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L’EMETICUM

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L’Italicum, secondo l'”emendamento” Esposito che Renzi ha imposto al Parlamento italiano, prevede un premio di maggioranza assegnato alla lista (non alla coalizione, come nell’Italicum) che al primo turno superi la soglia del 40% (non del 37%). Tale premio dovrebbe consistere in 340 seggi nella Camera dei Deputati (il 53%). Il Senato non conterebbe più niente. Se al primo turno nessuno supera la soglia del 40% (messa lì solo per rendere obbligatorio il secondo turno), si procede al ballottaggio fra i due partiti più votati. Lo sbarramento per le liste che si presentano da sole – che nell’Italicum era all’8% – si abbassa al 3%. Ciò forse permetterà anche ai grandi condomini di costituire un partito ed entrare in Parlamento. Ma di ciò, come delle preferenze – che pure hanno provocato la spaccatura del Pd al Senato – si parlerà più oltre, perché già ora si può trarre la conclusione: è stato confezionato un abito su misura per Matteo Renzi, o per chiunque governi il Pd al momento delle elezioni. Tanto che l’ultima cosa che si capisce è che si oppongano dei parlamentari del Pd (ventinove senatori si sono dissociati) mentre la legge è stata votata da Forza Italia. Il mondo alla rovescia. Sempre che sia vero, qualcuno dice che Berlusconi si sia fidato della parola di Renzi, in materia di contropartite per la scelta del Quirinale. Ma chi si fida delle promesse, in politica, dovrebbe fare un altro mestiere.

Con la nuova legge, il principio è che chi vince prende tutto. Prevalendo nel ballottaggio, e avendo poi in Parlamento una maggioranza precostituita e blindata, salvo imprevisti un unico partito governerà senza opposizione l’Italia per i cinque anni della legislatura. La governabilità sarà più sicura delle tasse, la dialettica democratica no. Il partito al potere non dovrà nemmeno ascoltare le obiezioni dei partiti alleati nella coalizione, perché non avrà bisogno di una coalizione.

Che un premio di maggioranza sia utile a dare governabilità al Paese si comprende: ma che sia di tali proporzioni, e assegnato ad un singolo partito, appare francamente eccessivo. Per spiegarlo ai ferventi di Renzi, ai bambini, e agli eventuali trinariciuti, basta ricordare che fino a qualche anno fa il partito più votato era quello di Berlusconi: quanti sarebbero stati contenti di vedere Berlusconi al governo, per cinque anni, con una maggioranza imbattibile e senza bisogno di alleati? E se vale per lui, perché non dovrebbe valere per chiunque altro?

Probabilmente i negoziatori del Pd hanno preteso che il premio andasse al partito primo arrivato, e non alla coalizione, perché – non si sa mai – il centro-destra, costituendo una coalizione, potrebbe risuscitare. In questo modo, invece, è sempre prevedibile che ci sia da un lato un Pd tendenzialmente monolitico, secondo la tradizione del Pci (anche se attualmente quella tradizione sembra molto ammaccata), e dall’altro un partito moderato caratterizzato da scissioni e correnti. Ma anche questo calcolo potrebbe rivelarsi miope. Basterebbe che il Pd al governo combinasse disastri, come l’ultimo governo Prodi, e immediatamente alle elezioni successive il partito erede di Berlusconi arriverebbe primo con largo margine. Chi si fabbrica un trono dovrebbe sempre pensare che un giorno ci potrebbe sedere qualcun altro, magari proprio colui che gli avrà fatto le scarpe.

Lo sbarramento per l’ingresso in Parlamento è stato abbassato ad un ridicolo 3% per far contenti e gabbati tutti: infatti in aula tutti i partiti, salvo uno, saranno ininfluenti e faranno coreografia. Figurarsi chi ha il 3,1%.  Prima si voleva evitare l’ingovernabilità derivante dalla frammentazione, ora si potrebbe anche fare a meno dello sbarramento.

Paragonate a questi risultati, le logomachie sul modo di designazione dei 340 unti del Signore sono robetta. Gli eletti, in quanto ammessi dal partito nella lista degli eleggibili, sono sempre dei nominati. E comunque i peones conteranno poco. Comanderà il Sinedrio di testa del Partito Unico. Forse magari un uomo solo.

Tecnicamente, i dissidenti del Pd non hanno torto. I nuovi collegi saranno cento, con una media di sei eletti per seggio. Se per un partito vi è un solo eletto, sarà nominato il capolista. Se gli eletti sono più di uno, varranno le preferenze. Ma, per eleggere due deputati dello stesso partito, e la media è sei, bisogna ottenere un terzo dei voti. Dunque la stragrande maggioranza degli eletti saranno i capilista. Cvd.

Questa legge è riuscita a peggiorare i difetti del Porcellum. Le coalizioni una sorta di garanzia di democrazia interna la davano, così siamo vicini ad una dittatura inamovibile, sperabilmente soltanto per cinque anni.

Qualcuno ha chiamato questa legge l’“Espositum”, ma il nome più adatto è l’“Emeticum”.

Gianni Pardo, [email protected]

21 gennaio 2015

 

 


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