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L’Ue e l’euro hanno distrutto il risparmio tutelato dalla Costituzione (di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero)

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Ma sì, ammettiamolo pure, a 70 anni suonati qualche ritocchino anche la
nostra Costituzione se lo meriterebbe ma per favore non diamole colpe
che non ha. Vogliamo dimostrarlo con un semplice esempio.

“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme;
disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”. Questo recita
l’articolo 47.

Da quando abbiamo aderito all’euro, e da quando è stato approvato il
bail-in (cioè quel particolare meccanismo secondo cui i debiti delle
banche devono essere ripagati anche dai correntisti), il risparmio dei
cittadini non è più un diritto ma un rischio. E a rimetterci sono i
cittadini.

È il caso dello scandalo delle quattro banche scoppiato lo scorso anno
dove migliaia di obbligazionisti hanno perso i loro risparmi senza
alcuna tutela da parte del governo. Dalle audizioni che si sono
susseguite nella commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, non
è emersa alcuna volontà da parte di chi era allora al governo di voler
salvare i risparmiatori. Anzi si trattava solo di salvare gli interessi
di qualche politico o famigliare avvisato giusto in tempo prima del
crollo. Ecco, tutto quello che è avvenuto è un insulto alla
Costituzione.

La Costituzione tutela il frutto del lavoro, il risparmio per
l’appunto, ma con l’avvento dell’Ue e l’imposizione dell’euro questo non
è più possibile. Una costituzione inesistente, quella europea, si è
sovrapposta alla nostra. Eccone un esempio: per poter tornare ad essere
competitive le nostre aziende, in un regime di cambi fissi, sono
costrette a scaricare il peso della competitività sui salari, cioè sul
reddito dei lavoratori, incidendo pesantemente sui risparmi. Risultato:
se fino al 2001 le famiglie italiane risparmiavano in media circa ¼ del
reddito procapite, dopo moneta unica siamo scesi a circa il 5%. Il
risparmio è stato distrutto dal debito pubblico, ma solo perché abbiamo
una moneta straniera senza una Banca Centrale di supporto che svolga la
funzione di prestatrice illimitata di ultima istanza. A garantire
l’intero ammontare del debito pubblico ci pensano infatti solo cittadini
e imprese. In che modo? Principalmente con l’aumento delle tasse, i
tagli alla spesa pubblica e appunto con l’attacco ai risparmi, a quel
tesoretto famigliare che aveva fatto dell’Italia il Paese con il
risparmio privato tra i più alti del mondo. Un bocconcino succulento per
l’intera struttura dell’Eurozona. Questo spiega anche i ripetuti
tentativi di abolire il denaro contante o di obbligare le attività
commerciali ad accettare pagamenti con carte di credito o altri
strumenti similari. Con la scusa della lotta all’evasione fiscale,
condotta sempre ai danni dei piccoli artigiani, si cerca in fondo
soltanto di attaccare il risparmio privato per farne garanzia del
debito.

La contraddizione tra tutto quello che sta accadendo perché ce lo
chiede l’Europa e i principi della nostra Carta è evidente. Lì dove sono
cittadini ed imprese a dover garantire il debito pubblico, il risparmio
diventa il pozzo da dove attingere per tenere a bada i mercati e salvare
l’impianto della moneta unica. Quando fu scritto l’art. 47 della
Costituzione, nonostante l’Italia uscisse da una guerra devastante era
uno Stato sovrano sulla moneta e sulle leggi, quindi poteva permettersi
di perseguire l’obiettivo di tutelare sia il reddito da lavoro che il
risparmio. Non è colpa della Costituzione se tutto questo sia andato
oggi a ramengo.

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero del 29 dicembre 2017


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