Energia

L’Iran fa mezzo passo indietro sul nucleare: accordo al Cairo per le ispezioni. Basterà a evitare le sanzioni?

L’Iran e l’Agenzia Atomica firmano al Cairo un’intesa tecnica per la ripresa delle ispezioni. Una mossa per allentare la tensione dopo la guerra di giugno e scongiurare lo “snapback” delle sanzioni ONU, mentre l’Occidente chiede chiarezza sui 440 kg di uranio arricchito.

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Un timido spiraglio si apre nel complesso dossier nucleare iraniano. Al Cairo, sotto l’egida di una diplomazia egiziana che riscopre un ruolo da mediatore regionale, l’Iran e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) hanno siglato un accordo.

Non è la pace, non è la soluzione definitiva, ma un’intesa “tecnica” per spianare la strada alla ripresa delle ispezioni internazionali sui siti nucleari della Repubblica Islamica. Il direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi, l’ha definito “un passo nella giusta direzione”, una frase diplomatica che tradisce tanto la speranza quanto la cautela.

La firma, avvenuta martedì 9 settembre, arriva in un momento di tensione quasi palpabile. Bisogna ricordare il contesto: a giugno, una guerra di 12 giorni tra Israele (supportato dagli USA) e l’Iran ha visto il bombardamento di importanti siti nucleari iraniani. La reazione di Teheran non si è fatta attendere: il 2 luglio, il neopresidente Masoud Pezeshkian ha firmato una legge che sospendeva di fatto ogni forma di cooperazione con l’organismo di vigilanza dell’ONU. Da allora, l’unico sito ispezionato è stata la centrale di Bushehr, peraltro gestita con tecnologia russa. L’AIEA, in sostanza, navigava al buio, con una preoccupazione crescente per le sorti di uno stock di uranio arricchito che si fa sempre più consistente.

L’accordo del Cairo, quindi, è un tentativo di riaccendere la luce, anche se limitata dal controllo iraniano. Ma, come in ogni buon bazar mediorientale, il prezzo e le condizioni sono tutto. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, è stato chiarissimo: l’intesa risponde alle “preoccupazioni e sfide di sicurezza” del suo paese, ma ha avvertito che qualsiasi “atto ostile”, inclusa la reintroduzione delle sanzioni ONU, la renderebbe carta straccia. Un avvertimento neanche troppo velato all’Occidente.

Operai iraniani impiegati a un impianto di arricchimento dell’uranio

Questo cerca di limitare le azioni internazionali contro Teheran: il meccanismo di “snapback“. Il 28 agosto, Francia, Germania e Regno Unito, i cosiddetti E3, hanno attivato la procedura prevista dall’accordo sul nucleare del 2015 (il JCPOA, ormai fantasma di se stesso) per reintrodurre automaticamente le sanzioni internazionali contro l’Iran. Si tratta di un orologio che ticchetta: ci sono 30 giorni per trovare una soluzione diplomatica, altrimenti le sanzioni scatteranno senza possibilità di veto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

L’Europa, da parte sua, ha messo sul tavolo le sue condizioni per fermare il conto alla rovescia, che suonano più come un ultimatum che come un invito:

  • Ripresa dei negoziati diretti tra Iran e Stati Uniti sul programma nucleare.
  • Pieno e incondizionato accesso degli ispettori AIEA a tutti i siti nucleari.
  • Una rendicontazione chiara e verificabile degli oltre 400 kg di uranio altamente arricchito che l’Iran avrebbe accumulato.

Il cuore del problema, infatti, è proprio questo materiale. Secondo un report confidenziale dell’AIEA datato 13 giugno, Teheran possedeva 440,9 kg di uranio arricchito al 60%. Sebbene non sia ancora al 90% necessario per un’arma (“weapon grade”), secondo i calcoli dell’agenzia sarebbe sufficiente per produrre circa 10 ordigni nucleari, una volta completato il processo. Dall’inizio della guerra di giugno, l’AIEA non ha più potuto verificare né la quantità né la localizzazione di questo materiale, una situazione definita “motivo di seria preoccupazione”.

L’accordo del Cairo è quindi una mossa tattica di Teheran per guadagnare tempo e alleggerire la pressione? O un sincero, seppur cauto, tentativo di de-escalation? La reazione dell’UE, tramite l’Alto Rappresentante Kaja Kallas, è di cauto ottimismo, subordinato a una “rapida implementazione” da parte iraniana. La verità è che ci troviamo su un crinale sottilissimo: da un lato la via della diplomazia, dall’altro la spirale di sanzioni e conflitti. Il Cairo ha offerto una via d’uscita; resta da vedere se Teheran e l’Occidente avranno la volontà politica di percorrerla prima che il tempo scada.

Centrale nucleare di Busher

Domande e Risposte

1) Qual è il nocciolo dell’accordo siglato al Cairo tra Iran e AIEA?

Il nocciolo dell’accordo è di natura prettamente tecnica e procedurale. Non risolve le questioni politiche di fondo, ma stabilisce un quadro di riferimento per riprendere la cooperazione tra l’Iran e l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. L’obiettivo primario è consentire il ritorno degli ispettori AIEA nei siti nucleari iraniani, un’attività interrotta dopo il conflitto di giugno. Funziona come un primo passo per ricostruire un minimo di fiducia e trasparenza, essenziale per affrontare le questioni più complesse relative allo stock di uranio arricchito e alle ambizioni nucleari di Teheran.

2) Perché questo accordo è così importante in questo preciso momento storico?

L’importanza dell’accordo è legata a una duplice urgenza. Primo, arriva dopo mesi di “blackout” informativo per l’AIEA, che non poteva verificare il programma nucleare iraniano in seguito alla guerra di giugno, aumentando i timori di una corsa segreta verso l’atomica. Secondo, funge da potenziale ancora di salvezza diplomatica di fronte all’imminente scadenza del meccanismo di “snapback” delle sanzioni ONU, attivato dalle potenze europee. Senza un segnale di distensione come questo, la reintroduzione automatica delle sanzioni sarebbe quasi certa, con conseguenze economiche e geopolitiche imprevedibili.

3) Quali potrebbero essere le conseguenze concrete di questo accordo, sia positive che negative?

In caso di successo, le conseguenze positive sarebbero significative: la de-escalation della tensione in Medio Oriente, la sospensione del meccanismo di “snapback” e la riapertura di un canale negoziale tra Iran e Occidente. Ciò potrebbe stabilizzare i mercati energetici e ridurre il rischio di un conflitto allargato. Lo scenario negativo, invece, è che l’accordo si riveli una tattica dilatoria da parte di Teheran per guadagnare tempo. Se l’Iran non dovesse rispettare pienamente gli impegni, la fiducia residua verrebbe erosa, rendendo le sanzioni e un’eventuale azione militare opzioni molto più probabili.

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