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Lo scandalo Stanford e la decadenza del mondo accademico americano

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Un grande scandalo colpisce una delle principali istituzioni accademiche americane e mostra la decadenza dello studio universitario oltre oceano.

Il presidente dell’Università di Stanford, Marc Tessier-Lavigne, si dimetterà  in seguito a dubbi sull’integrità delle sue ricerche. In una letterà ha annunciato che lascerà la sua carica il 31 agosto, il tutto perché è stata messa in dubbio la correttezza  scientifica di numerosi suoi studi pubblicati. 

Tessier-Lavigne ha dichiarato di volersi dimettere perché si aspettava un continuo dibattito sulla sua capacità di guidare l’università.

“Non ho mai presentato un articolo scientifico senza essere fermamente convinto che i dati fossero corretti e accuratamente presentati”, ha dichiarato in un comunicato. Ma ha aggiunto che avrebbe dovuto essere più diligente nel cercare correzioni al suo lavoro.

L’annuncio arriva dopo che il consiglio di amministrazione della storica istituzione, che si trova nel cuore della Silicon Valley ed è spesso definita “l’Ivy della West Coast”, ha avviato alla fine dell’anno scorso una revisione delle accuse di frode e di cattiva condotta etica relative ai documenti di cui Tessier-Lavigne era autore o coautore.

La revisione ha interessato 12 articoli scientifici a cui Tessier-Lavigne aveva lavorato, cinque dei quali come autore principale.

Le accuse di cattiva condotta sul lavoro sono state diffuse per la prima volta su PubPeer, un sito web in cui i membri della comunità scientifica possono discutere i documenti di ricerca, si legge nel rapporto finale della commissione. Le contestazioni sono particolarmente gravi perché interessano il settore della biologia e della medicina.

La commissione ha scagionato il ricercatore dall’accusa più grave,  relativa ad un articolo del 2009 su un modello di neurodegenerazione pubblicato sulla rivista scientifica Nature e che avrebbe potuto influire sulle ricerche sull’Alzheimer.

La commissione ha stabilito che non vi era frode, ma ha anche concluso che il documento presentava molteplici problemi, tra cui una mancanza di rigore nel suo sviluppo e che la ricerca che ha portato al documento e alla sua presentazione conteneva “vari errori e carenze”. La commissione non ha trovato prove che Tessier-Lavigne fosse consapevole della mancanza di serietà dello scritto.

Sebbene il rapporto abbia scagionato Tessier-Lavigne dall’accusa di cattiva condotta nella ricerca, Thorp ha detto che in ultima analisi il capo è responsabile di ciò che accade in laboratorio e non dovrebbe essere distratto dal fare altri lavori. La ricerca è un lavoro di team, ma la scarsa serietà dei controlli viene a inficiare il lavoro di tutti, soprattutto da chi presenta la firma in prima persona.

Secondo il rapporto finale della commissione, Tessier-Lavigne dovrà ritrattare tre dei cinque articoli di cui era l’autore principale e apportare pesanti correzioni agli altri due. Se volete approfondire l’errore di Tessier-Lavigne seguite questo video.

Tessier-Lavigne è stato presidente dell’università per quasi sette anni. Rimarrà in facoltà come professore di biologia e continuerà la sua ricerca sullo sviluppo del cervello e la neurodegenerazione. Nel 2021 ha percepito 1,5 milioni di dollari di compenso.  Tessier-Lavigne è stato fondamentale per la creazione della prima nuova scuola dell’università in 70 anni, la Stanford Doerr School of Sustainability, e nel 2019 ha presentato un piano strategico a lungo termine che continuerà a guidare la crescita dell’università.

Questo caso è quasi contemporaneo a quello della Professoressa Francesca Gino di Harvard, scienziata comportamentale, il cui lavoro è risultato talmente inficiato da frodi sui dati scientifici da costringere l’università a richiamare lo studio. Un’ulteriore dimostrazione di quanto sovente sia la frode in questo tipo di studi che, nel caso specifico, ironicamente, era proprio sul tema della frode.

Questa non è che la punta dell’iceberg della decadenza del mondo accademico e dell’istruzione superiore USA. La crisi è talmente profonda che c’è una vera e propria fuga dall’istruzione accademica.

La maggioranza degli americani non pensa che una laurea valga il costo”, ha scritto il giornalista del Wall Street Journal Douglas Belkin a fine marzo, basandosi sul un sondaggio condotto dal NORC su 1000 cittadini americani.

Peggio ancora per i college, la percentuale di americani con valutazioni sfavorevoli del valore di una laurea è aumentata costantemente e piuttosto considerevolmente nell’ultimo decennio e probabilmente più a lungo. Già 10 anni fa un preoccupante 40% pensava che i college “non valessero il costo perché le persone spesso si laureano senza competenze lavorative specifiche e con una grande quantità di debiti da saldare”. Ora quella percentuale è salita al 56%, cioè la maggioranza.

Questo crollo  dell’interesse degli studenti è legato ad un crollo della qualità percepia tdell’insegnamento: come sottolinea un recente saggio su Forbes, tre quarti delle 335 università statunitensi nella Top 2.000 globale hanno visto diminuire la propria posizione in classifica. A livello internazionale la loro qualità è percepita come in calo. Questo significa minori studenti stranieri, quindi meno fondi per istituzioni che sono finanziate intenazionalmente. Il risultato indiretto è una spinta per i docenti a pubblicare il più possibile, per ricostruire la notorietà dell’università, e questo viene ad andare a scapito della qualità della produzione scientifica e della profondità della revisione.

Il fatto che gli studenti siano “Clienti” poi porta ad un eccesso di peso del loro giudizio rispetto a quello dei docenti. Se sei un cliente e non uno studente non ti posso bocciare, ma se non ti boccio la qualità dell’insegnamento decade, e quindi della ricerca e dell’insegnamento futuro. Un circolo vizioso che conduce agli studenti dei college che non sanno collocare un paese su un mappamondo. Nello stesso tempo se perdo autorevolezza nella preparazione allora attrarrò meno “Clienti”, cioè studenti, perché il superficiale insegnamento sarà percepito come inutile, non attraendo gli “Studenti clienti” e portando l’istituzione alla crisi.

La crisi quindi sembra irreversibile, salvo un cambio di paradigma che, per ora, non si vede.

 

 

 

 


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