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Media: quali paesi credono a quelli mainstream, e quali vi credono di meno

In alcuni paesi le notizzie dei media hanno credibilità, ma in altri, segnati dall’esperienza, pochissima

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Ogni anno, il Reuters Institute for the Study of Journalism pubblica un rapporto sul consumo di notizie digitali.

Come riporta Anna Fleck di Statista, l’ultima edizione, basata su un sondaggio di YouGov su oltre 95.000 persone in 47 Paesi e territori, documenta come la fiducia complessiva nelle notizie sia rimasta stabile rispetto a questo periodo dell’anno scorso, sollevando la domanda: Abbiamo finalmente toccato il fondo? Ora la fiducia nei media mainstream risalirà? Quali sono i paesi che nutrono una maggiore fiducia?

Circa quattro persone su dieci del campione totale affermano di fidarsi della maggior parte delle notizie, per la maggior parte del tempo.

Tra i Paesi presi in esame, la Finlandia rimane il Paese con il più alto livello di fiducia (69%), mentre Grecia e Ungheria (23%) hanno il più basso. Chissà come mai la Grecia, forse per l’esperienza durante la crisi del debito?

Secondo il rapporto, i bassi punteggi di fiducia riscontrati in Paesi come gli Stati Uniti (32 percento), l’Argentina (30 percento) e la Francia (31 percento) sono in parte attribuibili agli alti livelli di polarizzazione e ai dibattiti divisivi sulla politica e sulla cultura all’interno delle rispettive società.

Nell’Asia-Pacifico, esiste uno spettro abbastanza ampio nei livelli di fiducia, con Hong Kong che ha guadagnato 16 punti percentuali rispetto all’anno precedente, raggiungendo il 55 percento, il punteggio più alto della regione. Questo nonostante molti giornalisti abbiano abbandonato la professione, mentre una buona parte di quelli che hanno scelto di restare ammette di aver fatto ricorso all’autocensura in seguito all’attuazione della Legge sulla Sicurezza Nazionale nel 2020, che significa che possono essere più facilmente accusati di ‘secessione’, ‘sovversione’, ‘terrorismo’ e ‘collusione con organizzazioni straniere’ per i loro servizi.

Indonesia (35%), Taiwan (33%) e Corea del Sud (31%) si posizionano in fondo alla classifica del sondaggio.

In Indonesia, la situazione potrebbe ancora peggiorare, in quanto il nuovo Codice Penale, che entrerà in vigore dal gennaio 2026, conterrà 17 articoli in grado di minacciare la libertà di stampa, tra cui il divieto di criticare il Presidente, il Vicepresidente e le istituzioni statali.

Secondo il rapporto, a Taiwan i media sono dominati da aziende private, con un peggioramento delle divisioni tra le voci a favore dell’indipendenza e quelle a favore dell’unificazione. Nel frattempo, la Corea del Sud sta affrontando un rallentamento economico, che ha visto la spesa pubblicitaria diminuire, mentre le grandi piattaforme di streaming online continuano ad alimentare una diminuzione dell’attenzione per la programmazione di notizie, portando a tagli al personale e ai costi di produzione. Le aziende mediatiche sudcoreane hanno anche affrontato un forte contraccolpo in seguito alla notizia diffusa di una star del cinema che si è tolta la vita, con critiche alla copertura che alimenta una cultura del sensazionalismo.

È importante notare che i dati mostrati in questo grafico si basano sulle percezioni dei cittadini sull’affidabilità dei media o dei marchi di notizie e che questi punteggi sono aggregati di opinioni soggettive.

Gli analisti sottolineano che ciò significa che i cambiamenti nel tempo sono spesso influenzati da “fattori politici e sociali, oltre che dalle notizie stesse”.


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