Politica

Milano: l’ombra dell’impunità sulla Tragedia di Cecilia De Astis. Milano, la città dove gli omicidi non vengono puniti

La morte di Cecilia De Astis a Milano, investita da quattro giovanissimi non imputabili, scoperchia il vaso di Pandora: dal degrado dei campi abusivi all’impunità garantita dalla legge, una città si interroga su una giustizia che sembra non esistere.

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Milano è sconvolta da un evento che ha riacceso il dibattito su giustizia, degrado sociale e responsabilità. Cecilia De Astis, una pensionata di 71 anni, è morta tragicamente investita da un’auto rubata, guidata da quattro minorenni. La vicenda, avvenuta in pieno giorno nella periferia milanese, ha scatenato un’ondata di indignazione, ma solleva anche una questione dolorosa: l’ineluttabile prospettiva dell’impunità per i giovanissimi responsabili. Milano sarà anche la città doive gli omicidi vanno impuniti,

Cecilia De Astis, originaria della Puglia ma milanese d’adozione da oltre quarant’anni, era una donna attiva, ex lavoratrice del Cotonificio Cederna, che aveva cresciuto i suoi due figli in città e vi era rimasta anche dopo la morte del marito. È stata falciata da una Citroen DS4 rubata a turisti francesi mentre camminava in via Saponaro, nella zona del Gratosoglio, lunedì a mezzogiorno. L’auto, procedendo verso il centro, è finita fuori strada, sbalzando la donna per diversi metri e lasciandola senza vita sull’asfalto.

I quattro giovanissimi a bordo della vettura sono stati rintracciati dalla polizia locale in un’area privata di via Selvanesco, sempre nella periferia milanese. Si tratta di tre maschie una femmina, di età compresa tra gli undici e i tredici anni; la più piccola ne ha undici. Due di loro sarebbero fratelli e di origini bosniache, probabilmente nati in Italia. Sono stati “incastrati” dalle magliette che indossavano, riprese dalle telecamere di sorveglianza di un negozio. Don Paolo Steffano, parroco di quattro parrocchie nel quartiere Gratosoglio, ha affermato che da mesi arrivano nuovi gruppi di minorenni, presumibilmente di origini rom, che compiono furti e danni, e che “questi ragazzini guidano già tutti a 12-13 anni. Lo sanno fare tutti“. Evidentemente non abbastanza bene e, soprattutto, nella più completa impuntià da parte della polizia locale meneghina.

La cruda realtà delle norme e l’assenza di Giustizia penale

Il dramma di Milano si scontra con la realtà del sistema giudiziario italiano: per questo omicidio, molto probabilmente, nessuno pagherà penalmente. Secondo l’articolo 97 del codice penale, i minori di 14 anni non sono imputabili, il che significa che non subiranno un processo né avranno conseguenze penali. La legge ritiene che un soggetto acquisti la capacità di intendere e di volere solo dopo aver raggiunto un certo grado di sviluppo fisico e psichico, e nessuno dei quattro ragazzi ha ancora 14 anni. Però i minori erano perfettamente in grado di rubare un’auto e di guidarla. Qualcosa evidentemente non funziona nella non imputabilità. 

L’avvocato penalista Alessandra Devetag spiega che, se considerati socialmente pericolosi, potrebbero essere comminate misure di sicurezza come il riformatorio giudiziario o la libertà vigilata. Per quanto riguarda il risarcimento del danno, potrebbero essere chiamati in causa i genitori o coloro che erano responsabili della loro vigilanza, ma la possibilità di ottenere un ristoro patrimoniale dipenderà dalle loro capacità economiche e abbiamo la sensazione che i genitori appariranno nullatenenti.

Tuttavia, l’avvocato Nicola Peverelli evidenzia una problematica ricorrente: “i Tribunali dei minori spesso sono meno solerti nei confronti dei rom perché propendono per una sorta di ‘giustificazione’ di tipo culturale”, cercando di comprendere il contesto sociale in cui vivono prima di agire. Questo approccio solleva dubbi sulla parità di trattamento e sull’effettiva tutela dei minori stessi.

Immagine illustrativa creata dalla IA

Il contesto del degrado: campi abusivi e responsabilità negate

I minorenni che rubano auto e uccidono passanti vivono, con ogni probabilità, in contesti di estremo degrado. Il campo di via Selvanesco, dove sono stati rintracciati, è descritto come un focolaio di sporcizia, illegalità e traffici illeciti. Le roulotte e le carcasse di auto rubate e bruciate, l’immondizia disseminata ovunque, e la reazione violenta dei nomadi contro i giornalisti che documentavano l’insediamento, testimoniano condizioni di vita che rendono difficile per i bambini sviluppare un’identità sociale e culturale diversa da quella del delinquente abituale.

Il campo di via Selvanesco non è una novità. Era stato sgomberato nel 2017 e, prima ancora, nel 2013. Le cronache di allora parlavano già di famiglie che vivevano in contesti malsani, tra rifiuti pericolosi e incendi. Nonostante gli sgomberi, i gruppi rom tornano sempre, spesso con pochi adulti e molti giovani, minorenni, che vengono “mandati allo sbaraglio perché non punibili” e che vivono delinquendo. Nel 2013, il Comune di Milano aveva sgomberato il campo, e il TAR aveva confermato la necessità, ma evidentemente il Comune, poi, non ha agito. Il Viminale ha anche precisato che l’accampamento non era mai stato segnalato dal Comune di Milano al tavolo sui campi nomadi in Prefettura. Tutto andava bene, fino a quando non c’è scappato il morto.

La polemica golitica e il Gioco dello scaricabarile

Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha attaccato chi specula sulla morte della donna, ribadendo la necessità di massima intransigenza verso le famiglie coinvolte, ma ha anche scaricato la responsabilità del controllo dei campi rom alla Prefettura, organo periferico del Ministero degli Interni, esattamente come se il Comune fosse un altro e se la Polizia cittadina non fosse sotto il suo controllo.

La Lega, tramite esponenti come Stefano Candiani e Roberto Vannacci, ha duramente criticato il “buonismo” e lo “squallore” di Sala, sostenendo che l’incidente è il risultato di anni di “politiche fallimentari” e di “illegalità tollerata” in una città governata dal centro-sinistra da 15 anni. Il deputato di Fratelli d’Italia Riccardo De Corato ha aggiunto che tutti i campi rom della città andrebbero controllati 24 ore su 24 o chiusi.

Il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha evidenziato come sia “vergognoso” non agire per impedire che bambini e ragazzi crescano nel degrado e nell’assenza di istruzione, richiamando il decreto Caivano sulle condanne per i genitori che non mandano i figli a scuola. Però mandare semplicmente i figli in una scuola, dove poi non c’è controllo reale su quello che fanno e quello che imparano, è una vera soluzione?

Una Storia di Ingiustizia e Scuse Infinite

La morte di Cecilia De Astis è il risultato di decenni di scelte politiche scriteriate, modulate su un buonismo incomprensibile e dannoso. Si argomenta che i campi rom dovrebbero essere aboliti, come richiesto anche dalle autorità europee e da alcuni intellettuali rom, ma poi tutto resta come prima, perché nessuno ha veramente il coraggio di intervenire, né dall’alto né dal basso. 

Il risultato è che bambini vengono cresciuti come malviventi, imparano a rubare auto e finiscono per uccidere innocenti, sicuri di non essere puniti in quanto minori. La morte delola donna andrà completamente impunita e ci sarà solo da attendere il prossimo caso di violenza compiuta da minori. Nussuno in Italia ha il coraggio di chiamare a rispondere dei propri atti né i minori né i genitori. 



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