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Politica

L’EURO COME LA DROGA

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Secondo la teoria cartesiana, il singolo ha il diritto di reputare vere le idee che gli appaiono “chiare e distinte”. E infatti, quando sono in possesso di una di queste idee, non ho timore di contraddire chicchessia. Per converso, quando non ho precisi motivi per avere una convinzione piuttosto che un’altra, o sospendo il giudizio o ricorro ad altri criteri. Per esempio il principio d’autorità (Einstein in materia di relatività), il buon senso o addirittura la statistica: se tutti la pensano così, forse hanno ragione. È improbabile che tutta la verità del mondo si sia rannicchiata nel mio cervello, come disse qualcuno.

Un buon esempio dell’uso di questi criteri è la politica governativa riguardo alla droga. Se in origine avessero chiesto a me che linea adottare, avrei in primo luogo risposto che ciascuno ha la responsabilità di sé stesso ed ha anche il diritto di fare di sé e della propria salute ciò che vuole. Sarebbe soltanto giusto aumentare a carico del drogato o di chi ne ha la tutela i premi dell’assicurazione sanitaria. Rendendo legale la droga, si azzererebbero d’un sol colpo l’illegalità del suo traffico internazionale e i reati ad esso connessi; si ridurrebbe drasticamente il costo del prodotto e diminuirebbero i reati commessi per acquistarlo. Qualcuno obietterebbe che così lo Stato rinuncerebbe a proteggere i minori, ma la risposta sarebbe facile: parecchi di loro si drogano lo stesso e comunque il dovere di educare è dei genitori, non dello Stato.

Tutti questi begli argomenti personali vanno però ad infrangersi contro una constatazione: la stragrande maggioranza dei governi è ferocemente contro la droga. In alcuni casi si arriva addirittura alla pena di morte. Ora, se tutti i dirigenti del mondo reputano che sia giusta una politica repressiva, è segno che ci devono essere buoni motivi, probabilmente più validi di quelli da me enumerati. Lo Stato italiano è proibizionista ma proibizionisti sono tutti gli Stati, di destra e di sinistra, democratici e autoritari, teocratici e laici, sviluppati e miserabili. Le mie convinzioni nascono delle mie riflessioni, il comportamento dei governi nasce da dati che non conosco o non ho considerato, e dunque in linea di principio loro hanno ragione ed io torto.

Una situazione analoga si verifica a proposito dell’euro. Questa moneta è partita col vento in poppa ed è stata vista come la bandiera dei futuri Stati Uniti d’Europa. Poco più d’un decennio dopo è invece considerata pressoché dovunque la causa di una imminente catastrofe economica. La conseguenza è un cambiamento di atteggiamento che ha dato luogo addirittura alla nascita di partiti col programma fondamentale dell’abbandono dell’euro, ed anche dell’Unione Europea, se continua ad imporci le sue regole economiche. La gente però è incompetente. Come non era giustificato l’entusiasmo di molti (Prodi si vantava di aver “portato l’Italia in Europa”, mentre prima chissà dov’era) non è detto che sia giustificata l’ostilità attuale.

Personalmente sono stato molto ostile all’introduzione dell’euro, perché, dicevo, “non si mette il carro della moneta dinanzi ai buoi della politica”. Se i programmi economici e fiscali divergono, una moneta comune diviene un vincolo insostenibile. Ciò malgrado, anche se oggi la critica di essa è sostenuta da persone autorevoli e ragionevoli, mi ritrovo a rifare il ragionamento inverso, quello fatto per la droga. Se uscire dall’euro fosse facile e indolore, l’avrebbe fatto innanzi tutto la Grecia, che ha vissuto una sorta di tragedia nazionale, in conseguenza di quella moneta; e l’Unione Europea non si sarebbe strapazzata (anche pagando) per aiutarla a rimanere nell’eurozona. Insomma in Europa il consenso sulla necessità di mantenere l’euro a qualsiasi costo è universale. Dunque ci devono essere buone ragioni, per questo.

Naturalmente non se ne può dedurre nulla di certo. Giusto un secolo fa le maggiori potenze d’Europa furono d’accordo sulla necessità di una guerra che  si risolse in un immane ed inutile massacro. Che per giunta pose le premesse per il successivo. L’universale consenso in favore dell’euro suggerisce questa conclusione: o uscire da esso è impossibile, o è talmente costoso che i vantaggi sarebbero poca cosa rispetto agli svantaggi.

Nessuna discussione tecnica, dunque. Sia i fautori sia gli oppositori della moneta unica disporranno in abbondanza di diagrammi, statistiche e numeri per battagliare fra loro. L’uomo della strada invece deve avere l’umiltà di limitarsi a stramaledire l’euro, se ne ha voglia, senza però concludere risolutamente che deve essere mantenuto o deve essere abolito. In materia è proprio difficile avere idee chiare e distinte.

Gianni Pardo, [email protected]

14 ottobre 2014


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