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L’EUROPA SENZA PASSATO

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Sorprendentemente, un libro sullo spiritismo insegnava che i fantasmi non sono immortali. “Vivono” un paio di secoli, al massimo tre. E infatti le apparizioni di antichi romani o di faraoni sono molto rare.

Ciò forse dipende dal fatto che, per l’individuo normale, il passato  non è una semiretta protesa nell’infinito del tempo: è, in primo luogo, il proprio passato, e poi quello dei genitori, o poco più. Come “vedere” il fantasma di un baglivo – e siamo appena nel Medio Evo – se molta gente non ne ha mai nemmeno sentito parlare?

Questa limitatezza di prospettive ha influenza sulla comprensione della realtà. Negli anni successi al 1920, gli europei non solo sapevano che cos’era un’epidemia, perché avevano vissuto la tragedia della “spagnola”, ma sapevano anche che questo fenomeno non apparteneva ad un passato lontano e quasi mitologico. Era qualcosa che poteva verificarsi da un giorno all’altro, e metterci mesi o anni, a sparire. Invece oggi, meno di cent’anni dopo, la parola “epidemia” non spaventa nessuno, perché non fa parte del passato dei contemporanei.

Il fenomeno ha conseguenze notevoli. Dal momento che l’Europa non vive una vera guerra dal 1945, è invalsa l’idea che essa sia inconcepibile, nell’epoca contemporanea e faccia parte di un passato ormai morto. Comunque va evitata ad ogni costo, perché non esiste un solo caso in  cui sia opportuno farla. Addirittura molti non riescono neppure a prendere in considerazione l’ipotesi che la guerra ce la faccia qualcun altro, costringendoci a difenderci. Se uno ne parla, si dimenano come pesci presi all’amo. “Ma chi vuoi che ci attacchi?”, “Ma è un’idea inverosimile!”, “E comunque, non si potrà intavolare un negoziato, in modo da evitarla?”

Moltissimi credono veramente che la Costituzione ci difenda contro la possibilità di essere coinvolti in una guerra. Questa non è più un’ipotesi realistica, è soltanto uno spauracchio, come l’Uomo Nero dei bambini, oppure il sogno di persone dementi e criminali che vorrebbero, sadicamente, far scorrere fiumi di sangue.

Qui si vede la differenza fra le persone che hanno studiato e quelle che sono soltanto andate a scuola. Per chi si è nutrito di storia, il passato non si ferma al nonno: comprende un numero pressoché infinito di guerre, di rivoluzioni, di carestie, di migrazioni, di massacri. Tutti gli avvenimenti cui può dar luogo la natura da un lato e la follia dell’umanità dall’altro. Quella stessa pace che oggi, per tutti, è un’ovvietà, per lui, secondo la famosa definizione, è soltanto un intervallo fra due guerre.

A tutto questo si pensa, mentre nel mondo si addensano nuvole gonfie di scontri, di lutti, di tragedie. È come se l’umanità dei Paesi sviluppati, viziata da troppi decenni di pace e prosperità, non avesse passato. E i giovani, convinti che il mondo sia nato insieme con loro, sono audaci. Mettono a rischio la loro vita con lo sport, con la velocità, con le imprese spericolate, perché nella loro mentalità nessuno è mai morto – o almeno, nessuno è mai morto fra coloro che loro frequentano, in particolare i coetanei – dunque i pericoli di cui parlano i vecchi sono soltanto la prova della loro cautelosa vigliaccheria. Nello stesso modo, in tutti i Paesi – e soprattutto nel nostro, portabandiera quando si tratta di sbagliarsi – si fa a gara per ridurre le spese militari, per lottare contro tutto ciò che potrebbe difenderci (per esempio i radar siciliani del Muos), per cercare di non rinnovare la nostra aviazione, e per aprire le porte a tutti, in modo che ci si possa anche fare la guerra dall’interno.

Purtroppo, ciò che non s’è imparato in una vita si può imparare in un giorno. Tutto il buonismo di cui trabocca il nostro irenico Paese scoppierebbe come un palloncino il giorno in cui fossimo fatti oggetto di un’aggressione sanguinosa e impressionante. Allora tutti darebbero addosso ai nostri governanti, perché non hanno preparato la nazione a difendersi. Si sprecherebbero le condanne politiche e morali; l’indignazione sarebbe la cifra unificatrice dei sentimenti del Paese; forse qualche procura, magari quella di Trani o quella di Agrigento, “aprirebbe un fascicolo”, a carico del nostro Primo Ministro o, chissà, del Presidente americano.

In quel momento, in un angolo, triste e ignorata, Cassandra non mormorerà neppure: “Ve l’avevo detto”. Perché, nella sua saggezza di profetessa, sa benissimo di aver parlato a gente priva di orecchie.

Gianni Pardo, [email protected]

15 febbraio 2015


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