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Economia

L’Inevitabile Crisi della Commissione Von der Leyen

Per i veti incrociati sui nomi dei vicepresidente la Commissione Von der Leyen rischia di tornare a casa. Si farà avanti qualcun altro?

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Ursula von der Leyen

Nel cuore dell’Europa istituzionale, a due settimane dall’attesa incoronazione della nuova Commissione von der Leyen, un terremoto politico minaccia di far crollare l’intero edificio costruito con tanta fatica. Quello che stiamo osservando non è semplicemente una crisi politica contingente, ma il risultato inevitabile di un’alleanza che sin dall’inizio portava in sé i semi della propria dissoluzione.

Il tentativo di mettere “Tutti dentro” per costruire una maggioranza che potesse digerire il precedente, e francamente fallimentare, presidente precedente pare che non abbia successo, e i nodi stanno venendo potentemente al pettine

Le Radici Storiche della Crisi

L’Innaturale Convergenza del 2019

L’ascesa di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea nel 2019 fu il risultato di un compromesso politico senza precedenti. L’alleanza tra Popolari, Socialisti e Liberali – la cosiddetta “maggioranza Ursula” – rappresentava più una manovra difensiva contro l’ascesa dei movimenti sovranisti che una vera convergenza programmatica. Questa coalizione eterogenea univa forze politiche che, nei rispettivi contesti nazionali, erano (e sono) acerrimi rivali.

Questa coalizione poi si appoggiava al sostegno esterno, implicito, dei verdi, verso cui, per motivi francamente incomprensibili, la maggioranza sentiva una sorta di inferiorità morale. O semplicemente nel momento clou di Greta Thunberg i liberali francesi, i macroniani, pensavano di guadagnare punti sottomettendosi ai dettami Green, anche quelli più folli che hanno dettato la “Direttiva casa” o  quella sulla decarbonizzazione del settore auto.

Povera Von Der Leyen (AI created)

Le Contraddizioni Strutturali

La natura problematica di questa alleanza emerge con particolare evidenza se si analizzano le dinamiche politiche nei tre principali paesi dell’Unione:

Italia

  • Il Partito Democratico (socialisti) e Forza Italia (popolari) hanno visioni radicalmente diverse su questioni cruciali come l’economia e l’immigrazione
  • La crescente influenza di Fratelli d’Italia ha ulteriormente polarizzato il quadro politico

Francia

  • La tensione tra i Républicains (popolari) e il Partito Socialista riflette una divisione storica della società francese
  • L’emergere di Macron ha complicato ulteriormente gli equilibri, creando un terzo polo che ha destabilizzato le alleanze tradizionali
  • LFI e il complesso del NFP hanno definitivamente rotto l’accordo Liberali-Sinistra

Spagna

  • Il PSOE di Sánchez e il Partido Popular sono su posizioni diametralmente opposte su questioni fondamentali
  • La gestione delle autonomie regionali e le politiche economiche rappresentano punti di frattura insanabili

Una delle aule minori del Parlamento Europeo Bruzeelles

L’Attuale Crisi: Un Esito Prevedibile

Lo Stallo sui Vice-Presidenti

L’attuale impasse sulla nomina dei vice-presidenti della Commissione, con il veto incrociato su Raffaele Fitto e Teresa Ribera, non è che la manifestazione più recente di contraddizioni più profonde. I socialisti rifiutano categoricamente Fitto, mentre i popolari contestano Ribera, in un gioco di specchi che riflette le tensioni nazionali a livello europeo.

Il Ruolo delle Elezioni Nazionali

La situazione è ulteriormente complicata dalle imminenti elezioni in Germania, dove:

  • La CDU/CSU è data per favorita
  • L’SPD rischia di essere superata dall’estrema destra di AfD
  • Il PPE di Weber deve gestire delicati equilibri tra centro e destra,
  • Alla fine, qualsiasi sarà il risultato elettorale, l’unico governo possibile sarà una Grosse Koalitione a guida CDU, e questo per il rifiuto di accordi con AfD. m

Le Conseguenze della Polarizzazione

La crescente polarizzazione del panorama politico europeo ha reso sempre più difficile mantenere in vita coalizioni basate su compromessi pragmatici. L’emergere di forze politiche più radicali ha spinto i partiti tradizionali verso posizioni più nette e meno concilianti.

Una crisi che mette in dubbio la Von Der Leyen, finalmente

In quello che doveva essere il momento del trionfo, Ursula von der Leyen si trova improvvisamente a fronteggiare la più grave crisi del suo mandato. A sole due settimane dalla prevista incoronazione della sua nuova Commissione, l’intero edificio rischia di crollare, vittima di uno stallo politico che sta assumendo contorni sempre più drammatici. Il rischio/opportunità è di dover ripartire da zero

La presidente von der Leyen ha tentato una mediazione disperata, organizzando un incontro con i leader dei tre principali gruppi politici: Manfred Weber, Iratxe Garcia Perez e Valerie Hayer. Un tentativo che si è rivelato infruttuoso. La proposta di votare contestualmente tutti e sei i candidati vicepresidenti è naufragata tra reciproche accuse e veti incrociati. Alla fine questa maggioranza, così come è, sembra essere vicina al capolinea. 

I due grandi ostacoli sono la socialista Teresa Ribera, socialista, vista come estremista, e scelta in un momento in cui proprio i Socialisti sono visti come i responsabili delle distruzioni alluvionali in Spagna, proprio per le proprie politiche ambientaliste. Il PP spagnolo non può permettersi la sua nomina. In modo minore è nato il problema Raffaele Fitto, perché ECR non è parte della maggioranza, e quindi i Socialisti (compreso l’Italiano PD) non lo vogliono votare, ma il candidato commissario ha fatto un discorso tecnico, per cui l’ostilità non ha nulla a che fare con il commissario stesso. Comunque ora è tutto bloccato per i veti reciproci.

Ci sono alternative? Magari si, ad esempio si potrebbe puntare a una maggioranza ristretta PPE Renew e ECR con l’astensione dei “Patrioti” e del neogruppo con AFD. Si può puntare su una Commissione più tecnica che cerchi la maggioranza volta per volta. Tutte soluzioni però imporobabili con la Von Der Leyen.

Attesa per il “Cavaliere Bianco”

L’evocazione del nome di Mario Draghi come possibile soluzione alla crisi è significativa. Rappresenta la ricerca di una figura tecnocratica che possa trascendere le divisioni politiche, ma anche il riconoscimento implicito del fallimento di un progetto politico basato su alleanze contro natura.

Il nome di Draghi ormai sembra richiamato in qualsiasi situazione negativa, come se fosse un nume salvifico: “Piove poco” “Chiamiamo Draghi”. “Piove troppo” “Chiamiamo Draghi”, “Abbiamo distrutto l’economia della UE” “Chiamiamo Draghi” “Ma era presidente della BCE, ha contribuito al disastro” “Eh, ma è stato sfortunato”. Ovviamente nessuno chiede agli italiani quanto veramene sia stato efficace il suo governo tecnico, ma, alla fine, i cittadini europei sono solo passeggeri di un continente guidato da altri.

Riuscirebbe Draghi dove la Von Der Leyen sta fallendo? Avrebbe sicuramente il fascino dell'”Ultima spiaggia”, quindi magari potrebbe ottenere qualche risultato in più derivante dalla disperazione. Però dopo “L’ultima spiaggia” c’è il mare libero e vasto, quello che molti ueopei ormai capiscono essere il vero destino.


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