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Mozyr: lo “scudo-fucile” sovietico che doveva proteggere gli ICBM con una pioggia di dardi

Mozyr: lo “scudo a pompa” segreto sovietico che sparava dardi di metallo per fermare le testate nucleari. Un progetto estremo della Guerra Fredda che funzionò, ma fu cancellato dalla Storia.per la caduta dell’URSS

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Quando si pensa ai sistemi di protezione attiva (APS) “hard-kill”, la mente corre ai moderni carri armati, come l’israeliano Merkava con il suo sistema Trophy, capaci di abbattere un missile anticarro in arrivo, che ora si vuole applicare anche ad altri carri. Un concetto ormai noto. Molto meno nota, e decisamente più “brutale” nella sua concezione, è l’idea che l’Unione Sovietica sviluppò (e testò con successo) per applicare lo stesso principio alla difesa dei propri silo di missili balistici intercontinentali (ICBM).

Non si trattava di lanciare un altro missile per intercettare quello nemico, ma di qualcosa di più simile a un gigantesco fucile a pompa che sparava una gragnuola di grandi proiettili.

Durante la Guerra Fredda, la spina dorsale della deterrenza sovietica era affidata alla sua vasta forza di ICBM. Il problema, come sempre, era la loro vulnerabilità. Un silo, per quanto corazzato, è pur sempre un bersaglio fisso. Questa preoccupazione portò Mosca a sviluppare ICBM mobili (su strada o su rotaia), ma anche a studiare metodi per proteggere i siti statici.

ICBM Mobile Topol M

Qui entra in gioco il programma “Mozyr” (o izdeliye 171), un progetto ad altissima priorità supervisionato

direttamente dal Ministro della Difesa Ustinov negli anni ’70 e ’80.

Come funzionava lo “scudo a pompa”

In termini semplici, Mozyr era un sistema APS terminale progettato per abbattere le testate nemiche (le reentry vehicles o RV) quando queste si trovavano già nella bassa atmosfera, a pochi secondi dall’impatto.

Il cuore del sistema era un lanciatore multi-canna (le fonti variano, parlando da 80 a “diverse centinaia” di canne) alloggiato in cupole corazzate rotanti attorno al silo da difendere. Ogni canna era caricata con una carica propellente e un proiettile, descritto come un dardo o una barra di lega d’acciaio ad alta resistenza (o tungsteno).

Quando i radar del sistema (come il sofisticato 5N65 Flat Twin) rilevavano una minaccia in arrivo, il computer di tiro calcolava la traiettoria e la densità necessaria della “nube” di proiettili. A quel punto, il sistema sparava una salva devastante sul percorso della testata.

L’obiettivo non era colpire la testata con un singolo proiettile, ma saturare un volume di spazio tale da rendere l’impatto statisticamente certo. La distruzione avveniva per pura energia cinetica: con una velocità di chiusura combinata stimata in circa 6 chilometri al secondo, l’impatto di questi dardi avrebbe letteralmente polverizzato la testata nemica prima che potesse innescare la detonazione nucleare.

Il sistema era pensato principalmente per difendere i futuri “gioielli di famiglia”, i silo dei temibili ICBM R-36M2 Voevoda (NATO: SS-18 Mod 5/6 Satan), i missili più pesanti mai costruiti, capaci di trasportare 10 testate MIRV (veicoli di rientro multipli e indipendenti). Ecco il lancio di uno di questi potenti missili.

I test: quando la notte divenne giorno

La parte più interessante è che Mozyr non rimase sulla carta. Tra il 1985 e il 1988, il sistema fu testato intensamente nel poligono di Kura, in Kamchatka.

Per i test, i sovietici costruirono un finto silo ICBM protetto da un prototipo del Mozyr e lanciarono contro di esso dei veri ICBM (SS-18 Mod 4 dismessi) da Baikonur. I resoconti dei test notturni sono quasi cinematografici:

“Improvvisamente, una nuova stella brillò… aumentò rapidamente di diametro ed esplose come fuochi d’artificio, illuminando metà del cielo. Per alcuni secondi, la notte si trasformò in giorno… Una palla di fuoco delle dimensioni della luna emerse dai fuochi d’artificio… il bersaglio era stato colpito.”

I test dimostrarono che il concetto funzionava. Un rapporto accademico sui risultati confermò che la distruzione della testata da parte del Mozyr “avrebbe con alta probabilità impedito l’innesco di una detonazione nucleare”.

La fine del progetto e la sua eredità

Perché, allora, i silo russi non sono oggi circondati da questi “fucili a pompa”? La risposta è la politica, non la tecnica. I test di stato furono completati con successo nel settembre 1991. Solo un mese prima, c’era stato il fallito colpo di stato a Mosca. Con il rapido collasso dell’Unione Sovietica, i fondi per questo e altri programmi di difesa avanzata evaporarono.

È interessante notare che anche gli Stati Uniti avevano studiato un concetto simile, chiamato “Swarmjet”, per proteggere i loro silo MX Peacekeeper, ma il programma non arrivò mai alla fase di test hardware. Ancora una volta, l’ingegneria sovietica, nel bene o nel male, si era dimostrata capace di tradurre in metallo concetti quasi fantascientifici più rapidamente della sofisticazione USA.

Oggi, l’idea di Mozyr potrebbe non essere così defunta come sembra. Il Trattato ABM del 1972, che limitava rigidamente tali difese, è stato abbandonato dagli Stati Uniti nel 2002. L’attuale panorama strategico pone nuove sfide:

  • Minacce MIRV: Gli USA stanno introducendo i nuovi ICBM LGM-35A Sentinel, che potrebbero (a differenza degli attuali Minuteman III) tornare a trasportare testate multiple (MIRV).
  • Espansione Cinese: La Cina sta costruendo centinaia di nuovi silo per ICBM, alterando l’equilibrio.
  • Contromisure: Le testate moderne usano penetration aids (decoys) per confondere le difese.
  • Ipersonico: Nuove minacce, come i veicoli ipersonici ad aliante (HGV), sono manovrabili, rendendo più complessa un’intercettazione balistica.

Di fronte a minacce multiple e sofisticate, un sistema come Mozyr potrebbe essere sopraffatto. Tuttavia, il suo concetto di base – una difesa terminale cinetica e relativamente a basso costo – rimane un’alternativa economicamente interessante ai costosissimi missili intercettori usati dai sistemi ABM moderni. Come indica il caso del Trophy, i sistemi APS stanno tornando di moda.

Operazioni Aggiuntive

1) Tre domande e risposte per i lettori

D1: In che modo “Mozyr” era diverso da un sistema anti-missile tradizionale (ABM)? R1: Un sistema ABM tradizionale, come il GMD americano o l’A-135 russo, utilizza un missile intercettore (spesso a testata nucleare o cinetica) per colpire la testata nemica nello spazio o nell’alta atmosfera. Mozyr, invece, era un sistema “hard-kill” terminale. Agiva solo negli ultimi secondi, nell’atmosfera, sparando una “nube” di proiettili metallici non guidati sul percorso della testata, distruggendola per impatto cinetico, come un gigantesco fucile a pompa.

D2: Perché il sistema fu cancellato se i test avevano avuto successo? R2: La cancellazione non fu dovuta a un fallimento tecnico, ma a cause puramente politiche ed economiche. I test di stato terminarono con successo nel settembre 1991, subito dopo il fallito colpo di stato di agosto a Mosca. L’Unione Sovietica era in pieno collasso e i finanziamenti per i complessi programmi di difesa strategica furono tra i primi ad essere tagliati. Il programma Mozyr fu semplicemente vittima della Storia.

D3: Un sistema simile potrebbe funzionare contro le moderne armi ipersoniche? R3: Sarebbe molto difficile. Mozyr era progettato contro testate balistiche, che seguono una traiettoria prevedibile. Le armi ipersoniche moderne, come i veicoli ad aliante (HGV), possono manovrare attivamente nell’atmosfera, cambiando rotta. Un sistema che spara una “nube” di proiettili fissi farebbe fatica a colpire un bersaglio che schiva. Richiederebbe radar e sistemi di puntamento esponenzialmente più veloci e predittivi.

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