischia di aprire una crisi di governo che, secondo molti, potrebbe far cadere la legislatura e portare (finalmente) gli italiani alle urne.
Nonostante il nome sia lo stesso potranno ora utilizzare il contratto di prestazione occasionale solo le microimprese sotto i cinque dipendenti, escluse quelle del settore dell’edilizia, e solo per prestazioni non inferiori alle quattro ore. Scende poi il tetto all’utilizzo massimo: dai 7000 euro voluti da Renzi ai 5000 annui complessivi.
I nuovi voucher non potranno più essere acquistati dal tabaccaio ma viene introdotto un “libretto di famiglia” acquistabile sul portale Inps e sarà lo stesso ente ad accreditare l’importo della prestazione il 15 di ogni mese. Cambiano anche le cifre: 10 euro per il lavoratore domestico e 12 per le prestazioni occasionali delle imprese, di cui rispettivamente 8 e 9 al netto per il lavoratore.
Insomma, stesso nome ma regole, almeno nei propositi, diverse. Ragionare con la logica del partito preso e dell’opposizione a priori non sempre porta a conclusioni giuste: si entra in una spirale di critica distruttiva e pregiudizi che rendono un’opposizione poco credibile.
Resta ad ogni modo difficile interpretare le reali intenzioni che hanno spinto ad approvare il provvedimento: cercare un punto di incontro tra le esigenze degli imprenditori e la tutela dei diritti dei lavoratori in una materia, quella sul diritto del lavoro, che dai tempi di Biagi risulta spinosa, o portare al crollo del governo e alle tanto attese elezioni?
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