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L’elisir di lunga vita? Forse è una proteina nel cervello (e un amminoacido che la imita)
Una proteina nel cervello, la Menina, sembra essere un interruttore chiave dell’invecchiamento. La sua diminuzione causa infiammazione e declino, ma un semplice amminoacido, la D-serina, potrebbe invertire il processo, soprattutto a livello cognitivo. La scienza si avvicina a svelare i segreti della longevità.

Uno studio pubblicato su PLOS Biology apre uno scenario proprio di questo tipo, indicando un potenziale “interruttore” molecolare dell’invecchiamento. Magari non sarà il mitico Elisir di lunga vita, ma questa scoperta apre una strada interessante lo studio dei processi d’invecchiamento umano, fornendo anche la base teorica per valutarne l’inversione.
Il protagonista di questa storia è l’ipotalamo, quella piccola ma potentissima centralina di comando che regola quasi tutto nel nostro corpo: dal sonno alla fame, dallo stress al bilancio energetico. Già si sapeva che l’ipotalamo avesse un ruolo nell’invecchiamento, soprattutto attraverso un graduale aumento dell’infiammazione neurologica (neuroinfiammazione). Ora, un team di ricercatori guidato da Lige Leng della Xiamen University in Cina sembra aver trovato uno dei registi occulti di questo processo: una proteina chiamata Menina.
Il Freno a Mano dell’Invecchiamento
I ricercatori hanno scoperto che, con il passare degli anni, i livelli di menina nei neuroni dell’ipotalamo diminuiscono costantemente. Una coincidenza? Per scoprirlo, hanno fatto ciò che la scienza fa meglio: hanno “giocato” con i soliti topi da laboratorio. Disattivando selettivamente il gene della Menina in topi giovani, hanno osservato un’accelerazione dell’invecchiamento. I risultati sono stati piuttosto chiari:
- Aumento dell’infiammazione nell’ipotalamo.
- Declino della densità ossea e assottigliamento della pelle.
- Peggioramento delle capacità cognitive e dell’equilibrio.
- Una vita media leggermente più breve.
In pratica, la Menina agisce come un freno all’infiammazione che guida l’invecchiamento. Togliere questo freno significa accelerare verso la senescenza.
Dalla Proteina all’Amminoacido: Una Soluzione a Portata di Mano?
La scoperta più interessante, però, è un’altra. Il calo della menina provoca, a cascata, la diminuzione di un’altra sostanza fondamentale: la D-serina, un amminoacido che funziona da neurotrasmettitore. La D-serina, a differenza della complessa proteina menina, si trova comunemente in alimenti come soia, uova e pesce ed è disponibile come integratore alimentare.
A questo punto, la domanda è sorta spontanea: se la mancanza di Menina causa l’invecchiamento, ripristinarla può invertirlo? I ricercatori hanno iniettato il gene della Menina nell’ipotalamo di topi anziani (di 20 mesi, l’equivalente di una terza età umana). Dopo soli 30 giorni, i risultati sono stati notevoli: miglioramento di pelle, ossa, capacità cognitive e di apprendimento.
Ma la vera sorpresa è arrivata con la D-serina. Fornendo ai topi anziani un supplemento di D-serina nella dieta per tre settimane, i ricercatori hanno ottenuto benefici quasi identici sul fronte cognitivo. Pur non agendo sui segni fisici periferici (ossa e pelle), questo semplice amminoacido è stato in grado di “ringiovanire” le funzioni cerebrali.
Come ha affermato lo stesso professor Leng, “ipotizziamo che il declino della Menina nell’ipotalamo possa essere uno dei fattori trainanti dell’invecchiamento, e che la D-serina sia un trattamento potenzialmente promettente per il declino cognitivo”.
Certo, prima di correre a fare scorta di D-serina, è bene ricordare che siamo ancora nel campo della ricerca di base su modelli animali. Tuttavia, la strada indicata è affascinante: non più solo trattare i sintomi dell’invecchiamento, ma agire su uno dei suoi meccanismi centrali. Una prospettiva che, se confermata, potrebbe cambiare radicalmente l’approccio alla medicina della longevità. Bisognerà , a questo punto, approfondire gli effetti della Menina e della D-serina negli uomini.

L’aumento dell’espressione di Menin nell’ipotalamo dei topi prolunga la durata della vita e migliora il fenotipo correlato all’invecchiamento.
(A, B) Diagramma schematico dettagliato della sovraespressione di Menin mediante AAV nel VMH di topi maschi anziani (20M). (C) Durata della vita di questi topi (n = 19 topi per gruppo). (D-G) Questi topi sono stati sacrificati per misurare lo spessore cutaneo (D, E), la massa ossea (F) e il tempo di rottura del tendine della coda (G); n = 4 topi. Barra di scala, 100 μm. (H, I) Sono stati misurati i quozienti respiratori diurni e notturni (RER) (H) e l’assunzione di cibo (I) di topi maschi di 20 mesi Old+AAV:GFP e Old+AAV:Menin-GFP. (J–L) Espressione proteica dei fattori infiammatori e livelli di mRNA nell’ipotalamo di topi maschi Old+AAV:GFP e Old+AAV:Menin-GFP di 20 mesi; n = 3 topi. (M-S) Analisi comportamentale di topi maschi Old+AAV:GFP e Old+AAV:Menin-GFP di 20 mesi mediante test del labirinto acquatico di Morris (M-O), labirinto a Y (P), labirinto a T (Q), campo aperto (R) e test del rotarod (S). Numero di topi utilizzati nella misurazione del dispendio energetico mediante calorimetria indiretta a circuito aperto: Old+ AAV:GFP: n = 8 topi, Old+AAV:Menin-GFP: n = 8 topi. Numero di topi utilizzati nei test comportamentali: Old+AAV:GFP: n = 14 topi, Old+AAV:Menin-GFP: n = 16 topi. I dati rappresentano la media ± SEM, n.s.: non significativo, *p < 0,05, **p < 0,01, ***p < 0,001, stima di sopravvivenza di Kaplan-Meier per la curva di sopravvivenza. Test t non appaiato per le statistiche comportamentali. Le applicazioni statistiche tra i gruppi in più punti temporali sono state analizzate mediante ANOVA a misure ripetute. Altre applicazioni statistiche sono state analizzate mediante ANOVA a una via con analisi post hoc di Tukey. I dati alla base della Fig. 5 sono disponibili in S5 Informazioni. VMH, ipotalamo ventromediale.
Domande e Risposte
1) Qual è il nucleo di questa scoperta scientifica? Il nucleo della scoperta è l’identificazione di un meccanismo molecolare che contribuisce a guidare il processo di invecchiamento. I ricercatori hanno stabilito un nesso di causa-effetto: il calo della proteina Menina nell’ipotalamo con l’avanzare dell’età scatena un’infiammazione neurologica. Questa infiammazione, a sua volta, riduce i livelli del neurotrasmettitore D-serina, portando a sintomi tipici dell’invecchiamento come il declino cognitivo, la perdita di massa ossea e l’assottigliamento della pelle. In sintesi, è stata scoperta una “cascata” biochimica che parte dal cervello e si ripercuote su tutto il corpo.
2) Perché questa notizia è così importante? L’importanza risiede nel fatto che sposta l’attenzione da un approccio reattivo all’invecchiamento (curare i singoli “acciacchi”) a uno proattivo e centralizzato. Invece di combattere decine di sintomi diversi, si potrebbe agire su uno dei “direttori d’orchestra” del processo. Inoltre, la scoperta che un semplice amminoacido come la D-serina può mitigare, almeno in parte, gli effetti di questo declino (in particolare quelli cognitivi) apre la porta a interventi potenzialmente semplici, economici e a basso impatto, come l’integrazione alimentare, una volta che la sicurezza e l’efficacia saranno confermate sull’uomo.
3) Quali potrebbero essere le ricadute pratiche per le persone nel futuro? Nel futuro, se questi risultati fossero replicati negli esseri umani, le ricadute potrebbero essere significative. Potremmo assistere allo sviluppo di terapie mirate a mantenere alti i livelli di Menina o a compensare la carenza di D-serina nelle persone anziane. Questo potrebbe tradursi in integratori o farmaci specifici per rallentare il declino cognitivo legato all’età, migliorare la salute di ossa e pelle e, in generale, aumentare la “durata della salute” (healthspan), ovvero gli anni vissuti in buone condizioni fisiche e mentali. Si aprirebbe un nuovo capitolo della medicina preventiva anti-invecchiamento.

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