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Moody’s si sveglia dopo 23 anni: l’Italia torna “Baa2”. Siamo diventati il rifugio stabile dell’Eurozona?

Storico upgrade per il debito italiano. L’agenzia premia la stabilità politica, mentre Berlino e Parigi faticano. Ecco cosa cambia per i BTP e perché restano i nodi UE e demografici

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Uffici di Moody's

Dopo oltre due decenni di attesa, anche l’agenzia di rating più severa promuove il debito italiano. Mentre Berlino riarma a debito e Parigi cerca un governo, Roma incassa la fiducia dei mercati. Ma attenzione alle solite trappole UE.

Era dal 2002 che non succedeva. Un’era geologica fa, quando l’Euro era ancora una novità in tasca e i social network non esistevano. Venerdì scorso, Moody’s ha finalmente deciso di aggiornare il suo giudizio sull’Italia, alzando il rating sovrano da “Baa3” a “Baa2” e rivedendo l’outlook da positivo a stabile.

Non è una notizia da poco, soprattutto considerando che Moody’s è storicamente la “Cassandra” delle agenzie, quella sempre pronta a vedere il bicchiere non solo mezzo vuoto, ma scheggiato.

Il quadro generale: l’Italia non è più la “pecora nera”?

La decisione di Moody’s non arriva in solitaria. È il culmine di una serie di promozioni che hanno visto protagonisti anche gli altri grandi attori del rating mondiale nel corso dell’anno. Sembra quasi che i mercati si siano accorti improvvisamente che, nel caos continentale, l’Italia sta facendo i compiti a casa meglio di altri.

Ecco la situazione attuale del “pagellino” italiano:

Agenzia di RatingRating AttualeOutlookUltima variazione
Moody’sBaa2StabileUpgrade (Nov 2025)
FitchBBB+StabileUpgrade (2025)
S&PBBB+StabileUpgrade (2025)
DBRSA (low)StabileUpgrade (Ott 2025)

Perché questo upgrade?

Secondo il comunicato dell’agenzia americana, i fattori chiave sono essenzialmente due, e piaceranno molto a Palazzo Chigi:

  • Stabilità politica: L’Italia ha mostrato un track record coerente. Niente crisi di governo balneari, niente ribaltoni improvvisi. Una noia che ai mercati piace moltissimo.

  • PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza): Siamo i primi della classe in UE per richieste di pagamento e, soprattutto, per gli incassi effettivi. Moody’s nota che le riforme per l’efficienza del settore pubblico (si spera reale e non solo su carta) e il miglioramento del contesto imprenditoriale potrebbero spingere la crescita.

Il paradosso europeo: Roma stabile, Berlino e Parigi nel caos

Qui scatta l’ironia della sorte, o meglio, la rivincita del “Club Med”. Per anni ci siamo sentiti dire che dovevamo “fare come la Germania”. Ebbene, guardiamoci intorno oggi:

  • Germania: È impegnata a spendere cifre colossali per il proprio riarmo, con un modello industriale che scricchiola sotto il peso dei costi energetici.

  • Francia: Non riesce a far quadrare un bilancio credibile, stretta tra deficit in salita e instabilità politica cronica.

In questo scenario, l’Italia appare paradossalmente come il “porto sicuro” o, quantomeno, il paese più prevedibile. Chi l’avrebbe mai detto? È lecito aspettarsi che, a cascata, anche altre società di rating minori possano rivedere al rialzo, seppur marginalmente, il nostro debito. Minori costi di indebitamento significano – in teoria – più ossigeno per le casse dello Stato.

Non è tutto oro quello che luccica

Non stappiamo però lo spumante troppo presto. Scenarieconomici vi ricorda sempre di guardare ai fondamentali macroeconomici reali, quelli keynesiani, non solo ai voti della finanza.

Restano sul tavolo le contraddizioni di base:

  1. Demografia: Un paese che invecchia non cresce strutturalmente nel lungo periodo senza politiche attive serie.

  2. Gabbia Europea: Le normative industriali dell’UE, spesso soffocanti e scollegate dalla realtà produttiva (pensiamo al settore auto o alla casa “green”), rimangono un freno a mano tirato per la nostra manifattura.

  3. Debito: Il rating migliora, ma la montagna del debito resta. Serve crescita vera, non solo “rimbalzi” post-crisi, per renderlo sostenibile.

In sintesi: godiamoci la promozione e il risparmio sugli interessi, ma ricordiamoci che la vera battaglia si combatte sull’economia reale e sulla libertà di fare impresa, non (solo) nelle sale riunioni di New York.

Domande e risposte

Cosa cambia concretamente per i cittadini con questo upgrade?

Nell’immediato, il cittadino comune non vedrà un bonifico sul conto corrente. Tuttavia, un rating migliore (da Baa3 a Baa2) rende il debito pubblico italiano più affidabile. Questo attira investitori istituzionali come i fondi pensione, facendo scendere i tassi di interesse che lo Stato paga sui BTP. Se lo Stato spende meno in interessi, teoricamente ha più risorse (o meno necessità di tagliare) per sanità, scuola e servizi. Inoltre, le banche italiane, vedendo migliorare il rating del Paese, potrebbero accedere a fondi più a buon mercato, offrendo mutui e prestiti a tassi leggermente più favorevoli.

Perché la Germania e la Francia sembrano in difficoltà rispetto all’Italia?

È una questione di cicli e di scelte politiche. La Germania sta affrontando una crisi del suo modello industriale, basato su energia russa a basso costo ed export verso la Cina, entrambi in crisi, oltre a dover finanziare un costoso riarmo. La Francia soffre di una frammentazione politica che rende difficile approvare bilanci rigorosi. L’Italia, pur con i suoi debiti storici, ha mostrato negli ultimi tre anni una stabilità di governo (il “track record” citato da Moody’s) e una capacità di spesa dei fondi PNRR che, almeno agli occhi delle agenzie di rating, la rendono al momento più prevedibile dei suoi vicini.

È possibile che il rating scenda di nuovo a breve?

L’outlook “stabile” suggerisce che Moody’s non prevede cambiamenti immediati, né in positivo né in negativo. Tuttavia, i rischi esistono. L’agenzia ha specificato che le riforme devono continuare. Se il governo dovesse interrompere il percorso del PNRR, se la crescita economica dovesse fermarsi bruscamente (magari per cause esterne) o se il debito tornasse a salire fuori controllo senza la sponda della crescita del PIL, il rating potrebbe essere rivisto al ribasso. Inoltre, le stringenti normative europee potrebbero soffocare la ripresa industriale, impattando negativamente sul PIL futuro.

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