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Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Nel ‘92 La Repubblica: “Con la moneta unica avremo più disoccupati” (A.M. Rinaldi)

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Mi sono imbattuto in un vecchio articolo pubblicato il 13.6.1992 da La Repubblica dal titolo “Con la moneta unica avremo più disoccupati” a firma di Mario Pirani in cui intervistava il prof. Frank Hahn, a quei tempi sicuramente il più titolato fra gli ecomomisti inglesi, sugli effetti che avrebbe provocato la creazione di una moneta unica all’indomani della firma del Trattato di Maastricht avvenuta qualche mese prima, esattamente il 7.2.1992.

Si badi bene che nell’intervista si parla di “moneta unica” in quanto il nome euro fu adottato solamente qualche anno dopo in prossimità della definizione dei cambi irrevocabili.

Ebbene dalla lunga intervista, di cui si riporta il link integrale:

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/06/13/con-la-moneta-unica-avremo-piu.html

estrapolerò alcuni passaggi incredibilmente “profetici” per dimostrare che tutto quello che è avvenuto nei successivi 25 anni era ben noto e prevedibile. Inoltre mi domando se chi ci ha legato ai vincoli europei, e di conseguenza all’euro, era animato solamente da “euroforia” da buona fede o, ben sapendo a cosa saremo andati incontro, a cinico interesse personale per poi incassare vantaggi  in termini di incarichi politici in Patria e/o in ambito europeo.

Infatti sono convinto che tutti i giorni questi personaggi trovavano puntualmente una copia de La Repubblica sulla propria scrivania e non gli sarà passata sicuramente inosservata un’analisi così ineccepibile sui devastanti pericoli che un’unione monetaria di questa portata avrebbe prodotto nelle economie continentali ad iniziare proprio dall’Italia.

Entriamo nei dettagli in cui il prof. Hahn precisa: “Ho tenuto qualche tempo fa una lezione alla Banca d’Italia dove ho spiegato, dal punto di vista teorico, perché l’Unione monetaria va contro quasi tutto quello che sappiamo di economia. C’è una teoria dell’area monetaria ottimale in cui si dice che la mobilità dei fattori della produzione è cruciale per il raggiungimento degli equilibri… Ora la mobilità del lavoro è abbastanza elevata tra Inghilterra e Scozia, ma non altrettanto in Europa, per differenze culturali, di lingua, di costumi sociali e, quindi, fissare i tassi di cambio non è una buona idea. Tra l’altro, ho ricordato che la prima tesi contraria ai cambi fissi fu avanzata proprio da Keynes e si basava sulla difficoltà di riduzione dei salari… tale difficoltà trasferisce allora il ruolo equilibratore, dal livello dei prezzi, al livello del reddito e dell’ occupazione… per farla tornare in equilibrio il costo di produzione industriale dovrebbe diminuire, grazie a una riduzione dei salari, ma questo è praticamente difficile, se non impossibile, a causa delle resistenze sindacali e politiche, per cui la via scelta è quella di diminuire l’occupazione e, per difficoltà di riduzione dei salari”.

Per poi continuare in modo lapidario: “Con l’ Unione monetaria, invece delle fluttuazioni del cambio si avranno fluttuazioni nel tasso di disoccupazione”. 

Il giornalista Pirani chiede poi al prof. Hahn: “non crede che i cambi fissi abbiano il vantaggio di assicurare certezza negli scambi internazionali?

La risposta del professore inglese è precisissima:

argomentazione più comune contro l’adozione di cambi flessibili è, appunto, che essi creano incertezza ma io credo il contrario. Questo in quanto i mercati valutari sono molto sviluppati; perché ci sono i mercati a termine e ci si può coprire contro i rischi di cambio. Di contro, come ho detto, i cambi fissi sostituiscono le fluttuazioni del cambio con quelle dell’occupazione. Il vero motivo per sostenere i cambi fissi è, in effetti, il controllo della classe lavoratrice. Infatti, fintanto che i governi non creano un meccanismo che leghi loro le mani, non è possibile contenere l’inflazione salariale. Credo che i sostenitori del cambio fisso vogliano introdurlo solamente per la paura dell’inflazione e, poichè di questi tempi siamo nelle mani dei banchieri centrali, per i quali il grande nemico è l’inflazione più che la disoccupazione, questa scelta si spiega.”

Ma l’affondo finale arriva al termine dell’intervista: “Una Europa unita piace molto ai politici, ed è un bene per loro, ma non per tutti noi. Io vedo il futuro dei popoli in piccole unità che si autodeterminano il più possibile: un enorme Stato europeo, controllato da Bruxelles è una prospettiva che mi fa paura”.

Se nel 1992 si conosceva perfettamente cosa avrebbe prodotto una unione monetaria in Europa così come spiegato lucidamente dal prof. Hahn scomparso nel 2013, perché nessuno, dico nessuno, dei politici che si sono tanto adoperati a legare il nostro Paese al nuovo ordine monetario ha alzato un solo dito per sollevare obiezioni?

Spero solamente che presto ci sia un processo “Norimberga 2.0” in cui questi personaggi siano inchiodati alle proprie responsabilità pubblicamente di fronte ai cittadini.

A. M. Rinaldi


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