Analisi e studi
Milton Friedman: teoria monetaria e liberismo estremo. È lui il vincitore nell’economia e nella politica attuali?
Milton Friedman, nel bene o nel male, è una delle figure dell’economia del XX secolo che hanno disegnato la politica e la finanza nel secolo scorso in modo radicale. Quindi merita un posto nel nostro elenco di economisti influenti del XIX e XX secolo, anche sela sua figura, e quella della scuola di Chicago di cui fu parte è, per lo meno, molto controversa. Però ne parleremo in seguito.
Ora cominciamo.
Chi era Milton Friedman
Milton Friedman è stato un economista statunitense, nato a Brooklyn il 31 luglio 1912 da una famiglia di immigrati ebrei. Si laureò in economia alla Rutgers University nel 1932 e ottenne il master alla University of Chicago nel 1933, dove conobbe la sua futura moglie Rose Director. Dopo aver insegnato in varie università, tornò a Chicago nel 1946, dove rimase fino al suo pensionamento nel 1977.
Fu uno dei fondatori e principali esponenti della scuola di Chicago, un movimento di pensiero liberale e liberista che ha influenzato la politica economica di molti paesi. Vinse il premio Nobel per l’economia nel 1976 per i suoi contributi all’analisi del consumo, alla teoria e alla storia monetaria e alla complessità delle politiche di stabilizzazione. Fu anche un prolifico autore e divulgatore, scrivendo numerosi libri e articoli su vari temi economici e sociali. Morì a San Francisco il 16 novembre 2006.
Le teorie economiche di Friedman
La teoria del reddito permanente. Secondo questa teoria, il consumo dipende non solo dal reddito corrente, ma anche da quello passato e futuro, in quanto gli individui tendono a uniformare il loro consumo nel tempo, ricorrendo al risparmio o all’indebitamento per compensare le variazioni transitorie del reddito1.
Friedman definì il reddito permanente come quel livello di reddito di lungo periodo il cui valore attuale è pari alla ricchezza della famiglia e del suo reddito futuro atteso. Il reddito permanente rappresenta quindi la media ponderata dei redditi correnti e futuri, scontati al tasso di interesse. Il reddito transitorio, invece, è la parte di reddito che viene considerata legata alla contingenza, come ad esempio una vincita alla lotteria o una perdita di lavoro.. Friedman ipotizzò che gli individui consumassero quasi tutto il loro reddito permanente e risparmiassero quasi tutto il loro reddito transitorio.
L’ipotesi del reddito permanente ha diverse implicazioni per la politica economica. Innanzitutto, implica che le variazioni temporanee del reddito, come quelle causate dalle politiche fiscali o monetarie espansive, hanno un effetto limitato sul consumo, in quanto gli individui si aspettano che il loro reddito ritorni al livello precedente nel futuro. Invece, le variazioni permanenti del reddito, come quelle causate dalle riforme strutturali o dalle innovazioni tecnologiche, hanno un effetto maggiore sul consumo, in quanto gli individui si aspettano che il loro reddito aumenti o diminuisca nel lungo periodo. questo disarma buona parte delle politiche fiscali che, per esempio, erano appoggiate da Keynes.
Inoltre, l’ipotesi del reddito permanente spiega alcuni fenomeni empirici che non sono compatibili con la funzione di consumo keynesiana, basata solo sul reddito corrente. Ad esempio, spiega perché la propensione media al consumo tende a diminuire con l’aumento del reddito corrente: infatti, gli individui con un alto reddito corrente hanno anche un alto reddito transitorio, che risparmiano in misura maggiore. Spiega anche perché la propensione media al consumo tende a essere costante nel lungo periodo: infatti, nel lungo periodo le variazioni del reddito sono prevalentemente nella componente permanente, che ha una propensione al consumo stabile3.
Le teorie monetarie di Friedman si basano sul principio che la quantità di moneta in circolazione determina il livello dei prezzi e dell’attività economica. Secondo Friedman, l’inflazione è sempre e ovunque un fenomeno monetario e non può essere usata nel lungo periodo per ridurre la disoccupazione. Al contrario, una politica monetaria espansiva può causare solo effetti temporanei e distorsivi sull’economia reale, mentre nel lungo periodo porta solo a un aumento dell’inflazione.
Friedman proponeva quindi una regola di politica monetaria basata sul controllo della crescita della massa monetaria, in modo da garantire la stabilità dei prezzi e la neutralità della moneta. Inoltre, Friedman sosteneva che la domanda di moneta dipende dal reddito permanente delle persone, cioè dal reddito atteso nel corso della vita, e non dal reddito corrente. Questa teoria implica che le variazioni transitorie del reddito hanno poco effetto sul consumo e sulla domanda di moneta.
Paradossalmente Friedman, volendo limitare il peso dell’espansione monetaria, ha spinto a far credere che questa sia l’elemento essenziale della crescita e dell’inflazione, molto più della politica fiscale. Quindi Friedman ha tolto potere e rilevanza al potere politico e ha regalato celebrità e influenza enorme ai governatori delle banche centrali. Da questo punto di vista è stato un vero nemico della democrazia e l’araldo del governo tecnocratico. In questo senso, prettamente negativo, è forse la figura più influente della seconda metà del XX secolo e dei primi venti anni del XXI.
Friedman e l’Helicopter money
L’helicopter money è un’idea originariamente formulata da Friedman in una parabola del 1969, in cui immaginava che un elicottero lanciasse una quantità di banconote sulla popolazione, provocando un aumento della spesa e dell’inflazione. Questa idea è stata ripresa da alcuni economisti come una possibile soluzione per stimolare l’economia in una situazione di trappola della liquidità, quando i tassi di interesse sono vicini allo zero e la politica monetaria convenzionale è inefficace.
L’helicopter money consisterebbe in una distribuzione diretta di denaro da parte della banca centrale ai cittadini o alle imprese, finanziata con la creazione di moneta. Questo intervento avrebbe lo scopo di aumentare la domanda aggregata, le aspettative inflazionistiche e la crescita economica.
La “Scuola di Chicago”
La scuola di Chicago è un movimento di pensiero economico che si è sviluppato presso l’Università di Chicago tra gli anni ’30 e gli anni ’70 del XX secolo. Essa si caratterizza per il suo approccio liberale e liberista all’economia, basato sull’analisi microeconomica, sull’empirismo, sulla teoria dei prezzi, sulla teoria monetaria e sulla critica agli interventi statali nel mercato.
Tra i principali esponenti della scuola di Chicago si possono citare Frank Knight, Jacob Viner, Henry Simons, Milton Friedman, George Stigler, Gary Becker, Robert Lucas e Ronald Coase. La scuola di Chicago ha avuto una grande influenza sulla politica economica di molti paesi, soprattutto negli Stati Uniti, dove ha ispirato le riforme liberali degli anni ’80 sotto le presidenze di Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Bisogna dire che Raegan fu molto più pratico nella sua economia e influenzzato anche da motivazioni più politiche immediate, mentre la Thatcher ne seguì le idee in modo più deciso. I conflitti sociali nel Regno Unito e la dismissione di una buona fetta dell’industria britannica negli anni ottanta furono figli delle sue idee.
Critiche economiche alle teorie di Friedman
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