Attualità
Morto Carlo Vichi, l’ultimo imprenditore “Italianissimo”
Ci sono delle figure che hanno la fortuna di vivere a lungo, forse con la finalità di ricordare cosa eravamo cosa potevamo fare ed essere pietra di paragone con un presente vigliacco e avvilente.
Per questo vi parlo di una persona che, al 99% di voi, non dirà nulla: Carlo Vichi. Oggi è morto, all’età di 98 anni. Eppure questo nome tanto ha voluto dire per l’industria e per l’elettronica italiane, tanto da essere per anni un miracolo inaccettabile nel tessuto sociale e dis-industriale italiano.
Carlo Vichi, di origini toscane, ma emigrato da bambino a Milano, era l’imprenditore dell’elettronica di massa avanzata italiana. Prima con la VAR, Vichi Apparecchi Radio, che costruiva radio a valvole in modo artigianale. L’attività era cresciuta sino a diventare la Mivar. Nella sua fabbrica di Abbiategrasso era cresciuta negli anni sessanta e settanta sino ad arrivare a quasi mille dipendenti. Quando la concorrenza orientale distruggeva la nostra industria elettronica, lui si rafforzava, sino a restare l’unico produttore nazionale, e fra i pochissimi europei, di televisioni. Giunse a realizzare un grande stabilimento da 120 mila mq che però non fece mai partire: un po’ le guerre con i sindacati, un po’ la concorrenza asfissiante, un po’ il fatto di non essere appoggiato da nessuno, lo ha portato nel 2015 a chiudere. Eppure il suo ultimo modello, per quanto un flop, era all’avanguardia: un televisore android, e il suo grande rammarico era quello di dover acquistare gli schermi lcd all’estero.
Carlo Vichi era un personaggio di altri tempi, anche per certi suoi costumi: voleva che gli si rispondesse sempre “Sissignore”, come nell’esercito, e pare nella sua fabbrica vi fossero ancora dei manifesti del Duce. Però era anche un imprenditore tutto di un pezzo, che giunse a offrire gratis la sua fabbrica a chiunque fosse disponibile a proseguire la produzione dei televisori in Italia, con personale italiano. Purtroppo lui era l’ultimo grande imprenditore italiano, l’ultimo di una stirpe che non c’è più. Purtroppo