Attualità
Lo cerco l’intellettuale, lo cerco e non si trova, chissà dove sarà! Gli intellettuali italiani nell’epoca del Governo grillo-leghista di Massimiliano Lenzi.
Lo cerco l’intellettuale, lo cerco e non si trova, chissà dove sarà! Gli intellettuali italiani nell’epoca del Governo grillo-leghista sembrano aver fatto la fine della Titina, cercata per una canzone intera dalla nostra musica popolare (“La vo’ cercando tutto il giorno / l’annuncio ho messo sul giornal / mi par vedere sempre intorno / quel bel visino celestial”). Insomma, non si sentono. Gli intellettuali.
Un silenzio che sta preoccupando molto, al punto che ieri uno dei principali quotidiani spagnoli, “El País”, in prima pagina titolava: “Los intelectuales italianos, perdidos ante el populismo”. Aridaje con questo populismo. Il fatto è che persino per “El País” gli intellettuali italiani hanno perso la loro influenza e la loro voce in questa epoca di Governo Di Maio – Salvini.
Il clima politico sconcerterebbe le principali figure della nostra cultura. Ma non sarà che più che al clima si dovrebbe guardare alla sostanza. Agli Alberto Moravia, ai Pier Paolo Pasolini, agli Italo Calvino – solo per citare alcuni intellettuali impegnati del nostro Novecento che fu – non è mai mancata la forza dello scandalo, nel senso culturale del termine. Ovvero l’andare contro, se necessario, il pensiero dominante, quello delle élite e non dei partiti votati dagli italiani, magari pure contro l’egemonia dei rapporti di forza economici. Erano a loro modo, soprattutto Pasolini, critici verso il Potere con la P maiuscola.
Ecco, oggi andare contro per gli intellettuali italiani risulterebbe difficile visto che la maggior parte di loro scrive ed editorialeggia su giornali che sono, anch’essi, contro il Governo Lega – 5 Stelle (ieri i titoli sulla manovra – che pure ha i suoi limiti – varata dal Governo erano un coro di critiche). Due partiti, i 5 Stelle e la Lega, a cui – da quando stanno insieme – gli intellettuali e i media non hanno mai fatto sconti.
Ai 5 Stelle pure meno, basti rammentare come è stata accolta la Virginia Raggi, sindaca di Roma, sin dal suo insediarsi in Campidoglio dalla maggior parte dei giornali e pure degli intellettuali. E siccome ogni conformismo è una sorta di unanimismo, ecco allora che la malinconia degli amici spagnoli rispetto agli intellettuali italiani silenti davanti al populismo, assomiglia piuttosto ad una saudade del conformismo che fu, magari di quei bei girotondi quando Silvio Berlusconi era al Potere e per questo era considerato, pure lui, un populista.
Nel secolo scorso Alberto Asor Rosa, intellettuale, scrisse un libro di un certo successo, a cominciare dal titolo: “Scrittori e popolo”. Ecco, il fatto è che oggi in Italia siamo rimasti (quasi) senza scrittori. Il popolo quello per fortuna c’è ancora e si illude di poter scegliere ciò che vuole. Magari sbagliando. Che discolo, questo popolo! Un andazzo che alle nostre élite ed alla maggioranza degli intellettuali italiani di questi ultimi 25 anni, dalla discesa in politica di Silvio Berlusconi – correva l’anno 1994 – all’avvento del Governo grillo-leghista non è mai andato a genio (persino la rottamazione del Matteo Renzi prima maniera era vissuta con un certo fastidio). Anni fa lo scrittore Leo Longanesi riassumeva così la figura dell’intellettuale, “è un signore che fa rilegare i libri che non ha letto”. E che magari – aggiungiamo noi – chiama populista ciò che non gli garba. O non comprende. Difficile spiegarlo agli amici spagnoli. Anzi, no: “Se llama rosicamento”. Si chiama rosicamento.
Massimiliano Lenzi, Il Tempo, 24.12.18
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