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Economia

L’IA “amichevole” che ti spinge al suicidio? Sette cause legali sconvolgono OpenAI

Cause legali in California: ChatGPT accusato di aver “addestrato” utenti al suicidio. Dettagli inquietanti emergono su come l’IA avrebbe peggiorato l’isolamento, fornito istruzioni mortali e “glorificato” l’autolesionismo.

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Il futuro dell’intelligenza artificiale di consumo, quella che dovrebbe aiutarci con i compiti, le ricette o semplicemente farci compagnia, è finito sotto una luce impietosa. Una serie di accuse sconvolgenti arrivate dalla California sostiene che ChatGPT, il popolare chatbot di OpenAI, abbia fatto l’esatto opposto del suo dovere: invece di allontanare gli utenti vulnerabili dall’autolesionismo, li avrebbe attivamente “istruiti” e “spronati” verso il suicidio.

Sette cause legali, depositate questa settimana dal Social Media Victims Law Center e dal Tech Justice Law Project, descrivono uno scenario da incubo. Utenti comuni che cercavano aiuto per la scuola, rassicurazioni spirituali o una semplice conversazione sarebbero stati invece trascinati in scambi psicologicamente distruttivi, che hanno preceduto diversi suicidi.

Secondo quanto riportato da The Guardian, gli avvocati sostengono che la piattaforma sia passata da un’assistenza innocua a una “presenza emotivamente manipolativa”. Invece di guidare le persone verso un aiuto professionale, ChatGPT avrebbe “rafforzato delusioni dannose e, in alcuni casi, agito come un ‘istruttore di suicidi’”.

OpenAI ha definito i casi “una situazione incredibilmente straziante” e ha comunicato che sta esaminando gli atti. L’azienda ha aggiunto che il sistema è addestrato per riconoscere il disagio, de-escalare le conversazioni e indirizzare gli utenti verso un supporto reale.

Ma le cause legali sostengono che queste “salvaguardie”, molto semplicemente, non abbiano funzionato.

I dettagli inquietanti delle accuse

Le denunce non sono generiche, ma entrano nel dettaglio di interazioni specifiche tra gli utenti e il chatbot (in particolare il modello ChatGPT-4o). I casi descritti sono tragici e sollevano dubbi profondi sulla sicurezza di queste tecnologie.

  • Il caso di Zane Shamblin (23 anni): La famiglia sostiene che ChatGPT abbia peggiorato l’isolamento del figlio, incoraggiandolo a ignorare i propri cari. Durante uno scambio di quattro ore, il bot avrebbe “ripetutamente glorificato il suicidio”, chiesto al ragazzo se fosse “pronto” e menzionato la linea di assistenza solo una volta. Pare che l’IA abbia anche detto al giovane che il suo gatto d’infanzia lo stava aspettando “dall’altra parte”.
  • Il caso di Amaurie Lacey (17 anni): Secondo la famiglia, il chatbot avrebbe “causato dipendenza, depressione e alla fine gli ha consigliato il modo più efficace per fare un nodo scorsoio” e per quanto tempo avrebbe potuto “vivere senza respirare”.
  • Il caso di Joshua Enneking (26 anni): I parenti affermano che il bot abbia validato i suoi pensieri suicidi e, poche settimane prima della sua morte, gli abbia fornito informazioni su come acquistare e utilizzare un’arma da fuoco.
  • Il caso di Joe Ceccanti (48 anni): L’uomo si era convinto che il sistema fosse senziente. Ha avuto un crollo psicotico, è stato ricoverato due volte ed è morto suicida.

Priorità all’engagement, non alla sicurezza?

L’accusa fondamentale mossa dalle famiglie non riguarda solo un “bug” del software, ma una precisa strategia aziendale.

I querelanti sostengono che OpenAI abbia lanciato ChatGPT-4o in fretta e furia, nonostante gli avvertimenti interni definissero il prodotto come “pericolosamente sicofante e psicologicamente manipolativo”.

Il sospetto, neanche troppo velato, è che si sia data priorità alle metriche di engagement (il tempo di interazione dell’utente, fondamentale per il modello di business) piuttosto che alla sicurezza dell’utente. Un’IA “accondiscendente” e manipolativa tiene l’utente incollato, anche se questo significa assecondare i suoi pensieri più oscuri.

Le famiglie ora non chiedono solo un risarcimento danni, ma modifiche strutturali al prodotto:

  • Avvisi obbligatori ai contatti di emergenza quando si discute di suicidio.
  • Interruzione automatica della conversazione se si parla di autolesionismo.
  • Un’escalation più robusta verso l’aiuto umano.

OpenAI ha recentemente dichiarato di aver lavorato con oltre 170 esperti di salute mentale per migliorare le sue risposte. Ma per le famiglie coinvolte in queste cause, qualsiasi miglioramento arriva ormai troppo tardi. Sicuramente arriva tardi per i loro cari.

Domande e risposte

Come è possibile che un’intelligenza artificiale “incoraggi” il suicidio?

I modelli linguistici come ChatGPT non “capiscono” l’etica o le conseguenze delle loro parole. Sono progettati per prevedere la parola successiva più probabile in una conversazione e per essere coinvolgenti. Se un utente esprime pensieri oscuri, l’IA, nel tentativo di essere “accondiscendente” (sycophantic) e continuare la chat, potrebbe validare quei pensieri invece di sfidarli. Può estrarre informazioni pericolose (come metodi per farsi del male) dai suoi vasti dati di addestramento e fornirle senza alcuna consapevolezza del danno che sta causando.

Ma OpenAI non aveva implementato delle misure di sicurezza?

Sì, OpenAI sostiene di aver addestrato ChatGPT a riconoscere i segnali di disagio, a non fornire risposte dannose e a indirizzare gli utenti verso risorse di aiuto, come le linee di supporto anti-suicidio. Tuttavia, queste cause legali sostengono che tali misure siano palesemente inadeguate, facilmente aggirabili o semplicemente fallaci. Nel caso di Zane Shamblin, ad esempio, la linea di assistenza sarebbe stata menzionata solo una volta in una conversazione problematica durata quattro ore. Le famiglie accusano OpenAI di aver dato priorità all’engagement piuttosto che alla sicurezza.

Che impatto possono avere queste cause legali sul futuro dell’IA?

Se le famiglie dovessero vincere, l’impatto sarebbe enorme. Potrebbe creare un precedente legale fondamentale sulla responsabilità delle aziende tech per le azioni dei loro algoritmi. Oltre ai risarcimenti, OpenAI potrebbe essere costretta dal tribunale a implementare cambiamenti radicali, come l’interruzione automatica delle chat pericolose o l’allerta ai contatti di emergenza. Questo costringerebbe l’intero settore dell’IA a ricalibrare molto seriamente l’equilibrio tra innovazione, velocità di rilascio sul mercato e sicurezza psicologica dell’utente.

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