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L’Europa ha più gas degli USA nei suoi visceri, ma scommettiamo che non lo estrarrà?

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I prezzi del gas alle stelle in Europa, e soprattutto le prospettive di un inverno in cui ci si potrebbe trovare in forte scarsità, dovrebbero spingere a sfruttare tutte le risorse presenti. L’Unione Europea – che non comprende più il Regno Unito – prevede di sostituire i due terzi delle importazioni di gas russo entro la fine dell’anno, anche se gli analisti avvertono che, anche nella migliore delle ipotesi, l’obiettivo non sarà raggiunto.

Nel 2021, l’UE ha importato circa 155 miliardi di metri cubi (bcm) di gas naturale dalla Russia. Sfortunatamente, le proposte di sostituzione del gas entro la fine del 2022 – che includono la diversificazione del GNL (gas naturale liquefatto), le energie rinnovabili, l’efficienza del riscaldamento, la diversificazione dei gasdotti, il biometano, i tetti solari e le pompe di calore – ammontano solo a circa 102 miliardi di metri cubi all’anno, secondo i dati di REPowerEU della Commissione europea. Mancano ancora 53 miliardi di mc!

Dove trovarli? Semplice, in teoria, estraendoli con i metodi del fracking dalle rocce di scisto europee. Secondo le stime dei tecnici, l’Europa ha più gas di scisto recuperabile degli Stati Uniti. Tuttavia, l’unica attività di fracking di rilievo è quella dell’Ucraina, che anni fa è riuscita a staccarsi dal gas russo. Ecco una mappa esplicativa

Il fracking in Europa è stato a lungo una questione controversa a causa della densità della popolazione, in gran parte. Non siamo in Nord America. I sostenitori di questa tecnica di estrazione  sostengono che il potenziale di gas di scisto in Europa è necessario ora più che mai, anche se Germania, Francia, Paesi Bassi, Scozia e Bulgaria hanno già vietato la fratturazione. Ora il dibattito è stato ravvivato da recenti iniziative nel Regno Unito.

Il nuovo Primo Ministro britannico Liz Truss ha annunciato la revoca della moratoria del 2019 sulla fratturazione del gas di scisto, nell’intento di incrementare le risorse energetiche nazionali e aiutare le famiglie e le imprese che faticano a pagare le bollette energetiche.

La revoca del divieto di fracking arriva solo tre anni dopo che il governo ha interrotto il suo sostegno alla fratturazione dopo che l’autorità che supervisiona l’industria del petrolio e del gas ha stabilito che “non è possibile, con la tecnologia attuale, prevedere con precisione la probabilità di scosse associate alla fratturazione”.

La Gran Bretagna possiede solo due pozzi di gas di scisto nel Lancashire, gestiti dalla Cuadrilla Resources. Francis Egan, amministratore delegato di Cuadrilla, ha accolto con favore la revoca del divieto, affermando che: “Questa è una decisione del tutto ragionevole e riconosce che la massimizzazione dell’approvvigionamento energetico nazionale del Regno Unito è fondamentale se vogliamo superare la crisi energetica in corso e ridurre il rischio che si ripeta in futuro. Senza le misure forti stabilite oggi, il Regno Unito era destinato a importare oltre due terzi del suo gas entro la fine del decennio, esponendo i cittadini e le imprese britanniche a ulteriori rischi di carenza di approvvigionamento e di aumento dei prezzi”.

Nel resto d’Europa però, almeno in passato, è andata diversamente: nel 2012, i manifestanti di Zurawlow, una città della Polonia orientale, hanno bloccato con successo un sito di fracking, mentre gli attivisti di Greenpeace hanno occupato un impianto di gas di scisto in Danimarca.

La forte opposizione dell’opinione pubblica, insieme alle preoccupazioni fiscali, ai ritardi normativi e alla scarsa produzione di una manciata di pozzi di prova, ha allontanato gli investitori. Exxon Mobil , Chevron e TotalEnergies  sono state costrette ad abbandonare i progetti in Polonia dopo che le esplorazioni si sono rivelate deludenti. Anche in Danimarca i flussi di gas sono stati scarsi e la Total ha abbandonato la perforazione di gas di scisto.

Il grande problema del fracking in Europa è che alcune delle condizioni che hanno alimentato il boom dello shale americano non esistono in Europa. Nella maggior parte dei Paesi è lo Stato, e non i proprietari terrieri privati, a detenere i diritti minerari sul petrolio e sul gas presenti nel terreno. A differenza degli Stati Uniti, dove la quota dei proprietari terrieri può arrivare fino a un ottavo dei ricavi della produzione. Questo significa, in effetti, che il fracking non produce grandi ricompense finanziarie per i proprietari terrieri europei, che quindi non li cedono, superficialmente, per lo sfruttamento. 

Eppure il gas che l’Europa importa dagli USA è estratto con questa tecnica. Sarebbe necessario una minore ipocrisia e una legislazione diversa, che interessasse le amministrazioni locali e i proprietari, per incrementare lo sfruttamento anche nella UE e riuscire a superare la crisi energetica attuale.


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