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L’ultima idea di Airbus: un arsenale nucleare tattico europeo per sfidare la Russia. Chi tiene il bottone nucleare?

l CEO di Airbus Obermann rompe il tabù: l’Europa è indifesa contro le atomiche tattiche di Putin. La proposta di un programma comune e l’ira del Cremlino su Kaliningrad.

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Mentre una parte del mondo, seppur faticosamente, cerca di abbozzare scenari di pace per l’Ucraina o attende le mosse della nuova amministrazione Trump, a Berlino qualcuno ha deciso di infrangere uno degli ultimi grandi tabù della difesa europea. René Obermann, presidente del consiglio di amministrazione di Airbus, ha lanciato una proposta che farà discutere (e tremare) le cancellerie: l’Europa deve dotarsi di un proprio programma di dissuasione nucleare tattica.

L’uscita, avvenuta durante la Conferenza sulla Sicurezza di Berlino, nasce da una constatazione tecnica e strategica piuttosto brutale: l’attuale postura europea lascia scoperto un pericoloso vuoto al di sotto della soglia strategica.

Il “Gap” Nucleare e la minaccia russa

Secondo Obermann, l’Europa rischia di non comprendere la strategia di Mosca focalizzandosi solo sulle grandi testate strategiche (quelle da apocalisse, per intenderci), ignorando invece l’enorme arsenale tattico russo. Il ragionamento del numero uno di Airbus si basa su dati preoccupanti riguardanti il dispiegamento russo lungo il fianco orientale della NATO e in Bielorussia:

  • Oltre 500 testate tattiche stimate nelle aree di confine.
  • Un arsenale totale russo di circa 580 testate (il più grande al mondo).
  • La presenza confermata di vettori nucleari nell’exclave di Kaliningrad.

La domanda posta da Obermann alla platea di militari e industriali è stata gelida: “Quale pensate che sarebbe la nostra risposta a un attacco tattico russo limitato e con effetti circoscritti? Non ho la risposta, ma sono sicuro che voi l’abbiate”. La sottintesa risposta è: nessuna, o il suicidio collettivo.

Lancio del modello M51.3 , missile strategico francese

Tattiche vs Strategiche: le differenze

Per i non addetti ai lavori, è utile chiarire la distinzione tecnica che rende questa proposta così rilevante:

  • Armi Nucleari Tattiche: Hanno una potenza ridotta (tipicamente da 1 a 50 kilotoni). Sono concepite per l’uso sul campo di battaglia, per distruggere concentramenti di truppe o infrastrutture specifiche, non per cancellare intere metropoli.
  • Armi Nucleari Strategiche: Hanno una potenza superiore ai 100 kilotoni. Sono progettate per la distruzione totale delle città e la deterrenza finale (la cosiddetta Mutual Assured Destruction).

Il paradosso europeo: chi comanda?

La proposta prevede che Germania, Francia, Regno Unito e “altri stati volenterosi” creino un programma comune. Qui però casca l’asino, o meglio, si scontra il realismo con la burocrazia. Attualmente la situazione è la seguente:

  1. Francia: Possiede circa 290 testate, tutte strategiche. Dottrina gelosamente indipendente.
  2. Regno Unito: Possiede circa 225 testate, tutte strategiche.
  3. Germania: Partecipa alla condivisione nucleare NATO (bombe USA su aerei tedeschi), ma non possiede armi proprie.

Nessuno possiede armi tattiche. Ma il vero problema, che Obermann glissa con eleganza, è politico: la Francia non ha mai condiviso il proprio know-how nucleare e difficilmente lo farà ora. Inoltre armi tattiche sono da sviluppare ex novo.

Per non considerare che,  in un programma “comune”, chi decide di premere il grilletto? Un comitato a Bruxelles? Uno scenario che, ironicamente, potrebbe rassicurare i russi più che spaventarli.

La spinta nasce anche dal timore che gli USA di Trump possano non essere più garanti affidabili, spingendo persino la Polonia a valutare l’opzione atomica.  Un’latra spinta è, senza dubbio, il desiderio di Airbus di ottenere importanti commesse per la produzione di missili a gittata intermedia, un business miliardario.

Missili IRBM pakistani

La risposta (prevedibile) di Mosca

Non si è fatta attendere la replica del Cremlino, che non gradisce si parli del suo avamposto nel Baltico. Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha definito le parole di Obermann “provocatorie”, ribadendo che “Kaliningrad è parte integrante della Russia” e che Mosca farà “tutto il necessario” per garantire la propria sicurezza. Una schermaglia verbale che alza la tensione, ma che, con ogni probabilità, rimarrà tale.

Senza un vero governo politico unitario, l’atomica “europea” resta un ossimoro strategico, utile forse a spingere i budget della difesa e i fatturati dell’industria aerospaziale, ma difficile da piazzare in un silo.

Domande e risposte

Che differenza c’è tra un’arma nucleare tattica e una strategica? La differenza principale risiede nella potenza e nell’obiettivo. Le armi tattiche hanno un potenziale esplosivo minore, solitamente tra 1 e 50 kilotoni, e sono pensate per essere utilizzate direttamente sul campo di battaglia contro truppe o obiettivi militari specifici. Le armi strategiche, invece, superano i 100 kilotoni e sono progettate per radere al suolo intere città o grandi infrastrutture, fungendo da deterrente ultimo attraverso la minaccia di una distruzione totale e reciproca.

Perché l’Europa non possiede già queste armi se ha la tecnologia per farlo? Francia e Regno Unito possiedono tecnologie nucleari avanzate, ma hanno sviluppato i loro arsenali esclusivamente in funzione di deterrenza strategica (l’apocalisse finale), ritenendo inutile o costoso lo sviluppo di armi tattiche. Inoltre, la difesa europea si è basata per decenni sull’ombrello nucleare degli Stati Uniti, che possiedono un vasto arsenale tattico. Manca inoltre una volontà politica comune: la Francia, ad esempio, considera il proprio arsenale strettamente nazionale e non condivide volentieri il controllo o la tecnologia.

Qual è il ruolo di Kaliningrad in questa tensione? Kaliningrad è un’exclave russa situata tra Polonia e Lituania, fortemente militarizzata e con sbocco sul Mar Baltico. È un punto strategico cruciale perché permette a Mosca di proiettare la propria potenza nel cuore dell’Europa. La presenza (confermata o fortemente sospettata) di missili nucleari Iskander in questo territorio riduce drasticamente i tempi di reazione della NATO in caso di attacco. Per la Russia è un bastione difensivo intoccabile; per l’Europa è una “pistola puntata alla tempia” che giustifica la richiesta di maggior deterrenza.

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