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Mai sentito parlare del Vat (IVA) Gap? Appunto …… ( di C.A. Mauceri)

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Tutti presi da dispute e beghe di governo o da problemi legati ai migranti (peraltro futili, visti i numeri reali) o impegnati, come ormai consuetudine a livello globale, a legiferare su Twitter, quasi nessuno parla di quella che è stata definita da un quotidiano del settore, la “più grande rapina del secolo”: 1.260 miliardi di euro spariti (anzi mai entrati) nelle casse dei 28 paesi dell’Unione Europea dal 2009 al 2016 (e solo in minima parte rintracciati) (dati IlSole24Ore su dati EC). A denunciare il “furto” è il rapporto dell’Unione Europea “Study and Reports on the VAT Gap in the EU-28 Member States: 2018 Final Report”, nel quale si dice che il “Vat gap”, la differenza tra quanto le autorità fiscali dei paesi europei avrebbero dovuto incassare sotto forma di Imposta sul valore aggiunto (Iva) e quanto hanno realmente ricevuto, è una somma spaventosa: una somma non molto lontana dal Pil di paesi come l’Australia o la Spagna (poco meno della Russia). O, per restare sul “privato”, come il fatturato della General Motors, una delle maggiori società automobilistiche del mondo.

Una montagna di soldi di cui, però, nessuno parla. Solo in Italia, il Vat gap, l’Iva non entrata nelle casse del Bel Paese, ammonterebbe a 213,8 miliardi di euro in sei anni. Solo nel 2016, la somma non incassata dallo stato italiano ammonterebbe a circa 35.988 miliardi di euro. Come dire che, se lo stato fosse riuscito ad incassare il dovuto, non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di parlare di manovre finanziarie! Eppure nessun governo e nessun gruppo politico, nè di maggioranza nè di opposizione ne ha parlato: sarebbe stato un argomento interessante, e invece nessuno ha proferito parola su questo tema.

Se l’Italia è il primo paese europeo in assoluto per Vat gap, seguita da Germania, Regno Unito e Francia (il terzo in percentuale, dopo Romania e Grecia), la situazione negli altri paesi dell’Unione Europea non è certo rosea: i soldi mancanti dalle casse sarebbero dei paesi dell’Unione ammontano a oltre 147 miliardi di euro solo nel 2016.

Come è possibile che spariscano somme così astronomiche senza che nessuno riesca a far niente? I modi per evadere il pagamento dell’Iva (perchè, in definitiva, di questo si tratta) sono diversi e tutti noti. Tanti “trucchetti” per permettere all’imposta di volatilizzarsi. Come il “missing trader”, l’operatore mancante (si effettuano acquisti intracomunitari fittizi senza effettuare alcun adempimento Iva). O il “defaulter”, il debitore inadempiente (il contribuente dichiara l’Iva sugli acquisti intraUe ma poi “dimentica” di versare la relativa imposta). O la “conduit company” (operazioni di compravendita intracomunitarie con clienti in altri paesi membri).

Secondo gli analisti, sarebbero ben 15 questi trucchetti e tutti noti alle Forze dell’ordine. Una conoscenza approfondita dei metodi per non pagare l’Iva che, però, stando ai numeri e al loro rimanere così alti nel medio-lungo periodo, non è bastata a risolvere il problema. Come non sono servite le misure per il controllo finanziario introdotte dai vari governi. Come il famoso sistema informatico Serpico – il nome è già di per sè un programma – potenziato durante il governo Monti e che avrebbe dovuto consentire un controllo non solo sulle dichiarazioni dei redditi e sulle utenze, ma anche permettere di “fotografare” tutti i movimenti bancari sopra i mille euro. Una misura adottata nonostante ritenuta da molti “incostituzionale”, come la definì il presidente dell’Istituto Nazionale della Privacy, Luca Bolognini. Con Serpico, disse Bolognini, “si va da un eccesso a un altro e si rischia uno stato di polizia elettronica”. Ebbene stando al Vat gap accumulato in questi anni sembrerebbe che questo sistema non sia servito a molto.

Anche la Germania cercò di adottare un sistema simile, chiamato “Elena”. Un nome più dolce, ma lo stesso risultato, anzi: i contrasti circa il rispetto della privacy fecero cambiare idea ai politici di Berlino prima ancora di utilizzarlo.

Forse è per questo che sono molti a pensare che le modifiche sulla fatturazione elettronica introdotte con il decreto legislativo n.127 del 5 agosto 2015 (che dovrebbe permettere controlli ex-ante), non servirà a molto: frodi ed evasione dell’Iva sono un cancro radicato e presente non solo in Italia, ma in tutti i paesi europei. Un male che favorisce gli imprenditori disonesti e rende ancora più difficile ai pochi onesti barcamenarsi tra concorrenza sleale e apertura delle frontiere alle multinazionali. Ma soprattutto, che colpisce e pesa sulle tasche di tutta la popolazione, senza distinzione alcuna. Una malattia che nessun paese europeo pare essere stato in grado di curare (anzi, a vedere alcuni trend, pare che la situazione stia peggiorando).

Non parlarne, facendo finta che non esiste, non servirà certo ai governi europei, e tanto meno al governo italiano. La “rapina del secolo”, come l’ha definita un quotidiano, ma di cui i governi, stranamente, non parlano mai.

C.Alessandro Mauceri


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