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L’effetto del “Fisco Perfido”: 680.000 PMI pronte a fuggire dal Regno Unito. Un disastro fiscale.

Allarme PMI nel Regno Unito: 680.000 imprese pronte alla fuga per colpa delle tasse. Un report svela la crisi di fiducia prima dell’Autumn Budget.

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Mentre il governo britannico si prepara al prossimo Autumn Budget (la Legge di Bilancio d’autunno), un nuovo report lancia un allarme che non può essere ignorato. Non si tratta di un problema minore: una ogni otto piccola e media impresa (PMI) su otto nel Regno Unito sta pianificando attivamente di trasferirsi, spostare la propria azienda, o entrambe le cose.

Il motivo? Un carico fiscale ormai percepito come insostenibile.

Il report, curato da Rathbones, traduce questo dato in cifre allarmanti: circa 680.000 imprese, su un totale di 5,67 milioni di PMI, sono a rischio fuga. Questi risultati arrivano a poche settimane dalla manovra della Cancelliera Rachel Reeves, aggiungendo un’enorme pressione sul governo affinché affronti la palese crisi di fiducia delle imprese, schiacciate da tasse e costi normativi in continuo aumento.

Ma dove scappano? Il report di Rathbone rileva che, tra coloro che pianificano la fuga, un terzo sta valutando di trasferire l’azienda all’estero. Le destinazioni preferite? Non a caso, luoghi con regimi fiscali decisamente più… “amichevoli”:

  • Irlanda
  • Dubai
  • Stati Uniti

📉 Un malcontento diffuso che va oltre le tasse

L’emorragia non si ferma ai soli imprenditori con le valigie pronte. Un ulteriore 26% dei leader delle PMI si dichiara profondamente preoccupato per l’ambiente fiscale, pur non pianificando (ancora) un trasloco.

L’indagine evidenzia un malcontento più ampio e radicato verso la politica economica generale:

  1. Quasi due terzi delle PMI ritengono che il governo non faccia abbastanza per incoraggiare la crescita.
  2. Più di due su cinque considerano le politiche attuali semplicemente “non di supporto”.

Tra i fattori chiave che affliggono le operazioni quotidiane, vengono citati i continui cambiamenti fiscali e l’aumento dei costi del lavoro, inclusi gli incrementi dei contributi previdenziali a carico dei datori (la “national insurance”) e l’aumento del salario minimo nazionale (national living wage).

Ade Babatunde, direttore della pianificazione finanziaria senior presso Rathbones, usa parole chiare: “Le PMI sono la spina dorsale dell’economia del Regno Unito, e il fatto che molte stiano pensando di andarsene a causa della tassazione è profondamente preoccupante”.

La loro partenza, sottolinea Babatunde, “significherebbe la perdita di posti di lavoro preziosi e di entrate fiscali, proprio in un momento in cui il governo sta cercando disperatamente di stimolare la crescita”.

🌪️ La tempesta perfetta: Brexit e crisi finanziaria

Come se non bastasse, la situazione è aggravata da altri fattori che complicano il quadro. La British Chambers of Commerce segnala che i piccoli esportatori faticano ancora a districarsi nelle complesse e costose regole commerciali post-Brexit, con ordini all’esportazione piatti o in calo che lasciano molte aziende finanziariamente vulnerabili.

Al contempo, la società di consulenza Begbies Traynor ha recentemente segnalato un forte aumento delle PMI in condizioni di “critica difficoltà finanziaria”, specialmente in quei settori, come il commercio al dettaglio, direttamente rivolti al consumo.

Le piccole imprese si preparano quindi con particolare timore alle potenziali “sorprese” dell’imminente Budget su imposte sul reddito, plusvalenze (capital gains tax) e aliquote commerciali (business rates). Gli aumenti fiscali precedenti hanno già spinto molti imprenditori a sospendere le assunzioni o, peggio, a ridurre il personale.

Considerando che le PMI impiegano il 60% della forza lavoro del settore privato nel Regno Unito e costituiscono il 99% delle imprese, gli esperti avvertono che questa continua pressione fiscale potrebbe avere effetti a catena disastrosi su occupazione, investimenti e crescita economica a lungo termine.

“Il governo deve offrire un sostegno più mirato alle PMI, sia attraverso sgravi fiscali sia con politiche che incentivino la crescita e l’assunzione di rischi”, ha concluso Babatunde. “Altrimenti, rischiamo di assistere a un esodo significativo di talenti e imprese in un momento in cui l’economia non può assolutamente permetterselo”.

Un avvertimento che, si spera, a Downing Street e al Tesoro venga preso sul serio.

Rachel Reeves, cancelleiere dello scacchiere, la tassatrice


Rachel Reeves, cancelleiere dello scacchiere, la tassatrice

Domande e risposte

Perché così tante PMI vogliono lasciare il Regno Unito?

Il motivo principale è l’eccessivo carico fiscale. Un report di Rathbones indica che 1 PMI su 8 (circa 680.000) sta pianificando un trasferimento a causa della pressione fiscale e dell’aumento dei costi normativi, come i contributi previdenziali e il salario minimo. Molti imprenditori ritengono che l’attuale ambiente politico non supporti la crescita del business, spingendoli a cercare lidi fiscalmente più “amichevoli” come Irlanda, Dubai o Stati Uniti.

Cosa succederebbe se queste 680.000 aziende se ne andassero davvero?

Sarebbe un colpo durissimo per l’economia britannica. Le PMI costituiscono il 99% delle imprese private e impiegano il 60% della forza lavoro. La loro fuga, come sottolineato dagli analisti, comporterebbe una massiccia perdita di posti di lavoro e una drastica riduzione delle entrate fiscali. Questo avverrebbe proprio mentre il governo cerca disperatamente di stimolare la crescita economica, creando un paradosso difficile da risolvere.

Oltre alle tasse, cos’altro preoccupa le imprese britanniche?

Le tasse sono la preoccupazione principale, ma non l’unica. Molte aziende, specialmente quelle esportatrici, stanno ancora lottando con la burocrazia e le nuove regole commerciali introdotte dalla Brexit, che hanno rallentato o ridotto gli ordini. Inoltre, un numero crescente di PMI si trova in “critica difficoltà finanziaria” a causa della debolezza dei consumi. È una tempesta perfetta di costi crescenti, burocrazia e domanda debole.

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