Politica
Nel Regno Unito giornalista subisce perquisizione per un Tweet vecchio di un anno
La Polizia dell’Essex indaga per una presunta incitazione alla violenza una giornalista per un Tweet vecchio di un anno, ma riesce a risolvere solo il 14,3 % dei crimini. Una distorsione della libertà di parola che con il governo Starmer sta raggiungendo livelli grotteschi
Domenica mattina alle sei, Allison Pearson, stimata giornalista del Telegraph, si è trovata sulla soglia di casa sua, ancora in vestaglia e pantofole, di fronte a due agenti di polizia. Il motivo? Un’indagine per presunto incitamento all’odio razziale legato a un post pubblicato su X (ex Twitter) un anno prima.
La situazione ha assunto toni surreali quando gli agenti, interpellati sul contenuto specifico del post incriminato, hanno dichiarato di non essere autorizzati a rivelarlo. Inoltre, hanno riferito che esisteva una “vittima”, ma anche in questo caso si sono rifiutati di fornire dettagli sull’identità dell’accusatore. Neanche l’Inquisizione medievale negava all’imputato la conoscenza del suo crimine, ma il Regno Unito è riuscito a raggiungere i momenti peggiori della Storia nella propria lotta assurda contro la libertà di pensiero.
Il caso Pearson si inserisce in un contesto più ampio di crescente controllo della libertà d’espressione nel Regno Unito. L’ex ministro dell’Interno Suella Braverman aveva tentato di arginare questo fenomeno, alzando la soglia per la registrazione degli “incidenti di odio non criminali” da parte della polizia, proprio per tutelare la libertà di parola. Tuttavia, l’attuale ministro Yvette Cooper sta valutando di invertire queste modifiche, ripristinando un sistema più restrittivo, e qgli effetti si stanno vedendo: la polizia fa perquisizioni e sequestra il cellulare a persone normali, non curando i crimini violenti.
La vicenda appare particolarmente paradossale considerando che la polizia dell’Essex, responsabile dell’indagine sulla Pearson, ha risolto solo il 14,3% dei crimini denunciati nell’ultimo anno. Come ha sottolineato Toby Young della Free Speech Union, mentre il 93% dei crimini legati ai furti d’auto rimane irrisolto, gli agenti dedicano tempo ed energie al controllo dei tweet dei giornalisti. Forse perché bussare a casa di un giornalista è meno faticoso che fare delle indagini sui ladri d’auto…
La stessa Pearson ha definito l’esperienza “kafkiana”, sottolineando come nei suoi anni di attività sui social media non abbia mai ricevuto accuse di razzismo dai suoi numerosi follower di diverse etnie. “Dovremmo essere nel 2024 e non nel 1984”, ha commentato la giornalista, riferendosi al celebre romanzo di Orwell sulla sorveglianza di stato.
L’ex ministro Braverman ha commentato l’accaduto ribadendo che la polizia dovrebbe concentrarsi su reati concreti come i furti nei negozi e i comportamenti antisociali, invece di controllare le opinioni espresse sui social media. La vicenda ha suscitato numerose reazioni di sostegno da parte dei lettori del Telegraph, che hanno visto nell’episodio un preoccupante segnale della deriva autoritaria del paese.
Questo caso evidenzia una tendenza crescente nel Regno Unito: mentre i reati comuni rimangono spesso irrisolti, le forze dell’ordine sembrano sempre più impegnate nel perseguire presunti “crimini di pensiero”, trasformando il dissenso e l’espressione di opinioni in potenziali reati. Questo andazzo è perfino peggiorato da quando è stato creato il governo Starmer, che ha dato una spinta notevole per la “Repressione delle rivolte dell’estrema destra”, mossa che si è convertita in una sorta di repressione dell’opposizione politica.
Una deriva che, secondo molti osservatori, minaccia le fondamenta stesse della democrazia britannica e della sua tradizione di libero dibattito.
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