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Lo Stato acquista una bella scatola vuota: la Borsa Italiana

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LSE vuole liberarsi di Borsa Italiana. Niente di scandaloso: Londra esce dall’Unione, non ha nessun interesse nel tenersi dei pezzi che non le servono, ha capito che il business vero non è la gestione dei mercati,  ma nella gestione dei dati e delle informazioni e quindi vuole comprare Refinitv da Thompson Reuters. Che se ne fa di una borsa piccola e dalla crescita asfittica come quella italiana?

La cosa divertente è che ora tutti parlano di Borsa Italiana come se fosse una specie di asset strategico, con tanto di “Golden power” da applicare perchè non finisca in “Mani Straniere” e tante altre amenità simili. Questo dopo che fu la privatizzata  e da società mutualistica degli agenti di borsa fu prima di tutto trasformata in SPA e quindi venduta per ben 25 milioni (leggasi 25 milioni) di euro alle banche. Che, essendo le concorrenti naturali della raccolta dei capitali diretti sul mercato , fecero ben poco per svilupparla, salvo venderla a LSE per 1,6 miliardi di euro. Grazie ad una legge  che si rifaceva a Draghi (ma che caso..) un pugno di Banche Italiane face un bell’utile e perfino  acquisì una quota importante nel LSE. Salvo non saperlo gestire e poi cedere le azioni sul mercato fra il 2007 ed il 2012, senza neanche aspettare che queste raggiungessero i valori sette o otto volte superiori raggiunti negli ultimi 24 mesi.

Oggi un oggetto vuoto viene definito come “Strategico” e se ne rivendica l’italianità. Allora penserete che lo comprerà il Tesoro, che magari tornerà ad essere una società mutualistica fra gli operatori? Macchè, entra in campo CDP con Euronext, cioè la borsa di Parigi. Alla fine lo stato punta di nuovo ad un partner straniero, dimostrando che, alla fine, è solo una questione di giochetti di potere. Comunque:

  • In questa fase MTS (titoli di stato) e Borsa sono offerte separatamente;
  • Pare che anche Zurigo e Francoforte siano interessati, il che renderà la gara costosa;
  • evviva il mezzo nazionalismo dei vari Villarosa etc, ma una volta spesi questi soldi (che si potevano spendere diversamente….) che ce ne facciamo di Borsa Italiana?

Perchè se nei ruggenti anni ottanta si parlava della possibilità di raggiungere le mille società quotate, crisi economiche, capacità gestionali scarse, normative confuse ed una ostilità alla raccolta diretta dei capitali hanno ridotto Borsa Italiana ad una “Borsa Interrotta”, , cioè ad un tentativo non riuscito. Se compriamo Borsa Italiana per favorire un pugno di operatori marginali e poter dire che “Abbiamo una borsa”, come una volta “Abbiamo una banca”, allora sarebbe meglio investire questi soldi in ILVA e si salverebbero più posti di lavoro. L’alternativa sarebbe uno programma di sviluppo serio del mercato dei capitali, ma per ora non ce n’è traccia. Quindi stiamo assistendo all’ennesima occasione sprecata, e ad altri soldi per aiutare gli amici degli amici degli amici…


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