Attualità
La Ministra Guidi? Troppo impegnata a Roma per salvare l’Ilva a Bruxelles
La Stampa di Torino riporta una notizia sorprendente e quasi incredibile: la ministra Federica Guidi, titolare del dicastero dello Sviluppo economico (Mise), ha disertato un importantissimo vertice tra la Commissione Europea e i ministri dell’Industria dei paesi europei produttori d’acciaio.
Vertice nel quale i governi dei maggiori stati industriali europei – tutti, meno lo sciagurato governo delle slides autocelebrative – difendevano la loro industria davanti alla concorrenza della Cina, la cui sovrapproduzione ha fatto crollare i prezzi del 40% in un anno.
C’erano soprattutto 6 ministri del cosiddetto Asse dei 7 paesi produttori d’acciaio: Francia, Germania, Gran Bretagna, Belgio, Lussemburgo, Polonia . Sette ministri dell’Industria meno quello dell’Italia, Federica Guidi.
Un vertice chiave per il futuro dell’industria siderurgica italiana, secondo produttore europeo in un settore che vede la crisi di numerose aziende storiche, dall’Ilva alla AST ThyssenKrupp. Non basta: per completare il clamoroso pasticcio la Guidi invece di un sottosegretario ha delegato un tecnico del ministero, rimasto fuori dalla porta perché la riunione era riservata ai politici. incredibile ma vero.
A Bruxelles c’erano anche 5.000 lavoratori dell’industria siderurgica europea, italiani inclusi, per difendere il loro lavoro dal dumping cinese. Ma non la ministra Guidi.
La ministra Guidi era cofirmataria insieme ai ministri degli altri 6 paesi di una lettera inviata alla Commissione, lettera che in vista della fine dei dazi sull’acciaio cinese per la concessione dello status di “economia di mercato”, recitava “L’Ue non può restare passiva quando perdite crescenti di posti di lavoro e chiusure di acciaierie dimostrano che c’è un rischio di collasso significativo e imminente nel settore dell’acciaio”.
L’Ue non può restare passiva, ma la ministra Guidi può restare a casa.
Chissà quali gravi motivi hanno impedito alla ministra di partecipare alla riunione di Bruxelles per difendere le ragioni della nostra industria, compito per la quale lei e il suo staff sono lautamente pagati (ad es. segretaria dell’azienda famigliare: 140mila euro all’anno). Fonti ufficiali del ministero italiano parlano dei soliti «sopraggiunti e rilevanti impegni istituzionali che l’hanno trattenuta in Italia». Quali, non è dato sapere. Azzardiamo un’ipotesi: preparazione di slides per Renzi?
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