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L’ISLAM INDUCE AL TERRORISMO?

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I giornalisti fanno spesso una dolorosa esperienza. Dicono qualcosa di banale – per esempio che secondo Machiavelli “il fine giustifica i mezzi” – e subito salta fuori il lettore che li avverte che no, Machiavelli non ha mai scritto quelle parole. Perfino riguardo a dati da Scuola Media (“Qual è la capitale dell’Olanda?”) si rischiano cattive figure. Anzi, se ne fa già una parlando della stessa Olanda, dal momento che essa non corrisponde ai Paesi Bassi. Bisogna tenere sempre una buona enciclopedia a portata di mano, e consultarla, oppure rassegnarsi a passare per imbecilli.

Esiste però una terza soluzione. Invece di atteggiarsi ad insegnanti, ci si può porre nella condizione di discenti: “Chi sa rispondere a questa mia domanda?” Così la cattiva figura la rischiano i lettori.

Oggi un opinionista (Martin Sherman, www.martinsherman.org), scrive un lungo articolo osservando che sulla Terra un abitante su sei è musulmano, e continua: se la religione islamica non avesse nessun rapporto col terrorismo, dovremmo avere cinque volte più terroristi non musulmani che musulmani. Invece il rischio è che le percentuali stiano al contrario. Dunque la conclusione di Sherman è che se il terrorismo è l’inondazione, la religione islamica è la pioggia che la provoca. E non è detto che abbia torto.

Ma non è neanche detto che abbia ragione. Se due fenomeni vanno insieme, ciò non prova che l’uno sia causa dell’altro. A volte interpretare i dati di cui si dispone può essere difficile. Nel 1936 bisognava eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti e il Literary Digest, interrogati 2.300.000(!) elettori, predisse che senza alcun dubbio avrebbe vinto Alfred M.Landon. George Gallup invece intervistò soltanto cinquantamila elettori e indicò come vincitore Franklin Delano Roosevelt. La cattiva figura del Literary Digest è rimasta indimenticabile. Era soltanto avvenuto che i suoi incaricati avevano fatto le interviste per telefono e avevano avuto non l’opinione degli americani, ma l’opinione degli americani che possedevano un telefono Per quei tempi fra i più abbienti. Gallup invece aveva intelligentemente scelto un campione rappresentativo di tutti gli elettori.

È un fatto che i terroristi musulmani sono molto più numerosi dei non musulmani, ma da che cosa dipende? La religione è un’ipotesi: ce ne sono altre?

Dal momento che la maggior parte dei Paesi maomettani sono nella fascia calda del mondo, si potrebbe pensare che il clima induca quelle popolazioni ad un maggiore fanatismo. Ma poi si pensa alle sterminate folle indiane e l’ipotesi cade. Qualcuno ha notato che, anche in Europa, la maggior parte delle rivoluzioni ha luogo in estate: ma, se la presa della Bastiglia s’è avuta in luglio, la Rivoluzione d’Ottobre si è avuta nel novembre di San Pietroburgo.

Una seconda ipotesi è di natura politica. La maggior parte dei popoli musulmani ha una secolare e ininterrotta tradizione di tirannide. Il sovrano ha diritto di vita e di morte sui suoi sudditi e non si fa scrupolo di esercitarla. Lo stesso comando del Profeta ha connotati di indiscutibilità e di violenza. Ma ciò non basta. In Occidente la monarchia assoluta è stata per molti secoli l’unica forma di sovranità e tuttavia i sovrani hanno cercato di apparire giusti, moderati e clementi. Montesquieu – non certo il più sciocco dei maestri – ha posto a fondamento della monarchia non il timore – come per la tirannia – ma il sentimento dell’onore. E comunque i cinesi non hanno mai avuto una democrazia (non l’hanno nemmeno oggi) e non si può dire che ci siano molti terroristi cinesi.

Forse bisogna pensare ad una causa semplicemente sociologica. La caratteristica di molti Paesi musulmani è un livello culturale estremamente basso. Si pensi a Paesi come l’Afghanistan o la Nigeria. Tempo fa una statistica rivelava che, ogni anno, il numero dei libri tradotti in arabo era equivalente a quello dei libri tradotti in greco. Se vero, il fatto significava che la piccola Grecia si informava sui progressi del mondo quanto tutti i Paesi di lingua araba messi insieme. Viceversa nei Paesi scandinavi, in cui l’analfabetismo è un ricordo molto lontano, non si è mai avuto terrorismo. Il caso del norvegese Breivik, che da solo sterminò circa settanta giovani innocenti, rimane isolato. La follia individuale non conosce frontiere ed è imparabile. Anche a riconoscere che la stessa Europa, quando è stata arretrata, ha conosciuto l’oscurantismo, la violenza e le guerre di religione, va detto che ciò risale a tempi ormai lontani.

L’ipotesi “culturale” troverebbe una conferma nello stesso mondo musulmano. Dove essa è comparativamente più alta, come in Tunisia, Egitto e Marocco, il terrorismo è praticamente assente e si reputano barbari costumi come il taglio della mano per i ladri, la lapidazione delle adultere e le punizioni corporali. Dove è più bassa, come in Afghanistan, il fanatismo è massimo.

Il terrorismo potrebbe derivare da un’arretratezza medievale condita dalla frustrazione nascente dal confronto con gli infedeli. Una frustrazione che viene rimossa col rifiuto della civiltà laica e ipercompensata con la supposta superiorità della religione musulmana. Sindrome di cui alcuni non guariscono nemmeno andando a vivere in Paesi sviluppati.

Gianni Pardo, [email protected]

13 gennaio 2015


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