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L’Iraq chiude i rubinetti del gas iraniano: tra pressione USA e scommessa sull’autosufficienza
L’Iraq sospende l’import di gas iraniano perdendo 4GW di potenza: una mossa politica spinta dagli USA e supportata dai nuovi investimenti di BP e TotalEnergies per l’autosufficienza energetica.

Martedì scorso l’Iraq ha annunciato la sospensione completa delle importazioni di gas naturale dall’Iran. Una mossa che, secondo il Ministero dell’Elettricità, ha cancellato istantaneamente tra i 4.000 e i 4.500 megawatt dalla rete elettrica nazionale. In termini pratici, tuttavia, non è altro che l’ultimo passo di un processo che era già ampiamente in corso, una sorta di “divorzio annunciato” tra Baghdad e Teheran, anche se qualche fornitura di gas potrebbe essere rispresa nel prossimo futuro.
Un addio preparato nel tempo
I funzionari iracheni hanno trascorso l’ultimo anno a dichiarare vittoria sulle importazioni di carburante, interrompendo prima le spedizioni di benzina, diesel e cherosene, mentre promuovevano una narrazione più ampia di autosufficienza energetica. Il gas restava l’ultimo pezzo del puzzle, e senza dubbio il più politicamente sensibile.
Le forniture iraniane coprivano circa il 30-40% del fabbisogno di generazione elettrica dell’Iraq. Tuttavia, è bene notare che questi volumi erano già in diminuzione per una serie di fattori concomitanti:
Dispute sui pagamenti tra i due paesi.
La costante pressione delle sanzioni statunitensi.
Le carenze interne dello stesso Iran, che faticava a garantire l’export.
Dunque, la “sospensione completa” non è il taglio improvviso che appare sui titoli di giornale. Baghdad sta semplicemente compiendo il passo logico successivo nella rottura con l’Iran, formalizzando una situazione fatta di riduzioni parziali e flussi inaffidabili.
La geopolitica dietro la presa elettrica
Washington spinge da tempo l’Iraq a sciogliere la sua dipendenza da Teheran, e Baghdad si è mostrata ansiosa di dimostrare conformità senza però innescare una crisi elettrica totale. Il piano di riserva? Bruciare combustibili alternativi prodotti localmente. Non è una soluzione nuova, né tantomeno ideale: mantiene le luci accese a un costo più elevato e con maggiore stress per le infrastrutture, ma, cosa fondamentale in Medio Oriente, compra spazio di manovra politico.
I grandi player occidentali entrano in gioco
L’aspetto più rilevante di questo annuncio è che si inserisce in un cambiamento strategico molto più ampio. I progetti energetici sostenuti dall’Occidente stanno finalmente passando dalla carta alla produzione, segnando un ritorno dell’investimento infrastrutturale reale:
| Compagnia | Progetto / Obiettivo |
| BP | Sviluppo da 25 miliardi di dollari su cinque giacimenti a Kirkuk, ora attivo. Forte enfasi sulla cattura del gas associato che altrimenti verrebbe bruciato (flaring). |
| TotalEnergies | Progetto integrato multimiliardario nel sud dell’Iraq, progettato per alimentare direttamente le centrali elettriche, escludendo l’Iran dal circuito. |
Nulla di tutto ciò significa che l’Iraq abbia risolto definitivamente il suo problema energetico. La domanda estiva continua a superare di gran lunga la capacità installata del paese e la cattura del gas richiede tempo e tecnologia. Tuttavia, Baghdad vuole inviare il messaggio appropriato a Washington, a Teheran e agli investitori internazionali: il gas iraniano non è più un pilastro del suo sistema energetico. Se la rete potrà tollerare questa ambizione è il vero test che attende il governo iracheno nei prossimi mesi.
Domande e risposte
Perché l’Iraq ha sospeso le importazioni di gas dall’Iran proprio ora?
La decisione non è improvvisa, ma il culmine di un processo graduale. Baghdad subisce forti pressioni da Washington per ridurre la dipendenza da Teheran e rispettare le sanzioni. Inoltre, i flussi iraniani erano già inaffidabili a causa di dispute sui pagamenti e carenze interne in Iran. L’annuncio serve a formalizzare l’indipendenza energetica e a inviare un segnale politico forte agli investitori occidentali e agli Stati Uniti, dimostrando che il paese può reggersi, seppur con difficoltà, sulle proprie gambe.
Ci saranno blackout in Iraq a seguito di questa decisione?
Nell’immediato, la rete ha perso circa 4.500 megawatt, il che crea inevitabilmente stress al sistema. Tuttavia, l’Iraq ha attivato un piano di riserva che prevede l’utilizzo di combustibili alternativi prodotti localmente (come olio combustibile o diesel) per alimentare le centrali. Questa soluzione è più costosa e logora le infrastrutture, ma permette di “tenere le luci accese” evitando il collasso totale. Il vero test sarà l’estate, quando la domanda di energia per il condizionamento raggiungerà il picco, superando l’attuale capacità.
Qual è il ruolo delle compagnie occidentali in questo scenario?
Le compagnie occidentali sono fondamentali per la strategia a lungo termine dell’Iraq. BP ha attivato un progetto da 25 miliardi di dollari a Kirkuk per catturare il gas associato (che prima veniva sprecato), mentre TotalEnergies sta sviluppando un progetto integrato nel sud del paese. L’obiettivo è sostituire il gas iraniano con risorse interne sviluppate grazie alla tecnologia e ai capitali occidentali. Questo segna un ritorno alla “economia reale” e alle infrastrutture, riducendo la leva politica dell’Iran sull’economia irachena.







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