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Macedonia del Nord: scatta lo stato di crisi elettrica. Quando i trattori greci spengono la luce ai vicini

Il governo di Skopje dichiara lo stato di crisi elettrica per 7 giorni: impossibile importare carburante a causa delle proteste in Grecia. Si attinge alle riserve statali mentre la Bulgaria offre aiuto

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Non c’è pace per i Balcani, e questa volta la geopolitica c’entra poco, o almeno non direttamente. La Macedonia del Nord ha dichiarato uno stato di crisi elettrica della durata di sette giorni. Il motivo? Non una guerra, non un guasto tecnico alle centrali, ma una carenza acuta di olio combustibile. E qui la vicenda assume quei tratti ironici e drammatici tipici delle economie interconnesse: i serbatoi di Skopje sono a secco perché i camion cisterna sono bloccati al confine dai trattori degli agricoltori greci in rivolta.

L’Effetto Domino: dai campi greci alle centrali macedoni

La situazione illustra perfettamente la fragilità delle catene di approvvigionamento energetico nei Balcani Occidentali. Il governo di Skopje si è visto costretto a convocare una riunione d’emergenza del gabinetto lunedì scorso, autorizzando la compagnia elettrica statale, la ESM (Elektrani na Severna Makedonija), ad attingere alle riserve statali obbligatorie.

La decisione è drastica: le riserve di olio combustibile saranno trasferite alla ESM senza alcuna compensazione finanziaria immediata. Una mossa necessaria, quasi da manuale di economia d’emergenza, per evitare il blackout. La ESM, infatti, aveva lanciato l’allarme: impossibile reperire sul mercato la lignite e l’olio combustibile necessari per far girare le turbine, poiché i valichi di frontiera con la Grecia sono paralizzati.

Perché la Macedonia del Nord è così vulnerabile?

Per comprendere la gravità della situazione, bisogna guardare al mix energetico del piccolo stato balcanico. La produzione di elettricità in Macedonia del Nord dipende ancora pesantemente dai combustibili fossili:

  • Lignite: La spina dorsale della produzione, ma in declino e spesso di bassa qualità.

  • Olio Combustibile (Mazut): Essenziale per la stabilità del sistema e per coprire i picchi di domanda, specialmente in inverno.

Senza l’afflusso costante di questi materiali, che arrivano via terra principalmente dai porti e dalle raffinerie greche, le centrali macedoni rischiano lo stop. È la classica strozzatura logistica che mette in ginocchio un’intera nazione.

La protesta greca: sussidi e costi

Dall’altra parte della barricata ci sono gli agricoltori greci. Da fine novembre, il nord della Grecia è teatro di blocchi stradali che hanno interessato arterie vitali come l’autostrada Atene-Salonicco e, per l’appunto, i valichi con Bulgaria, Turchia e Macedonia del Nord. Il traffico per il periodo di vacanze ha peggiorato il blocco che, nei giorni scorsi, aveva perfino coinvolto i trasferimenti d’oro verso la Macedonia.

Le richieste dei manifestanti sono chiare e, per certi versi, condivisibili in un’ottica di economia reale sotto pressione:

  • Pagamento immediato dei sussidi UE ritardati.

  • Prezzi minimi garantiti per i prodotti agricoli.

  • Sgravi fiscali e compensazioni per l’aumento dei costi di carburante e fertilizzanti.

Quello che era iniziato come una vertenza sindacale interna si è trasformato in un problema internazionale, bloccando il traffico merci e lasciando i vicini al buio. Anche se i blocchi sono stati temporaneamente allentati per le festività natalizie, la minaccia di un inasprimento delle azioni è concreta.

La solidarietà (interessata?) dei vicini

In questo quadro fosco, spunta la Bulgaria. Sofia ha prontamente offerto forniture di emergenza di olio combustibile, come comunicato dopo una telefonata tra il Ministro degli Esteri bulgaro Georg Georgiev e l’omologo macedone Timčo Mucunski. Un gesto di buon vicinato, certo, ma che sottolinea anche come nel mercato energetico balcanico le alleanze siano fluide e la necessità aguzzi l’ingegno (e la diplomazia).

La crisi macedone ci insegna una lezione fondamentale: la sicurezza energetica non è fatta solo di contratti gas o parchi eolici, ma anche di strade libere e camion che viaggiano. Se si ferma la logistica, si ferma il paese.


Domande e risposte

Come si è generata esattamente questa carenza di carburante?

La carenza non deriva da una mancanza di prodotto alla fonte o da prezzi insostenibili, bensì da un blocco logistico. La Macedonia del Nord importa gran parte del suo olio combustibile e della lignite attraverso la Grecia. Gli agricoltori greci, protestando per questioni economiche interne, hanno bloccato con i trattori i valichi di frontiera. Questo ha impedito fisicamente ai camion cisterna e ai trasporti pesanti di entrare in territorio macedone, interrompendo la catena di approvvigionamento necessaria per alimentare le centrali elettriche della compagnia statale ESM.

Qual è la situazione energetica attuale della Macedonia del Nord?

La situazione è critica ma gestita tramite misure di emergenza. Il governo ha dichiarato uno stato di crisi di sette giorni. Il sistema elettrico macedone è strutturalmente dipendente dalle centrali termoelettriche che bruciano lignite e olio combustibile. Non avendo riserve interne sufficienti presso gli impianti per sostenere un blocco prolungato delle importazioni, il governo ha autorizzato l’uso delle riserve strategiche statali senza compensazione finanziaria immediata, permettendo alla ESM di continuare a produrre elettricità in attesa che la frontiera greca si sblocchi o arrivino aiuti dalla Bulgaria.

Cosa chiedono gli agricoltori greci e perché bloccano i confini?

Gli agricoltori greci protestano contro una “tempesta perfetta” di costi e burocrazia. Chiedono il versamento di sussidi dell’Unione Europea che hanno subito ritardi, prezzi minimi garantiti per i loro prodotti che spesso vengono venduti sottocosto, e sgravi fiscali. Inoltre, esigono compensazioni per l’aumento vertiginoso dei costi di produzione, in particolare per il gasolio agricolo e i fertilizzanti. Il blocco dei confini è uno strumento di pressione politica per costringere Atene ad ascoltare le loro rivendicazioni, colpendo il traffico commerciale internazionale.

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