Poste Italiane ha raggiunto nella serata di ieri un accordo con il Monte dei Paschi per l’acquisto della quota del 10,32% detenuto dalla banca in Anima Holding. Un’intesa che dovrebbe portare a cascata anche la firma di un accordo di partnership in esclusiva tra la società dei recapiti e la sgr per la distribuzione di prodotti di investimento costruiti su misura con il brand di Poste nella rete dei 13 mila sportelli postali.
Il via libera è arrivato al termine di una giornata molto tesa. In mattinata si è riunito il consiglio di amministrazione di Poste Italiane al quale l’ad Francesco Caio ha fatto il punto su una trattativa che in realtà si sperava conclusa già per ieri mattina. Invece il manager ha annunciato un brusco stop e questo per la richiesta di una correzione al rialzo, da parte di Mps, sul prezzo proposto per l’acquisto al fine di allinearlo ai valori di Borsa raggiunti venerdì scorso, pari a 8,5 euro per azione. Il livello di prezzo sul quale era invece stato trovato un punto di equilibro nei giorni scorsi era ben diverso, probabilmente all’interno del range 6-7 euro.
Le indiscrezioni, nei giorni scorsi, sull’interesse di Poste per la quota Mps avevano fatto schizzare in alto il titolo Anima. Rialzi un po’ singolari, che si protraggono da qualche tempo, visto che il titolo negli ultimi 3 mesi è salito del 120 per cento. E ancora più inspiegabili pindariche discese: ieri il titolo Anima ha ceduto in una sola seduta oltre il 7 per cento (a 7,75 euro), senza che in realtà nessuna notizia ufficiale fosse stata diffusa sullo stop di Poste al negoziato con Mps. Caio ha spiegato ieri ai consiglieri che una valorizzazione a 8,5 euro non avrebbe alcuna giustificazione sui fondamentali e sulle prospettive industriali. La soglia dei 7 euro, in sostanza, sarebbe già un valore massimo accettabile.
Ed è probabilmente a ridosso di 7 euro il prezzo al quale ieri sera si è poi trovata l’intesa, dopo che Mps è tornato sui suoi passi. Una riunione straordinaria del cda di Poste, per approvare l’operazione, era prevista nella serata di ieri o al più tardi stamattina.
Caio ieri aveva ricordato al board che contatti erano in corso anche con altri operatori, 5 o 6 in tutto, inclusa Anima.Tra i potenziali candidati a una partnership con Poste c’erano anche Pioneer Investments del gruppo Unicredit, Amundi e Fidelity. Anche se Anima era stata individuata da subito come il candidato perfetto: un operatore italiano, controllato da diverse banche (Bpm e CreVal oltre a Mps), specializzato nella creazione di prodotti di investimento cuciti su misura per la rete di vendita del partner. Per la società dei recapiti costituisce la giusta opzione per rafforzarsi nel risparmio gestito, offrire fondi di investimento con profili di rischio ridotti per la clientela postale, ma anche per entrare nel capitale con il poco che basta ad avere un posto in cda e voce in capitolo. Un’opportunità analoga non l’avrebbero offerta altre opzioni: non è un mistero, ad esempio, che Unicredit vorrebbe cedere Pioneer, ma sarebbe stato un boccone troppo grosso per l’interesse di Poste. Amundi e Fidelity sono realtà a controllo estero in cui un ingresso nel capitale è ancora meno percorribile. La società dei recapiti avrebbe potuto anche chiudere l’accordo di partnership con Anima senza entrare nel capitale, ma a quel punto si sarebbe tratterebbe di un’operazione diversa. Diventando azionista, Poste può stringere con Anima un accordo esclusivo di distribuzione di prodotti marchiati con il brand postale. L’alternativa prospettata ieri da Caio era quella di andare avanti con altri operatori, ma con l’idea di chiudere diversi accordi con vari interlocutori, dunque senza esclusive. Fonte: Il Sole 24 Ore