Economia
Macron, alla canna del gas, sacrifica le pensioni per un pugno di voti socialisti
Macron pronto a rinnegare la sua riforma più importante per sopravvivere politicamente. Un’apertura ai socialisti che spacca la sua maggioranza e presenta un conto salatissimo da 13 miliardi per le finanze francesi.
Siamo all’ultimo atto, o forse al penultimo, della tragicommedia politica francese. Emmanuel Macron, con il suo primo ministro designato Sébastien Lecornu sull’orlo del baratro dopo neanche 24 ore, si gioca la carta della disperazione. Dopo aver tentato di blandire la destra, ora compie una piroetta a 180 gradi e tende la mano alla sinistra socialista, offrendo in sacrificio sull’altare della stabilità politica nientemeno che la sua riforma più simbolica, voluta e difesa con le unghie e con i denti: la riforma delle pensioni.
L’ex primo ministro, e ora ministro dimissionario, Elisabeth Borne, la Fornero francese, colei che aveva difeso la riforma contro piazze in fiamme e un’impopolarità record, ha aperto la porta a una “sospensione”. Un eufemismo che sa tanto di ritirata strategica, se non di rotta vera e propria. L’obiettivo è chiaro: ottenere l’astensione o il sostegno dei socialisti per far nascere un governo e superare la crisi istituzionale. Il Partito Socialista, con Olivier Faure, ha subito definito la mossa un “risveglio positivo”, sebbene “tardivo”.
Ma cosa significa, in concreto, questa “sospensione”? E soprattutto, quanto ci costerà?
Il conto salatissimo della marcia indietro
La mossa, seppur politicamente astuta nel brevissimo termine, presenta un conto economico che definire salato è poco. Sospendere la riforma, che ha già iniziato il suo percorso di attuazione, significherebbe con ogni probabilità fissare l’età pensionabile a 63 anni invece che ai 64 previsti.
Vediamo l’impatto di questa decisione, basandoci sulle stime della stessa Corte dei Conti francese:
- Deficit del sistema pensionistico: Un’età a 63 anni aggraverebbe il disavanzo del sistema di circa 6 miliardi di euro entro il 2035.
- Impatto sulle finanze pubbliche: La stessa istituzione ha calcolato un peso aggiuntivo sui conti pubblici di altri 7 miliardi di euro.
- Costo totale: L’impatto negativo complessivo per le finanze francesi sarebbe di 13 miliardi di euro nel 2035.
Questo, è bene ricordarlo, si aggiungerebbe a un sistema che, anche con la riforma a 64 anni, era già previsto in deficit per 15 miliardi nello stesso orizzonte temporale. In pratica, si sceglie di allargare una voragine per tappare un buco politico.
La “Macronia” in frantumi
Se la sinistra e i sindacati (dalla CFDT alla CGT) esultano parlando di “segnale positivo” e di “ammissione di un fallimento”, il campo di Macron è una polveriera. I deputati macronisti, che hanno passato mesi a difendere una riforma impopolare subendo l’ostruzionismo e le proteste di piazza, che sono stati coperti d’insulti, si sentono traditi.
- Sylvain Maillard, deputato EPR, ha già messo le mani avanti: “Non posso sostenere un governo che sarebbe guidato da Olivier Faure”.
- Pierre Cazeneuve, dello stesso gruppo, rincara la dose: “La riforma delle pensioni non è solo una questione politica. È guardare lucidamente alla realtà della nostra demografia, delle nostre finanze pubbliche e non lasciare ai nostri figli il debito che non assumiamo”. La sua conclusione è lapidaria: “Sì al compromesso, no all’accecamento e al rinnegamento”.
Anche a destra, dai Repubblicani, le critiche sono feroci, parlando di mossa “irresponsabile” che lascia ai francesi l’onere di pagare un’altra decina di miliardi all’anno. Però “Le President” le sta tendando veramente tutte pur di sopravvivere politicamente, anche rimangiandosi quello che ha voluto ad ogni costo.
L’eredità del Macronismo: debiti e declino
La sospensione della riforma delle pensioni potrebbe forse garantire a Macron un governo e qualche mese di tregua. Ma il lascito del suo decennio all’Eliseo rischia di essere ancora più pesante. Si delinea un modello di “democrazia sussidiata”, un regime para-democratico tenuto in piedi da un europeismo di facciata, enormi e costosi sussidi alle imprese e, ora, un sistema pensionistico generoso come quasi nessun altro in Europa. Presto tutto questo finirà, lasciando solo macerie.
Il tutto per governare una Francia in crisi d’identità, economicamente stagnante e politicamente ingovernabile, che non si riconosce più e che sembra scegliere la via più facile nel breve termine, ipotecando però in modo drammatico il proprio futuro. L’azzardo di Macron per la sopravvivenza politica rischia di essere il colpo di grazia per la sostenibilità economica del Paese.
Domande e Risposte
1. Perché Macron è disposto a sacrificare la sua riforma più importante? La mossa di Macron è un atto di pura sopravvivenza politica. Incapace di formare una maggioranza stabile dopo la caduta del governo Lecornu, sta cercando di ottenere il sostegno o almeno la neutralità del Partito Socialista. I socialisti hanno posto la sospensione della riforma delle pensioni come condizione quasi irrinunciabile. Per Macron, il costo politico di rinnegare la sua stessa riforma è, al momento, inferiore al costo di elezioni anticipate che potrebbero vedere un’ulteriore affermazione delle estreme e la totale paralisi del Paese. È un baratto: stabilità politica oggi in cambio di un pesante onere economico domani.
2. Quali sono le conseguenze economiche reali di questa marcia indietro? Le conseguenze sono molto concrete e quantificabili. Tornare a un’età pensionabile di 63 anni invece che 64 comporterebbe un impatto negativo totale di circa 13 miliardi di euro all’anno entro il 2035, secondo la Corte dei Conti francese. Questo si aggiungerebbe a un deficit del sistema già previsto. Per un Paese come la Francia, già sotto osservazione per il suo elevato debito pubblico e con l’impegno di rientrare sotto il 3% di deficit/PIL, questa mossa complica enormemente l’equazione di bilancio, rendendo quasi certi futuri aumenti delle tasse o tagli ad altri servizi.
3. Questa mossa garantirà la nascita di un governo stabile? Assolutamente no. È una scommessa ad alto rischio. Se da un lato può convincere i socialisti ad appoggiare un nuovo governo, dall’altro sta creando una profonda spaccatura all’interno del suo stesso partito (“Renaissance”) e alienando i potenziali alleati di centro-destra (Les Républicains). Macron rischia di creare un governo “Frankenstein” con il supporto esterno della sinistra, ma con una maggioranza interna debole e pronta a sfaldarsi alla prima difficoltà. La stabilità ottenuta sarebbe probabilmente precaria e a brevissimo termine, aprendo la strada a nuove crisi future.
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