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MORTE DELLA GLOBALIZZAZIONE’ come un piccolo imprevisto virale può porre fine a 40 anni di megalomania mondialista

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Un esempio pratico per mostrare la fragilità del mondo moderno: in questo momento ci sono due navi, una con 3000 persone a bordo ed un’altra con 4000 passeggeri, bloccate fuori.dai dai porti, in quarantena per il diffondersi del coronavirus. La prima, della Carnival Crociere, è ferma al largo del Giappone con almeno 20 casi già verificati (ma ora si parla di 40), la seconda, della compagnia di Hong Kong Dream Cruise, è bloccata davanti al porto dell’estremo Oriente, con il divieto di sbarcare passeggeri ed equipaggio, in attesa che siano terminati tutti i test.

Ora un altro esempio di quanto l’estremismo globalista ci abbia reso fragili: l’amministratore del gruppo Fiat Chrysler, Mike Manley, ha affermato che, a seguito della chiusura di 4 impianti di componentistica in Cina, la produzione di auto in cominci ad andare in crisi, tanto che presto sarà costretto a chiudere un impianto Fiat-Chrysler in Europa. Per risparmiare qualche centesimo si è spostata la produzione di componenti auto europee a decine di migliaia di chilometri di distanza, per poi scoprire che questa catena logistica è incredibilmente fragile e basta una semplice influenza per farla saltare. La società, come altre simili, sta cercando ora di sostituire questi fornitori con altri. Peccato che questo richieda lunghi tempi per le certificazioni Oh che questi produttori non esistano più, cancellati dalla competizione globale.

Se la crisi, mantenuta attentamente nascosta, causata dal coronavirus ci insegna qualcosa  è che aver voluto disperdere e polverizzare a livello mondiale ogni produzione industriale è stato un clamoroso errore, perché creato una folle interdipendenza facilmente cancellabile dal minimo imprevisto. Allo stesso modo il sogno di svegliarsi a Pechino, pranzare a Roma ed addormentarsi a New York sembra quasi più un incubo, nel momento in cui i voli aerei intercontinentali vengono cancellati.

Non si tratta di cercare un austerità, ma una prudente visione della vita e dell’economia, che non si lasci ubriacare dalla ricerca dell’utile per delocalizzazione ad ogni costo, ma pensi alla sicurezza In primo luogo delle persone, e quindi valuti che i rischi imprevisti spesso sono maggiori degli infinitesimi risparmi conseguiti.

 

 


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