Spazio
Marte, il Rover Perseverance ha trovato qualcosa di strano. n segnale biuologico?
Il rover della NASA ha scoperto minerali e carbonio organico che, sulla Terra, sono spesso il prodotto di attività microbica. Un’affascinante “potenziale biosegnatura” che riaccende le speranze, ma per avere la conferma definitiva i campioni dovranno tornare a casa, e la missione è in forte ritardo.

La NASA ha appena messo sul tavolo una delle scoperte più intriganti degli ultimi anni provenienti dal Pianeta Rosso. Il rover Perseverance, l’infaticabile geologo robotico che dal 2021 esplora il Cratere Jezero, si è imbattuto in minerali la cui formazione, sulla Terra, è spesso legata a doppio filo con l’attività biologica. Una scoperta che non è una pistola fumante, ma che alza decisamente il livello della posta in gioco nella ricerca di vita extraterrestre.
La notizia arriva da uno studio presentato il 10 settembre, che descrive il ritrovamento in una valle chiamata “Neretva Vallis”. Qui, tra rocce argillose e antichi fanghi pietrificati, Perseverance ha analizzato una formazione rocciosa battezzata “Bright Angel”, e in particolare un sasso dall’aspetto curioso, chiamato “Cheyava Falls“.
Questo sasso non è uno qualunque. La sua superficie è costellata di piccole macchie, simili a “macchie di leopardo” o “semi di papavero”, che avevano già fatto drizzare le antenne agli scienziati. Ora, grazie agli strumenti del rover, sappiamo di cosa sono fatte.
Cosa c’è di così speciale in queste “macchie”?
L’analisi approfondita, condotta con il kit di strumenti di Perseverance, ha rivelato una composizione chimica che si fa notare. Si tratta di:
- Noduli e granelli arricchiti in fosfato di ferro e solfuro di ferro.
- Associazione con carbonio organico.
- Formazione avvenuta dopo la deposizione dei sedimenti, in condizioni di bassa temperatura.
Joel Hurowitz, scienziato della Stony Brook University e autore principale dello studio, ha usato parole caute ma significative: “Quando vediamo caratteristiche come queste nei sedimenti sulla Terra, questi minerali sono spesso il sottoprodotto di metabolismi microbici che consumano materia organica”. In pratica, sulla Terra, formazioni simili sono spesso un biglietto da visita lasciato da antichissimi microbi.
La chiave di lettura scientifica risiede in un processo chiamato reazione di ossidoriduzione (redox). In parole povere, si tratta di una reazione chimica in cui gli elettroni vengono trasferiti tra due sostanze. Sulla Terra, queste reazioni sono il motore fondamentale del metabolismo di moltissimi organismi. I dati suggeriscono che il carbonio organico presente nelle rocce marziane abbia partecipato proprio a reazioni redox che hanno prodotto i minerali osservati. È una “potenziale biosegnatura”, un indizio, non una prova.
Come facciamo a esserne sicuri?
E qui, come spesso accade quando si parla di spazio, la grande scienza si scontra con la dura realtà. Gli scienziati sono stati molto chiari: il rover ha raggiunto i limiti di ciò che può analizzare a 225 milioni di chilometri di distanza. Come ha spiegato Katie Stack Morgan, scienziata del progetto Perseverance al JPL della NASA, la strumentazione del rover è stata progettata proprio con questo scopo: identificare i candidati più promettenti, le “potenziali biosegnature”. Il resto del lavoro, quello definitivo, deve essere fatto qui, nei laboratori terrestri.
Il campione incriminato, prelevato dalla roccia “Cheyava Falls” e chiamato “Sapphire Canyon”, è il 25° raccolto da Perseverance. È sigillato in una provetta e attende, insieme agli altri, di essere riportato sulla Terra. Peccato che la missione incaricata di questo compito, la Mars Sample Return, sia al momento in un limbo desolante. Tra vincoli di budget, cambi di priorità politiche e la complessità tecnica di un’impresa senza precedenti, il programma è in forte ritardo.
Senza il ritorno dei campioni, rischiamo di rimanere con un mistero affascinante ma irrisolto. Abbiamo trovato rocce che ci dicono che su Marte sono avvenute reazioni chimiche complesse, potenzialmente legate alla vita. Ma per sapere se quelle reazioni fossero il frutto di processi geologici inorganici o di un’antica e primordiale forma di vita marziana, dovremo avere pazienza. E, soprattutto, sperare che qualcuno a Washington decida di firmare l’assegno per andare a riprendere quei sassi.
Domande e Risposte
1) Qual è la scoperta fondamentale annunciata dalla NASA riguardo al rover Perseverance?
La scoperta fondamentale è l’identificazione di minerali, specificamente fosfati e solfuri di ferro, associati a carbonio organico, all’interno di rocce argillose nel Cratere Jezero su Marte. La particolarità sta nel fatto che la loro formazione sembra essere avvenuta tramite reazioni chimiche di ossidoriduzione (redox) a bassa temperatura. Sulla Terra, processi simili sono spesso il risultato del metabolismo di organismi microbici. Pertanto, questa non è una prova di vita, ma una “potenziale biosegnatura”, ovvero un indizio forte che merita un’analisi molto più approfondita.
2) Perché questa scoperta è considerata così importante, anche se non è una prova definitiva di vita?
L’importanza risiede nel fatto che dimostra che nell’antico lago del Cratere Jezero esistevano le condizioni per reazioni chimiche complesse, che sulla Terra sono fondamentali per la vita. Anche se l’origine di questi minerali fosse puramente geologica, la scoperta aggiunge un tassello cruciale alla comprensione della chimica primordiale di Marte. Restringe il campo di ricerca e indica che l’ambiente marziano del passato era chimicamente attivo e dinamico, rendendo l’ipotesi di un’antica abitabilità del pianeta ancora più concreta e scientificamente interessante.
3) Qual è il principale ostacolo per confermare se queste siano davvero tracce di vita e quali sono le implicazioni?
L’ostacolo principale è tecnologico e logistico: gli strumenti a bordo del rover Perseverance hanno raggiunto il loro limite analitico. Per ottenere una conferma definitiva, è indispensabile riportare sulla Terra i campioni di roccia raccolti, incluso quello denominato “Sapphire Canyon”. L’implicazione è che la risposta finale dipende interamente dalla missione Mars Sample Return della NASA, che attualmente è in una fase di stallo a causa di problemi di budget e complessità progettuale. Senza questa missione, potremmo rimanere per decenni con un dubbio tanto affascinante quanto irrisolto.

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