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Le monete coloniali in America prima dell’indipendenza degli USA: la cartamoneta era il segreto della loro ricchezza

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di Davide Gionco

 

Il viaggio di Benjamin Franklin a Londra nel 1764

Nel 1751, re Giorgio II d’Inghilterra emanò un divieto di emissione di ogni forma di moneta cartacea nelle colonie della Nuova Inghilterra (i futuri Stati Uniti d’America), costringendo i coloni a prendere in prestito denaro presso i banchieri britannici. Questo divieto fu confermato da re Giorgio III, che succedette a suo padre nel 1752.

Nel 1764 il Parlamento britannico approvò il Currency Act, confermando il divieto del re e provocando il forte disappunto dei coloni americani.

Nello stesso anno 1764, Benjamin Franklin si recò a Londra per presentare al Parlamento una petizione per la revoca del divieto.
Quando arrivò, fu sorpreso di trovare in Inghilterra una dilagante disoccupazione ed una diffusa povertà tra le classi lavoratrici britanniche.
Le strade sono coperte di mendicanti e vagabondi“, osservò.
Chiese ai parlamentari inglesi il perché. Gli fu risposto che il paese aveva troppi lavoratori. I ricchi erano già sovraccarichi di tasse e non potevano pagare di più per alleviare la povertà delle classi lavoratrici.
I parlamentari a loro volta chiesero a Franklin come le colonie americane riuscissero a guadagnare abbastanza soldi per mantenere le loro povere case.
Benjamin Franklin risposte: “Non abbiamo case povere nelle Colonie; e se ne avessimo qualcuna, non ci sarebbe nessuno da farvi abitare, poiché nelle Colonie non c’è un solo disoccupato, né mendicanti né barboni.
Gli ascoltatori inglesi avevano difficoltà a credergli, poiché quando le loro povere case e prigioni erano diventate troppo disordinate, gli inglesi avevano effettivamente spedito i loro poveri nelle Colonie in America.
I direttori della Banca d’Inghilterra chiesero quale fosse la ragione della forte espansione economica delle giovani colonie.
Franklin rispose: “E’ semplice. Nelle colonie emettiamo la nostra moneta. Si chiama “Colonial Scrip”.  La utilizziamo per pagare le spese e le iniziative benefiche approvate dal governo. Ci assicuriamo che venga rilasciato in proporzioni adeguate, in modo da far passare facilmente le merci dai produttori ai consumatori.


In questo modo, creando per conto nostro la nostra moneta cartacea, controlliamo il suo potere d’acquisto e non abbiamo interessi da pagare a nessuno.
Vedete: un governo legittimo può sia spendere che prestare denaro facendolo entrare in circolazione, mentre le banche possono solo prestare una certa quantità delle loro banconote, poiché non possono né regalare né spendere una piccola parte di quel denaro per le persone che ne hanno bisogno.
Quindi, quando i vostri banchieri qui in Inghilterra mettono in circolazione denaro, c’è sempre un capitale di debito da restituire e l’usura da pagare. Il risultato è che hai sempre troppo poco credito in circolazione per dare ai lavoratori una piena occupazione.
Non ci sono “troppi lavoratori”, ma avete troppo poco denaro in circolazione, ed il denaro che circola porta con sé il fardello infinito del debito non rimborsabile e dell’usura.

[Tratto dal libro “Web of debt” di Hellen Brown]


Le Colonie inglesi, come noto, diventarono indipendenti dall’Inghilterra dopo la Rivoluzione che ebbe inizio nel 1775 (11 anni dopo la visita di Franklin a Londra) e terminò nel 1783, dando origine agli Stati Uniti d’America.

Il divieto del re Giorgio III e del Parlamento inglese di emettere moneta cartacea coloniale fu probabilmente la ragione scatenante della rivoluzione contro la “Madre Patria”.

Per comprendere meglio il sistema monetario delle colonie americane nel XVIII secolo, è necessario conoscere la storia dall’inizio.

Chi fosse interessato a conoscerla, può leggere l’articolo completo
A QUESTO INDIRIZZO

 


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