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Economia

L’Euro Digitale? Ci costerà 1,2 miliardi l’anno (e tanta privacy). Intanto le Banche Centrali fanno incetta d’oro

Mentre la BCE prepara il lancio per il 2029 e fa incetta d’oro fisico, emerge il costo nascosto per i cittadini. Il confronto con le stablecoin svela un paradosso economico.

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Dalle confessioni di Cipollone ad Atreju emerge il conto salato della valuta digitale BCE. Mentre Francoforte spinge sui bit, però, nei forzieri torna il metallo giallo. E il confronto con le stablecoin USA è impietoso.

Se c’è una cosa che i burocrati europei sanno fare meglio di chiunque altro, è vendere soluzioni costose a problemi che il mercato, forse, aveva già risolto diversamente. L’ultima conferma arriva direttamente dal palco di Atreju, dove Piero Cipollone, membro del comitato esecutivo della BCE, ha snocciolato i numeri del futuro Euro Digitale. E i numeri, per i contribuenti europei, non sono affatto incoraggianti.

Il conto della serva: chi paga l’Euro Digitale?

Cipollone è stato onesto, e di questo gli va dato atto. L’infrastruttura dell’Euro Digitale avrà un costo per l’Eurosistema di circa 1,2 miliardi di euro l’anno. Una cifra che, ci rassicurano, verrà recuperata attraverso il signoraggio.

Qui però serve una traduzione dal “bancario” all’italiano corrente per i non iniziati. Il signoraggio è l’utile che le Banche Centrali ottengono dall’emissione di moneta. Questi utili, una volta coperti i costi, vengono girati alle Banche Centrali Nazionali (come Bankitalia) e, nelk caso italiano,  da queste al Tesoro.

In sintesi: ogni euro speso dalla BCE per mantenere il carrozzone digitale è un euro in meno che finisce nelle casse dello Stato, e quindi meno servizi o più tasse per i cittadini.

Ma non finisce qui. A questo costo “pubblico” si aggiunge quello per il sistema bancario privato:

  • Una stima tra i 4 e i 6 miliardi di euro spalmati su quattro anni per l’adeguamento dei sistemi IT.

  • Cipollone minimizza, dicendo che è solo il 3,5% della spesa IT annuale delle banche, ma sappiamo bene che questi costi, alla fine, ricadono sempre sull’utente finale sotto forma di commissioni o canoni.

Il Calendario dell’Avvento (Digitale)

La tabella di marcia è serrata e burocraticamente impeccabile. Ecco le tappe fondamentali delineate ad Atreju:

PeriodoFase del Progetto
Fine 2026Completamento dell’iter legislativo europeo
Metà 2027Costruzione dell’infrastruttura operativa (“la macchina”)
Settembre 2027Fase di sperimentazione (“Pilot”)
2029Lancio effettivo dell’Euro Digitale

La giustificazione ufficiale è la “sovranità strategica”. Si vuole evitare che i pagamenti europei dipendano da pochi operatori extra-europei (leggasi: i colossi USA delle carte di credito). Un obiettivo nobile, se non fosse perseguito con la solita inefficienza pianificata.

Il paradosso: la BCE vende bit, ma compra Oro

Mentre ci spiegano che il futuro è smaterializzato, controllabile e digitale, le Banche Centrali cosa fanno? Comprano oro fisico. Tanto oro.

Tra il 2022 e il 2025, gli istituti centrali hanno acquistato 3.394 tonnellate di metallo prezioso. Le riserve auree globali hanno toccato le 36.000 tonnellate.

Perché? Perché in un mondo con 346.000 miliardi di dollari di debito globale (310% del PIL mondiale), l’unica vera ancora di salvezza contro l’inflazione e gli shock geopolitici resta il vecchio, barbaro metallo giallo. È l’ironia suprema: chi stampa moneta fiat cerca rifugio in ciò che non può stampare, mentre cerca di convincere noi a usare una valuta programmabile e tracciabile.

CBDC vs Stablecoin: il confronto impietoso con gli USA

Qui si apre il vero baratro di efficienza economica. Mentre l’Europa si imbarca in un progetto statalista costoso e potenzialmente invasivo per la privacy (le CBDC, Central Bank Digital Currencies), negli Stati Uniti si fa strada un approccio pragmatico, come quello delineato da proposte simili al Genius Act. Tra l’altro negli USA si spinge proprio verso un divieto delle CBDC, viste come una forma di potere eccessivo del pubblico.

Analizziamo le differenze:

  1. Il Modello Europeo (CBDC): La BCE costruisce un’infrastruttura pubblica costosa (€1,2 mld/anno) che drena risorse dal signoraggio (quindi dai cittadini). Crea un sistema centralizzato che pone enormi interrogativi sul controllo sociale e sulla privacy delle transazioni.

  2. Il Modello Privato (Stablecoin su titoli di Stato): Le stablecoin private, garantite da riserve in titoli di Stato a breve termine, non costano nulla alla banca centrale. Anzi, creano una domanda strutturale e costante per il debito pubblico, stabilizzandolo e tenendo bassi i rendimenti senza intervento diretto della Banca Centrale.

L’approccio americano utilizza il mercato per stabilizzare il debito pubblico; l’approccio europeo utilizza denaro pubblico per creare un doppione digitale del contante, meno anonimo e più costoso.

Come sempre preferiamo la burocrazia alla libertà

Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui l’ideologia burocratica prevale sul buon senso economico. L’Euro Digitale rischia di essere un sistema tecnicamente ridondante, economicamente inefficiente (perché riduce i dividendi per lo Stato) e pericoloso per le libertà individuali.

Mentre i rendimenti dei bond salgono e il debito morde, forse sarebbe il caso di guardare meno ai sogni di controllo digitale e più alla solidità delle riserve. O, quantomeno, di non farci pagare il conto per essere controllati meglio.


Domande e risposte

Perché si dice che l’Euro Digitale costa ai cittadini se lo paga la BCE?

Il meccanismo è indiretto ma reale. La BCE e le banche centrali nazionali generano profitti (signoraggio) che vengono in gran parte versati ai Ministeri del Tesoro dei rispettivi paesi. Se la BCE spende 1,2 miliardi l’anno per mantenere l’infrastruttura dell’Euro Digitale, quei soldi vengono sottratti all’utile distribuibile. Meno soldi al Tesoro significa, inevitabilmente, o meno servizi pubblici o la necessità di coprire il buco con altre tasse.

Qual è la differenza economica tra l’Euro Digitale e le Stablecoin private supportate da titoli di Stato?

L’Euro Digitale è una passività diretta della Banca Centrale e richiede un’infrastruttura pubblica costosa da gestire. Le stablecoin private (ben regolamentate) sono emesse da privati che, per garantire il valore, acquistano debito pubblico (titoli di Stato). Questo secondo modello non ha costi per il contribuente e, anzi, aiuta a sostenere la domanda di debito pubblico, stabilizzando i tassi di interesse in modo organico e senza interventi statali diretti.

Perché le Banche Centrali comprano oro se promuovono la valuta digitale?

È una questione di gestione del rischio (hedging). Le valute digitali (CBDC) sono pur sempre valute “fiat”, cioè basate sulla fiducia nell’emittente e non garantite da beni fisici. In un contesto di debito globale esplosivo e tensioni geopolitiche, le Banche Centrali accumulano oro perché è l’unico asset privo di rischio di controparte, che protegge il bilancio da svalutazioni e inflazione. Promuovono il digitale per i pagamenti, ma si fidano dell’oro per le riserve.

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