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Il Nobel Stiglitz: “Euro grande errore. Troika ha sbagliato e incolpato le vittime”

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Vi avevamo gia’ detto delle posizioni di svariati nobel per l’economia: 7 Premi Nobel (P.Krugman, M.Friedman, J.Stigliz, A.Sen, J.Mirrless, C.Pissarides, J.Tobin): “l’Euro e’ una patacca” (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)

Vi avevamo dato evidenza delle dichiarazioni di Joseph Stiglitz, che ci spiego’ che l’Euro, o cambia oppure è meglio lasciarlo morire (clicca sul Titolo per vedere l’articolo integrale; sotto gli estratti piu’ significativi)

Poi arrivarono gli Euro-coglioni che dissero che non era vero (aprite QUI).

Infine Joseph Stiglitz, chiarisce e smentisce questi signori (aprite QUI e QUI).

 

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Il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz nel corso della sua lecture “Can the euro be saved? An analysis of the future of the currency» alla Luiss Joseph Stiglitz:

“L’Unione europea ha fatto un unico grande errore, l’euro, che non ha funzionato”.

“Quando è stato creato l’euro tutti si rendevano conto che non erano state soddisfatte le condizioni per una moneta condivisa, ma è stata una iniziativa politica e non economica”.

“Con l’euro si è dato vita a un sistema inefficiente e intrinsecamente instabile, ma i suoi creatori non hanno compreso la natura profonda delle distorsioni nell’economia”.

Che fare, dunque?

“Oggi l’Europa deve effettuare una scelta, ma ci sono solo due strade: una, quella che io mi auguro, è che ci sia una riforma della struttura dell’eurozona, l’altra è quella di andare avanti, facendo il minimo indispensabile, introducendo un minimo di riforme per far sopravvivere l’euro”. 

“Auspico che ci sia un cambiamento, ma questo non succederà spontaneamente o se si continuano ad incolpare le vittime, i Paesi in crisi. Se i cambiamenti non vengono introdotti, restare nell’euro costerà tantissimo, e gran parte dell’Europa resterà in recessione, ma uscire dall’euro sarà ugualmente molto costoso. Se proprio ci deve essere una rottura dell’unione monetaria allora la via più facile sarebbe che la Germania fosse la prima a dire addio. Questo aumenterebbe la competitività degli altri Paesi”.

Lo studioso americano ha messo in guardia anche contro i facili entusiasmi per l’inizio della ripresa:

“Oggi in molte parti dell’Europa si celebra la fine della recessione e secondo alcuni questo dimostrerebbe che l’austerità funziona, ma ciò non significa che ci sia una ripresa solida”.

“Quando ero capo economista alla Banca Mondiale  ci era stato detto di non utilizzare i termini recessione e depressione perché erano ‘deprimenti’. Ma oggi l’Europa deve rendersi conto che alcuni paesi sono in ‘depressione’: solo la Germania ha un pil pro capite superiore a quello pre-crisi, mentre in Grecia la riduzione è stata del 25%”

“Si tratta di un vero fallimento dell’economia di mercato, persino negli Usa il reddito mediano oggi è più basso che 25 anni fa”.

“In qualsiasi altro contesto la crescita tedesca sarebbe considerata ‘ridicola’: appena +0,63% in media negli ultimi 5 anni. Peraltro la performance della Germania è scadente se consideriamo che la sua crescita è basata sull’avanzo dei conti e quindi non può essere emulata a livello mondiale”. 

Avrei bocciato gli studenti che mi avessero sottoposto analisi come quelle presentate dalla troika” nei paesi europei in crisi, perché l’organismo in cui siedono Fondo monetario, Commissione Ue e Bce “anziché riconoscere gli errori ha incolpato le vittime”. “Eppure – ha concluso – erano i loro modelli a essere sbagliati: la loro idea di contrazione espansionistica è un errore”.

 

GPG

 

 


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