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Loro sono rimasti a Steve Jobs… Thiel contro gli anti-Trump Per il co-fondatore di Paypal, Google ha troppo potere di Marcello Bussi

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Peter Thiel, cofondatore di PayPal e uno dei finanziatori della prima ora di Facebook, ha stupito tutti nel corso delle primarie del Partito Repubblicano schierandosi apertamente a favore di Donald Trump, unico esponente della Silicon Valley a farlo.

Un sostegno fatto non solo di parole ma anche di dollari, esattamente 1,25 milioni. Da allora molto è cambiato. A sentire Hillary Clinton e i suoi sostenitori sembrava che Trump avesse schierati compattamente contro di lui Wall Street e i massimi imprenditori degli Stati Uniti. Si è visto che non era così. E dopo la vittoria in tanti sono saliti sul suo carro.

Il presidente eletto continua comunque a incontrare la massima resistenza nella Silicon Valley: per esempio, il patron di Amazon, Jeff Bezos, tramite il quotidiano da lui posseduto, il Washington Post, sta facendo guerra aperta a Trump. Due giorni fa, in un’intervista al New York Times, Thiel ha fatto il punto della situazione, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa.

Apple? «La sua epoca è finita. Sappiamo che aspetto ha e cosa può fare uno smartphone. Non è colpa di Tim Cook (il ceo, ndr), ma questa è un’area in cui non ci saranno altre innovazioni». Google? «Sotto Obama ha avuto più potere di quanto ne abbia avuto Exxon sotto George W. Bush». Facebook? «Penso che la politica ufficiale sia quella di negare di essere una media company».

In quanto alle posizioni anti-Trump espresse dalla Silicon Valley, Thiel, gay dichiarato, è stato particolarmente caustico: «Mi preoccupa il fatto che ci sia un parte della Silicon Valley iper politicamente corretta riguardo al sesso. Un mio amico ha la teoria che il resto del Paese tollera la Silicon Valley perché lì la gente non pratica molto il sesso, non si diverte tanto».

Thiel ha ricordato che «normalmente, se sei il ceo di una grande impresa, tendi a essere apolitico o ad avere una posizione politicamente blanda. Ma questa volta hanno fatto a gara su chi fosse più anti Trump. Dicevano: se vince Trump mi mangio le scarpe e vado a piedi nudi fino al confine con il Messico per emigrare lì». Nessuno lo ha fatto e molti sono prontamente saliti sul carro del vincitore: «Una settimana dopo le elezioni ho parlato con un po’ di gente che lavora negli hedge fund, Non avevano sostenuto Trump. Ma all’improvviso hanno tutti cambiato idea. Le borse stavano salendo e adesso dicevano tutti: non capisco davvero perché sono stato contro di lui durante l’anno».

Riguardo al protezionismo e all’ostilità di Trump nei confronti della globalizzazione, la risposta di Thiel è lapidaria: «Le generazioni più giovani hanno aspettative ridotte ed è la prima volta che succede nella storia dell’America». E poi aggiunge: «I cellulari ci distraggono dal fatto che le metropolitane sono vecchie di cent’anni». Alla fine, Thiel mostra la benevolenza del vincitore nei confronti degli sconfitti: «Confermo, i liberal sono intolleranti, ma ci sono delle sfumature. Dipende dal posto in cui vivono. Se sei un ateo che vive in un paese dell’Alabama, probabilmente sei la persona più tollerante nei dintorni».

Marcello Bussi, MF 13 gennaio 2017


 


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