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L’Ungheria blinda il riscaldamento: accordo per il gas con l’Azerbaigian, ma sfida Bruxelles in tribunale

Budapest blinda le forniture energetiche con un contratto biennale da 800 milioni di metri cubi con Baku, sfidando apertamente il bando europeo al gas russo previsto per il 2027. Ma quanto di questo gas è davvero azero?

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Mentre a Bruxelles si discute di date, scadenze e divieti ideologici, a Budapest si firmano contratti. Il Ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha annunciato di aver siglato un accordo strategico per l’acquisto di gas naturale dall’Azerbaigian per il prossimo biennio. Una mossa che non è solo commerciale, ma squisitamente politica, in aperta contrapposizione con i recenti, e contestati, diktat dell’Unione Europea.

I dettagli dell’accordo: pragmatismo magiaro

La notizia arriva direttamente dai vertici diplomatici: l’Ungheria riceverà 800 milioni di metri cubi di gas naturale. L’intesa è stata formalizzata dopo un incontro tra Rovshan Najaf, presidente della compagnia statale azera SOCAR, e Karoly Matrai, amministratore delegato del gruppo energetico ungherese MVM.

L’accordo, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2026, rafforza quella che viene definita una partnership energetica strategica”. Per un paese senza sbocchi sul mare come l’Ungheria, diversificare le fonti via tubo non è un lusso,, ma una necessità di sopravvivenza economica.

Ecco i punti chiave dell’intesa in sintesi:

  • Fornitore: SOCAR (Azerbaigian)
  • Acquirente: MVM ONEnergy (Ungheria)
  • Volume: 800 milioni di metri cubi
  • Durata: 2 anni
  • Avvio: 1° gennaio 2026

Bruxelles ordina, Budapest ricorre

La tempistica è tutto. Mentre Budapest stringe la mano a Baku, l’Unione Europea ha appena deciso (il 3 dicembre scorso) di imporre lo stop definitivo alle importazioni di gas russo entro il 2027. Un piano che prevede una riduzione graduale e vincolante sia per il GNL che per il gas via gasdotto.

La reazione di Orban e Szijjarto non si è fatta attendere. L’Ungheria ha giurato di impugnare la decisione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La motivazione è, come spesso accade da quelle parti, brutalmente realista: “Accettare e attuare questo ordine di Bruxelles è impossibile per l’Ungheria”, ha dichiarato Szijjarto. Senza le importazioni da Est, l’economia ungherese si fermerebbe. Slovacchia e Ungheria rimangono le voci fuori dal coro, mantenendo i legami con Mosca perché la geografia fisica, a differenza di quella politica, non si può cambiare con un tratto di penna.

Ma il gas è davvero “Azero”?

Qui entra in gioco l’aspetto più tecnico e, se vogliamo, ironico della vicenda, tipico delle contraddizioni della transizione energetica europea. Siamo davvero sicuri che il gas che arriverà in Ungheria sia estratto esclusivamente dal Caspio?

È il segreto di Pulcinella del mercato energetico: le molecole di gas non hanno passaporto. L’Azerbaigian ha una capacità di produzione limitata e un consumo interno in crescita. Per onorare i contratti con l’Europa (che brama gas “non russo”), Baku ha spesso importato gas dalla Russia per soddisfare la propria domanda interna, liberando così volumi per l’export verso Ovest.

In termini economici e fisici, si tratta spesso di uno swap:

  1. Baku compra da Gazprom per il mercato domestico.
  2. Baku vende il “suo” gas all’Europa (o all’Ungheria).

Il risultato netto? I soldi, in un modo o nell’altro, circolano, e il gas fluisce. L’Ungheria si assicura l’energia, l’Azerbaigian incassa la commissione di transito e lo status di partner strategico, e Bruxelles può fingere che quel gas sia politicamente corretto. Un capolavoro di ipocrisia burocratica che, tuttavia, garantisce ai cittadini ungheresi termosifoni caldi e industrie funzionanti.

In un’ottica keynesiana, ciò che conta è che l’approvvigionamento sostenga la domanda aggregata e la produzione industriale; se l’etichetta sul tubo cambia, all’economia reale importa poco.


Domande e risposte

Che impatto avrà questo accordo sui prezzi dell’energia in Ungheria? L’accordo avrà un effetto stabilizzante. Assicurandosi 800 milioni di metri cubi a un prezzo contrattualizzato per due anni, l’Ungheria si protegge dalla volatilità del mercato spot, che potrebbe impennarsi man mano che si avvicina la scadenza del 2027 fissata dall’UE per il bando del gas russo. Per le famiglie e le industrie ungheresi, questo significa prevedibilità dei costi, un fattore cruciale per mantenere la competitività industriale e il potere d’acquisto interno in un periodo di incertezza inflattiva.

È possibile che l’UE blocchi questo accordo? È improbabile che l’UE possa bloccare direttamente un accordo bilaterale con l’Azerbaigian, dato che Baku è considerato un partner strategico proprio da Bruxelles per ridurre la dipendenza da Mosca. Tuttavia, la battaglia legale si giocherà sul fronte del divieto generale alle importazioni russe. Se l’UE dovesse dimostrare che i flussi sono “fisicamente” russi, potrebbe nascere un contenzioso, ma provare l’origine molecolare del gas in una rete interconnessa è tecnicamente arduo. L’Ungheria userà ogni appiglio legale per difendere la sua sovranità energetica.

Il gas azero è sufficiente a sostituire quello russo per l’Ungheria? No, non completamente. 800 milioni di metri cubi sono una quantità significativa ma non coprono l’intero fabbisogno annuale ungherese, che è di svariati miliardi di metri cubi. Questo accordo è una diversificazione, un “cuscinetto” di sicurezza. L’Ungheria rimane strutturalmente dipendente dai flussi orientali massicci. Ecco perché il governo Orban definisce “impossibile” l’abbandono totale del gas russo entro il 2027 senza distruggere la propria economia: l’infrastruttura e i volumi alternativi, semplicemente, non ci sono ancora.

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