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Leonardo svela “Michelangelo Dome”: non solo una Cupola, ma il Cervello della Difesa Italiana. Sarà sufficiente?
Leonardo presenta Michelangelo Dome: il nuovo “cervello” AI della difesa italiana che unisce cielo, terra, mare e spazio per contrastare le minacce del futuro.

In uno scenario globale dove la pace sembra sempre più una parentesi tra tensioni crescenti, l’industria della difesa non può limitarsi a produrre proiettili più grossi o aerei più veloci. Deve produrre intelligenza. È questo il messaggio che arriva forte e chiaro da Roma, dove Leonardo ha presentato oggi il suo progetto più ambizioso: il MICHELANGELO DOME.
Non fatevi ingannare dal nome rinascimentale o dall’immagine cinematografica di una cupola di vetro che copre le città. Qui non stiamo parlando della Morte Nera o di scudi di fantascienza, ma di qualcosa di molto più pragmatico, urgente e tecnicamente complesso: l’interconnessione totale.
Oltre i Silos: la fine delle vecchie dottrine
Per decenni, la difesa ha funzionato a compartimenti stagni. L’Esercito badava alla terra, la Marina al mare, l’Aeronautica ai cieli. Ognuno con i suoi radar, i suoi codici, le sue radio. Se un cacciatorpediniere vedeva una minaccia che poteva interessare a una batteria missilistica terrestre, il passaggio di informazioni era spesso lento, analogico o procedurale.
Roberto Cingolani, AD di Leonardo, ha messo il dito nella piaga durante la presentazione: “Le vecchie dottrine mantenevano sostanzialmente separati gli assetti terrestri, aerei e marittimi che non comunicavano tra loro”.
Il Michelangelo Dome nasce per distruggere questi silos. È il tessuto connettivo che mancava. L’obiettivo è creare un’architettura C5 (Comando, Controllo, Comunicazione, Computer, Cyber) che prenda sensori e attuatori (armi) sparsi ovunque – nello spazio, in mare, a terra, nel cyberspazio – e li faccia suonare come un’unica orchestra.
Cos’è tecnicamente il Michelangelo Dome?
Immaginate un gigantesco sistema nervoso centrale assistito dall’Intelligenza Artificiale. Il sistema non è un singolo radar o un missile specifico, ma una piattaforma “System of Systems” caratterizzata da:
Modularità e Apertura: Non è un sistema chiuso “chiavi in mano” che ti obbliga a comprare tutto da un fornitore. È progettato per integrare pezzi di puzzle diversi.
Gestione Big Data: È in grado di analizzare centinaia di terabyte al secondo provenienti da satelliti, radar a infrarossi e sensori acustici.
Cyber Resilience: Essendo un sistema digitale, è “secure by design”, blindato contro gli attacchi informatici che saranno l’apripista di ogni futuro conflitto.
Il cuore pulsante è il modulo MC5, un plugin che riduce drasticamente i tempi di latenza. In guerra, il tempo è l’unica risorsa che non si può comprare. Ridurre di pochi secondi la catena decisionale tra “vedo il missile nemico” e “lancio la contromisura” significa salvare un’infrastruttura critica o una città.
Dal “Kill Chain” al “Kill Web”: La rivoluzione tattica
Questo è il passaggio concettuale più importante, che piacerà ai nostri lettori più tecnici. Fino a ieri ragionavamo secondo la logica del “One sensor, one shooter” (un sensore guida un’arma specifica). È la classica Kill Chain lineare. Se rompi un anello della catena, il sistema salta.
Michelangelo introduce il concetto di Kill Web: una rete. La logica diventa “One sensor, best shooter” (un sensore qualsiasi vede la minaccia, l’IA calcola quale arma disponibile nell’area è la migliore per abbatterla).
Se un drone viene avvistato da una nave, potrebbe essere abbattuto da un mezzo terrestre.
Se un satellite rileva un lancio ipersonico, l’informazione attiva immediatamente le difese aeree di un altro paese alleato.
Tutto questo avviene in “quasi tempo reale”, grazie ad algoritmi predittivi che non si limitano a reagire, ma cercano di anticipare le mosse del nemico.
Ipotesi sui sistemi integrabili: Cosa ci mettiamo dentro?
Leonardo è stata chiara: il sistema è “agnostico” e aperto. Ma proviamo a fare delle ipotesi concrete su cosa, verosimilmente, verrà integrato in questa cupola, considerando l’arsenale italiano ed europeo. Un esercizio utile per capire la portata industriale del progetto:
Dominio Aereo: Sicuramente il Typhoon e l’F-35. La capacità di scambiare dati con l’F-35 (che è un supercomputer volante) è fondamentale. In prospettiva, Michelangelo sarà l’ossatura logica per il futuro GCAP (il caccia di sesta generazione sviluppato con UK e Giappone).
Difesa Missilistica (Air Defense): Qui il protagonista sarà il sistema SAMP/T NG (New Generation) con i missili Aster. Ma la vera forza del sistema sta nella capacità di integrare anche sistemi a corto raggio (SHORAD) o antidrone, magari basati su laser o microonde in futuro.
Dominio Navale: Le fregate FREMM e i futuri PPA (Pattugliatori Polivalenti d’Altura) dispongono di radar KRONOS (sempre Leonardo) eccezionali. Michelangelo permetterà a un radar navale ormeggiato a Taranto di fornire dati di tiro a una batteria missilistica in Appennino.
Sensori Spaziali: L’integrazione con la costellazione COSMO-SkyMed e futuri assetti militari spaziali garantirà l’occhio dall’alto (“Look down”) essenziale contro i missili ipersonici che volano bassi e veloci.
L’aspetto economico e geopolitico: investimenti nazionali per la Difesa
Perché questo sistema è ottimale dal punto di vista dell’efficienza della spesa pubblica?
Cingolani ha fatto un esempio illuminante: “Se un paese nell’Europa orientale non ha i soldi per acquistare l’F-35 o il PATRIOT, ma ha un sistema missilistico antiaereo, possiamo integrarlo nel MICHELANGELO DOME”.
Questa è la chiave. Molti paesi del fianco orientale della NATO (Polonia, Romania, Baltici) hanno un mix di tecnologie ultra-moderne e vecchi sistemi “legacy”, talvolta di epoca sovietica o prime versioni occidentali. Michelangelo si propone come un adattatore universale. Permette di non buttare via assetti datati, ma di “nobilitarli” rendendoli in grado di parlare con i sistemi NATO più avanzati.
È un approccio economicamente sostenibile. Invece di costringere gli alleati a spese folli per sostituire tutto l’hardware (cosa che le attuali finanze europee difficilmente permettono), si vende l’intelligenza che coordina ciò che già c’è. È un modo per massimizzare il ritorno sull’investimento della difesa europea. Si cerca di ottimizzare quello che c’è più che vendere nuovo hardware, e questo distacca l’idea di Leonardo dall’Iron Dome israeliano o Steel Dome turco.
Perché ora? La “Pace Apparente” è finita
Le parole dell’AD di Leonardo a margine della presentazione sono state di un realismo quasi brutale, in netto contrasto con certa retorica politica rassicurante: “Non sta finendo la guerra, sta iniziando una guerra nuova”.
Cingolani avverte che i prossimi anni di “pace apparente” potrebbero essere usati dagli aggressori (leggi: Russia, Cina, attori regionali come l’Iran) per sviluppare armi difficili da neutralizzare, come sciami di droni o missili ipersonici. Michelangelo Dome è la risposta asimmetrica dell’Italia: non potendo competere sulla massa (non abbiamo milioni di soldati né migliaia di missili), competiamo sulla velocità di elaborazione e sulla precisione.
L’Italia, con Leonardo, si posiziona come l’unico attore europeo capace di proporre una soluzione così complessa “in casa”. Né i francesi né i tedeschi hanno, al momento, un singolo campione nazionale capace di coprire radar, elicotteri, aerei, cyber e spazio come la ex-Finmeccanica. Questo ci dà un vantaggio strategico e diplomatico enorme a Bruxelles.
Una scommessa sulla “Kill Web”, ma necessitano i muscoli
Il progetto prevede i primi prodotti “deliverable” entro la fine del 2027. I tempi sono stretti, strettissimi per gli standard della difesa. Ma il coinvolgimento diretto di tutte le Forze Armate italiane fin dalla fase di design (il team integrato citato da Cingolani) fa ben sperare. Non è un giocattolo calato dall’alto dall’industria, ma un abito su misura richiesto dai militari.
Michelangelo Dome rappresenta un cambio di paradigma: la presa di coscienza che difendere costa più che attaccare (un missile intercettore costa dieci volte il drone che deve abbattere). L’unico modo per non andare in bancarotta difendendosi è l’efficienza assoluta: usare l’arma giusta, al momento giusto, senza sprechi.
Se Leonardo riuscirà nell’impresa, l’Italia non avrà solo una cupola protettiva, ma avrà in mano lo standard software della difesa europea del futuro. Una commodity strategica che vale più di mille carri armati. Sperando, come sempre, di doverla tenere accesa solo in modalità “simulazione”. Nello stesso tempo un software non può sostituire completamente l’hardware, o meglio i diversi hardware: comunque ci vogliono intercettori per abbattere un missile ipersonico. Fino a quando dovremo respingere minacce estemporanee Michelangelo Dome può andare benissimo, ma resta sempre il problema di avere programmi industriale flessibili, tali da affrontare minacce che vadano oltre la singola ondata di droni o di missili. Il Buonarroti aveva una grande mente, ma poi muscoli, o una scuola, in grado di completare le sue idee.
Domande e Risposte
Che differenza c’è tra Michelangelo Dome e l’Iron Dome israeliano?
L’Iron Dome è un sistema tattico specifico (radar + missili) progettato per intercettare razzi a corto raggio. Il Michelangelo Dome è un concetto molto più ampio: è un’architettura di “comando e controllo”. Non è l’arma in sé, ma il “cervello” che collega navi, aerei, satelliti e batterie terrestri (anche di tipo diverso) per gestire minacce su scala nazionale o continentale, dai droni ai missili ipersonici, fino agli attacchi cyber. È un “sistema di sistemi”, non un singolo scudo fisico.
Quanto costerà e chi lo paga?
Al momento non sono state diffuse cifre ufficiali sul costo complessivo del programma. Tuttavia, il progetto rientra nelle strategie di investimento per la difesa nazionale ed europea. L’approccio modulare e l’integrazione di sistemi “legacy” (già esistenti) suggeriscono una filosofia volta all’ottimizzazione della spesa pubblica . L’idea è valorizzare gli investimenti già fatti (F-35, FREMM, ecc.) facendoli comunicare, piuttosto che acquistare esclusivamente nuovi armamenti hardware. Leonardo punta anche all’export verso paesi NATO, ammortizzando i costi di sviluppo.
Il sistema sarà compatibile con gli alleati NATO?
Assolutamente sì. La compatibilità con gli standard NATO è il pilastro centrale del progetto. Cingolani ha sottolineato che Michelangelo è progettato per operare in piena interoperabilità con le forze dell’Alleanza. Anzi, uno dei punti di forza commerciali è proprio la capacità di permettere a paesi (specialmente dell’Est Europa) con equipaggiamenti misti o datati di “agganciarsi” alla rete di difesa avanzata della NATO, fungendo da ponte tecnologico tra vecchi e nuovi sistemi difensivi.












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