Politica
Macron Gioca l’Ultima Carta: Chi è Sébastien Lecornu, il “Pretoriano” Chiamato a Salvare l’Eliseo
Emmanuel Macron, sempre più isolato, nomina il fedelissimo Sébastien Lecornu come nuovo primo ministro. Ex gollista e Ministro delle Forze Armate, ha il compito impossibile di trovare una maggioranza in un parlamento ostile, tra i sospetti di un’apertura a Marine Le Pen.
La politica francese, si sa, ha un debole per il teatro e i colpi di scena. L’ultima giravolta del vaudeville parigino vede Emmanuel Macron, un presidente sempre più isolato e privo di una solida maggioranza parlamentare, affidare le chiavi di Matignon a Sébastien Lecornu. A soli 39 anni, ex Ministro delle Forze Armate e fedelissimo assoluto del Presidente, Lecornu diventa il settimo Primo Ministro dell’era Macron, il quarto solo nell’ultimo, caotico anno. Una nomina che non è una sorpresa, ma che sa tanto di ultima spiaggia, di ultima cartuccia sparata da un leader politico con le spalle al muro.
Ma chi è davvero Sébastien Lecornu? Lontano dai riflettori e poco noto al grande pubblico, il suo profilo è quello di un operatore politico abile e di un uomo con una visione del mondo che potremmo definire “vintage”. Proveniente dalle file della destra gollista de Les Républicains, che ha abbandonato senza troppi rimpianti nel 2017 per seguire l’allora nascente avventura macronista, Lecornu si è costruito una solida reputazione come fine negoziatore e uomo capace di gestire dossier complessi.
Il suo incarico più recente e prestigioso è stato quello di Ministro delle Forze Armate, un ruolo che sembrava calzargli a pennello. In un’epoca di instabilità globale, con il conflitto in Ucraina a rimodellare gli equilibri strategici, Lecornu ha saputo muoversi con discrezione ed efficacia, ottenendo un risultato non da poco: l’approvazione di una legge di programmazione militare che ha garantito un aumento storico dei budget per la difesa. Un successo costruito dialogando con tutte le forze politiche, dagli insoumis di Mélenchon al Rassemblement National di Le Pen, guadagnandosi il rispetto di un mondo, quello militare, tradizionalmente leale ma non facile da conquistare. “Ha saputo portare una visione”, ammette un alto graduato.
Questo suo essere un uomo d’apparato, un “risolutore” di situazioni complesse, è la sua più grande forza, ma anche il suo potenziale tallone d’Achille. Molti, anche all’interno del campo macronista, vedono in lui più un eccellente direttore di gabinetto che un vero leader politico. La critica, non troppo velata, è che la sua nomina rappresenti un “restringimento” del campo, un ritorno al nucleo dei fedelissimi, quasi come se Macron, incapace di trovare un accordo esterno, si affidasse al suo ultimo pretoriano. Come ha soffiato un osservatore vicino all’Eliseo, “è come se Napoleone nominasse il suo ultimo manipolo di generali. Se Lecornu cade, il prossimo sulla lista è lui”, ovvero Macron stesso. Lecornu è l’ultimo fusibile prima del cortocircuito presidenziale.
Mission impossible?
Il compito che lo attende è, a dir poco, erculeo. Deve “consultare” i partiti per “costruire gli accordi indispensabili”, come recita il comunicato ufficiale. Una missione quasi impossibile in un’Assemblea Nazionale frammentata e velenosa. Le reazioni alla sua nomina sono state un chiaro presagio delle tempeste in arrivo. I socialisti, che speravano in una svolta a sinistra, hanno parlato di un “presidente che si ostina sulla via del fallimento”. Jean-Luc Mélenchon ha liquidato il tutto come “una triste commedia di disprezzo per il Parlamento”. Dall’altra parte dello schieramento, Marine Le Pen ha ironizzato affermando che Macron “tira l’ultima cartuccia del macronismo”, profetizzando che il successore di Lecornu si chiamerà Jordan Bardella.
Proprio il rapporto con il Rassemblement National è l’aspetto più controverso e delicato della figura di Lecornu. Sono note le sue cene con Marine Le Pen e Jordan Bardella, contatti che alimentano il sospetto che possa essere l’uomo di una qualche forma di dialogo, se non di intesa, con la destra nazionalista. Questo lo rende inviso a una parte della sinistra, che vede in lui il traghettatore verso un’alleanza innaturale, ma al tempo stesso lo espone alle critiche di chi, nel suo stesso campo, teme che abbia già “normalizzato” l’idea di un RN come interlocutore legittimo.
Lecornu, dal canto suo, sembra quasi un personaggio uscito da un romanzo del secolo scorso. Figlio di un ingegnere e di una segretaria, cresciuto lontano dalle élite parigine, confessa di “abitare un’epoca che non è la sua”. Collezionista di kepì militari, amante dei sigari, del whisky e delle cerimonie patriottiche, tuitte cose che lo rendono simpatico, capace di discutere per ore di Charles de Gaulle o di Pierre Mendès France. Un profilo quasi anacronistico nell’era dei politici-influencer, che però piace a Macron, con cui condivide una certa complicità intellettuale.
Riuscirà questo “gollista d’altri tempi” a navigare le acque agitate della politica francese? Ha le doti del manovratore, ma non è esente da debolezze. Durante il suo mandato di Ministro degli Oltremare, i risultati elettorali per Macron in quei territori sono stati disastrosi. E anche nel suo feudo elettorale, il dipartimento dell’Eure, il RN ha stravinto alle ultime legislative. Insomma, un abile tessitore, ma non necessariamente un portatore di voti, anzi, forse l’opposto. Il fatto di essere l’ultimo generale di Napoleone ne fa un personaggio romantico, ma anche poco comprensibile dalla Francia di oggi.
La scommessa di Macron è chiara: affidarsi a un uomo di fiducia, competente e leale, sperando che la sua abilità tattica possa supplire alla mancanza di una strategia politica chiara e di una maggioranza solida. Con il suo passato sicuramente affascinerà Les Repubblicaines, ma a sinistra il suo lavoro sarà difficile, se non impossibile. Domani c’è la manifestazione nazionale della sinsitra “Blocchiamo tutto”, un benvenuto per lui.
Sébastien Lecornu è chiamato a fare il miracolo: governare l’ingovernabile. Se fallirà, non ci saranno più scudi a proteggere il Presidente e la sua politica. E la V Repubblica potrebbe entrare in una fase di crisi istituzionale ancora più profonda.
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