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NAUFRAGHI NEL MEDITERRANEO

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I genitori che hanno figli dediti alla droga sono costretti a vivere un dilemma ineludibile. Sia dare loro il denaro per comprarsela, sia negarglielo, può condurre a tragedie. I rimedi hanno quasi sempre delle controindicazioni e a volte le scelte sono drammatiche. Ciò spiega come certi problemi si prolunghino nel tempo e sembrino irresolubili. Soprattutto perché, di ogni soluzione seria, le anime buone vedono soltanto le controindicazioni immediate, e preferiscono rendere il problema eterno piuttosto che affrontarlo. C’è gente che è morta per non aver voluto subire in tempo un’operazione chirurgica di routine.
Ciò si verifica con l’immigrazione irregolare dall’Africa: un problema che ci tormenta da anni e contro il quale non si è mai voluto reagire in modo razionale. L’opinione pubblica e i politici si sono soltanto chiesti: “Si possono lasciare morire in mare dei [possibili] naufraghi? Certo che no. E allora intanto li salviamo e li portiamo in Italia. Poi si vedrà”. E infatti s’è visto e si vede.
In realtà si poteva fare qualcosa di diverso. Se i genitori dànno o non dànno il denaro al figlio, questi si drogherà comunque. Per quanto riguarda gli emigranti, invece, ci si può chiedere: se gli italiani smettessero di salvarli, ne morirebbero di più o di meno? Non bisogna partire dal momento in cui, mentre il mare diviene grosso, c’è un barcone fatiscente stracolmo di poveracci. In quelle condizioni, se non si fa il possibile per salvarli, nulla e nessuno potrà farli sfuggire all’atroce destino di morire tutti annegati. Bisogna piuttosto chiedersi se si possa evitare che si trovino lì.
La prima domanda che bisogna porsi è come mai essi abbiano accettato il rischio di andare incontro alla morte. Se sono saliti in centinaia su un vecchio peschereccio è perché erano certi che sarebbero stati raccolti da navi sicure non appena avessero perso di vista la costa. Se è così, siamo sicuri che non ci sia una responsabilità italiana, nel fatto che si siano ammassati su quel guscio di noce? Gli emigranti contano talmente sul nostro aiuto che, se ritardassimo, ci accuserebbero di essere noi i responsabili della tragedia che ne è nata.
È effettivamente come se noi ci fossimo impegnati a questo servizio. E infatti qualcuno – paradossalmente ma non tanto – ha affermato che risparmieremmo istituendo un regolare servizio di traghetto. Quegli emigranti non sono né richiedenti asilo politico, che magari non sanno che cos’è, né normali naviganti che si trovano a rischio di naufragio a causa di un imprevisto: sono persone alle quale è stato detto: “Salite su questa barca e gli italiani verranno a prenderci. Per così dire ci stanno aspettando”. Non è né incoscienza e nemmeno coraggio, è un sistema consolidato in cui l’Italia spende molti milioni, gli scafisti guadagno soldi a palate, alcune persone magari muoiono, ma la maggior parte – inclusi forse dei terroristi – arriva in Italia dove, almeno all’inizio, è alloggiata e nutrita. Anche se non sempre all’altezza di un buon ristorante, e infatti si sono avute proteste, per questo.
Se tutto ciò è vero, il primo rimedio sarebbe togliere a questa gente l’illusione che il Mediterraneo sia un placido laghetto da traversare su un pedalò. Già oggi, con questo nostro sistema che cerca disperatamente di non fargli rischiare la vita, muoiono a centinaia, tanto varrebbe far loro misurare il vero pericolo, costringendo i proprietari dei natanti da buttar via a far loro un discorso molto diverso da quello attuale: “È inteso che il viaggio è estremamente rischioso, perché con questa barcaccia dovrete arrivare fino alle acque territoriali italiane. Il rischio di naufragio è altissimo e molti di voi moriranno, prima di vedere l’Italia”. Un messaggio opposto a quello attuale. Gli stessi scafisti saprebbero di giocarsi la vita ai dadi.
Oggi le anime buone si chiedono come si potrebbero salvare più disgraziati in pericolo in mezzo al mare, e gli immigrati muoiono lo stesso, a centinaia, inclusi tanti poveri bambini. Domani potrebbero finalmente cominciare a chiedersi come evitare che si trovino dove non dovrebbero mai trovarsi, con un natante inadeguato. E se lasciargli l’intera responsabilità di un rischio assurdo non sia l’unico che possa salvare le loro vite .
Gianni Pardo, [email protected]
17 aprile 2015


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