Energia
Namibia: la corsa all’oro nero continua. BP (con ENI) conferma una nuova scoperta
La joint venture tra BP ed ENI (Azule) mette a segno un altro colpo nel Bacino d’Orange. La Namibia si conferma un “hotspot” petrolifero, ma la sfida delle infrastrutture per diventare la “nuova Guyana” resta enorme.

Nuovo petrolio africano: BP ha confermato lunedì la scoperta di petrolio e gas nel bacino di Orange al largo della Namibia, dove negli ultimi anni le supermajor hanno fatto diverse scoperte importanti.
Il gigante energetico britannico, che è co-venturer nella licenza di esplorazione tramite la sua società al 50% con l’italiana Eni, Azule Energy, può confermare i risultati preliminari del pozzo di esplorazione Volans-1X, come riportato dall’operatore Rhino Resources all’inizio di questo mese.
La licenza di esplorazione petrolifera 85 (PEL85), dove è stato perforato il pozzo, è gestita da Rhino Resources con una partecipazione del 42,5%. I co-venturer sono Azule Energy con il 42,5%, NAMCOR con il 10% e Korres Investments con il 5%.
Il pozzo esplorativo ha incontrato 26 metri di spessore netto in giacimenti ricchi di condensato di gas, con il giacimento che mostra eccellenti proprietà petrofisiche e nessun contatto con l’acqua osservabile, ha dichiarato lunedì BP. Le analisi di laboratorio iniziali di due campioni hanno indicato un elevato rapporto condensato/gas con una densità del liquido di circa 40° API. I risultati sono in fase di ulteriore valutazione.
Il pozzo Volans-1X è la terza scoperta significativa di petrolio e gas nel 2025 per i partner di Azule Energy, dopo il ritrovamento di petrolio leggero Capricornus-1X in Namibia e la scoperta di gas Gajajeira-01 in Angola.
Altre grandi compagnie petrolifere e del gas, tra cui Shell, TotalEnergies e la società energetica portoghese Galp, hanno già effettuato importanti scoperte al largo della Namibia. Le scoperte di Graff da parte di Shell e di Venus da parte di TotalEnergies hanno dato il via alla corsa all’esplorazione nelle acque namibiane.
La Namibia spera di diventare la prossima Guyana, ma manca delle infrastrutture necessarie per accelerare le scoperte, il che le rende più costose e difficili da sviluppare e monetizzare.
BP, che a febbraio ha annunciato un importante riassetto strategico per ridurre gli investimenti nelle energie rinnovabili e concentrarsi sul suo core business del petrolio e del gas, quest’anno ha effettuato 11 scoperte esplorative in diversi bacini, tra cui quella di Far South nel Golfo d’America e un’importante scoperta nel blocco Bumerangue nel prolifico bacino di Santos in Brasile, la più grande scoperta della supermajor negli ultimi 25 anni, che viene struttato anche da Petrobras.
Il ritorno delle grandi società energetiche al petrolio non è più contestabile.
Domande e Risposte sul testo
1) Qual è il ruolo esatto dell’ENI in questa scoperta in Namibia?
ENI è presente attraverso Azule Energy, una joint venture (JV) strategica posseduta al 50% da ENI e al 50% da BP. Sebbene Azule sia stata creata inizialmente per unire gli asset delle due major in Angola, la sua partecipazione in questa licenza (PEL85) al 42,5% significa che ENI è a tutti gli effetti co-proprietaria della scoperta, condividendone costi e futuri profitti. Questa partnership rafforza la posizione di entrambe le aziende nell’Africa sud-occidentale.
2) Perché la Namibia viene paragonata alla Guyana ma si dice che lo sviluppo sarà più difficile?
Il paragone con la Guyana nasce dalle dimensioni e dalla qualità delle scoperte petrolifere, che potrebbero trasformare l’economia del Paese. Tuttavia, la difficoltà sta nella logistica. La Guyana, pur con i suoi limiti, aveva infrastrutture di supporto e una posizione geografica che hanno facilitato uno sviluppo rapido. La Namibia, al contrario, ha una costa desertica e infrastrutture quasi inesistenti per il settore oil & gas. Costruire porti, pipeline e impianti di trattamento richiederà investimenti miliardari e molto più tempo.
3) Cosa significa che BP è tornata al suo “core business” e ha ridotto gli investimenti nelle rinnovabili?
Negli ultimi anni, BP (come altre major) aveva annunciato ambiziosi piani per trasformarsi in una “compagnia energetica integrata”, investendo pesantemente in eolico e solare. A febbraio 2024/2025, la compagnia ha fatto una parziale marcia indietro. Ha rivisto al ribasso gli obiettivi di taglio della produzione di idrocarburi e ha dichiarato che aumenterà gli investimenti nel petrolio e nel gas, considerati più redditizi nel breve-medio termine. Questa scoperta in Namibia è un chiaro esempio di questa strategia “pragmatica”.

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