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Non bisogna sottovalutare la crescita delle criptovalute di Paolo Savona

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Caro Direttore,
plaudo all’iniziativa di approfondire il problema dei bitcoin e, più in generale, delle altre già numerose criptovalute, le cui implicazioni ritengo siano oggetto di sottovalutazione da parte delle autorità.

Avete fatto benissimo a provocare i banchieri centrali riuniti a Jackson Hole chiedendo se hanno parlato di questo importante problema per il futuro del sistema monetario internazionale e dell’economia mondiale. L’editoriale di Paolo Panerai e la distinzione introdotta tra la nuova moneta elettronica, trattata da Marcello Bussi, e la sua base tecnologica, trattata da Davide Fumagalli, chiariscono molti aspetti del problema, non sempre affrontati nei commenti che si leggono sul tema.

Nel congratularmi con Milano Finanza, ritengo che si possa ‘alzare il tiro’ dell’ottima analisi attirando l’attenzione sulle implicazioni (a) per le sovranità monetarie nazionali e per quella europea, (b) per il corretto funzionamento del sistema dei pagamenti e (c) per la tutela del risparmio, argomenti che ho già sfiorato nei miei articoli sui due quotidiani del Gruppo.

(a) Sovranità monetaria degli Stati-nazione. Con le criptovalute questa sovranità tende a scomparire e, con esse, viene meno la necessità di avere le banche centrali come noi le conosciamo, unificando i controlli finanziari sotto un’unica autorità con più specializzazioni. Le criptovalute fanno rinascere in forme nuove gli istituti privati di emissione dei secoli passati, quando gli Stati coniavano moneta divisionaria, soprattutto metallica, e questi istituti stampavano carta moneta, prima garantita da riserve d’oro e d’argento e poi su basi fiduciarie.

Fu un disastro che convinse gli Stati a riprendersi il potere esclusivo di creare moneta, delegando alle banche centrali il compito di gestirlo. Gli economisti direbbero che con le criptovalute la creazione monetaria si tramuterà da supply a demand induced; sarà cioè indotta dalla domanda di moneta, non più dall’offerta decisa dalle banche centrali sotto il controllo dello Stato.

È questo il motivo per cui la limitata entità delle criptovalute, giustamente sottolineata da Bussi e Fumagalli, determina un aumento dei prezzi dei bitcoin, ossia crea un’“inflazione” localizzata che le autorità non sono in condizione di controllare. Con Michele Fratianni ho tentato di studiare i modi di formazione dei prezzi dei bitcoin, ma al di là di enunciare il principio dell’eccesso di domanda rispetto all’offerta, non siamo riusciti ad andare oltre perché non si conoscono gli scopi dei possessori di questa moneta (per commerciare, per speculare, per investire, per riciclare e sottrarsi alle autorità). Finché questa condizione prevale, il “valore” del bitcoin crescerà dando la sensazione di un ottimo investimento; quando cesserà, i possessori registreranno perdite.

Si può pertanto parlare dell’esistenza di una “bolla speculativa”, circoscritta tuttavia a una percentuale limitata di investitori e di investimenti e, almeno per ora, non pericolosa.

(b) Protezione del sistema dei pagamenti. Contrariamente agli istituti privati di emissione, le banche centrali con dietro uno Stato non possono fallire, perché possono sempre rimborsare i debiti con moneta di creazione statale. Può solo determinare un eccesso di creazione monetaria con conseguente inflazione. Non essendovi uno Stato, la BCE è un istituto di emissione particolare, che però segue schemi tradizionali di creazione di cui le criptovalute si vanno impossessando e, quindi, anch’essa è parte del problema; essa può fallire se gli Stati non intervengono per garantire il suo ingente passivo creato a fronte dei finanziamenti concessi a banche, a Stati (con il QE) e ai privati.

La moneta è oggi in tutto il mondo sotto forma di scritture contabili, in gran parte depositi bancari. Poiché le banche la usano per concedere credito, esse la mettono a rischio di insolvenza. Se le banche non svolgono bene la funzione di magistrati del merito di credito, creano problemi gravi al funzionamento dell’economia produttiva (concorrenza illecita agli imprenditori capaci) e del risparmio. Come ho già ripetuto su queste stesse colonne, citando la ricerca sulla tutela del risparmio fatta con Piero Alessandrini, Gabriele Barbaresco e Michele Fratianni per conto della Fondazione Cesifin Alberto Predieri, la tecnologia blockchain è il nuovo meccanismo che rende immuni i depositi dai rischi di rimborso dei crediti o malgestioni delle banche e consente di attuare il sogno-suggerimento di Himan Minsky di attribuire due strumenti ai due obiettivi: quello di garantire un buon funzionamento sia del sistema dei pagamenti senza sussulti dovuti alle periodiche crisi, sia del sistema del credito.

Oggi le banche guadagnano dal sistema dei pagamenti e, se questo venisse interamente gestito via blockchain, sarebbero costrette a gestire il rischio credito meglio di quanto non sappia fare il mercato, la c.d. asimmetria delle conoscenze che legittima la loro richiesta di percepire un margine di utile. La tecnologia blockchain consente al possessore di moneta di autoproteggersi, dato che nessuno al di fuori di lui può accedere per usarla. L’esercizio della sovranità monetaria degli Stati, come sembra stia facendo l’Estonia, si trasformerebbe, gestendo direttamente la tecnologia blockchain e non governando la creazione monetaria ed esercitando funzioni di vigilanza sulle aziende di credito, incappando periodicamente in crisi e gravosi esborsi a carico del bilancio dello Stato.

Questa è la conclusione del Rapporto sulla tutela del risparmio finanziario in Italia che si può consultare sul sito Cesifin-Colloquia. Se le grandi banche, come la Goldman Sachs, si impossessano del meccanismo, la sovranità monetaria degli Stati è spiazzata anche in questa nuova forma e la moneta tornerà a essere indotta dalla domanda, essendo l’offerta di criptovalute perfettamente elastica, condizione economica assai pericolosa dalla quale siamo bene o male usciti nel corso del XX secolo.

La tutela del risparmio. Quando si discute di questo fondamentale argomento per il buon funzionamento dell’economia e della convivenza sociale si confonde la tutela dei mezzi di pagamento con la tutela del risparmio vero e proprio; solo quest’ultimo è parte dei piani di accumulo che un individuo o la sua famiglia fanno nel corso della loro vita, come formalizzato dal Nobel Franco Modigliani con la sua “ipotesi del ciclo vitale”. Per la tutela della moneta posseduta la tecnologia blockchain fornisce una soluzione che supera gli equivoci insiti negli attuali strumenti, come il Fondo tutela depositi, che possono affrontare crisi modeste, mentre finiscono con il gravare sui clienti delle banche e i contribuenti, come accaduto nella recente crisi bancaria italiana.

Per il risparmio vero e proprio la stessa tecnologia blockchain può svolgere un importante ruolo di supporto delle gestioni basate sull’uso di algoritmi finanziari, gli strumenti dell’intelligenza artificiale che permettono di svolgere una duplice funzione, quella di garantire trasparenza e sicurezza. L’Italia ha già espresso una punta di eccellenza nel settore: un gruppo di giovani della mia scuola hanno ricevuto, unico in Italia, il riconoscimento di migliore startup fintech dall’autorevolissimo CB Insights statunitense; il Governo inglese, sempre attento alle innovazioni finanziarie, ha sostenuto e incoraggiato l’iniziativa consentendone l’avvio operativo.

La combinazione tra blockchain e algoritmi finanziari potrebbe garantire anche l’affermarsi di equità nella condivisione rischio-rendimento tra gestore e risparmiatore, se le gravose regolamentazioni pubbliche non imponessero il ricorso a intermediari di vario tipo che pretendono una commissione fissa qualunque sia l’esito della gestione. L’organizzazione tradizionale tarda a riformarsi, impedendo l’affermarsi di moderne ed eque gestioni dei mezzi di pagamento e del risparmio. Criptovalute e blockchain saranno il mercato del futuro, già presente, ed è perciò indispensabile che i problemi che essi sollevano vengano chiariti e affrontati subito. Penso che a Jackson Hole si sia parlato d’altro, perché i partecipanti sono tutti sulla via del tramonto, non solo per la scadenza del loro mandato.

Paolo Savona, Milano Finanza 2 settembre 2017


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