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LE MENZOGNE DEL GOVERNO SULLA RIPRESA ECONOMICA E SULL’AUMENTO DEI POSTI DI LAVORO (di Giuseppe PALMA)

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Già da qualche mese il nostro Presidente del Consiglio Renzi, ottimo comunicatore, continua a dire – soprattutto attraverso i 140 caratteri di twitter e senza alcun contraddittorio – che l’Italia ha agganciato la ripresa economica e che i posti di lavoro stanno aumentando, il tutto grazie all’azione del suo Governo.

 

Caro Presidente, 10+ per la capacità comunicativa negli annunci; 2- per i contenuti.

 

Ma entriamo nel dettaglio.

 

  1. l’ISTAT, dopo tre anni consecutivi in cui il PIL ha registrato segno meno (2012: -2,4%; 2013: -1,9%; 2014: -0,4%), prevede per il 2015 un + 0,6% e per il 2016 un + 1,3%. Immediatamente il Presidente del Consiglio ha sfruttato le previsioni dell’ISTAT scrivendo su twitter che l’Italia riparte e che è la volta buona (in verità lo fa sempre). Al di là della naturale diffidenza nei confronti delle previsioni e dei proclami, la questione è sicuramente di merito: dal 2008 ad oggi l’Italia ha perso ben 9 punti percentuali di PIL, quindi, per poter tornare ai livelli pre-crisi (cioè al 2007, quando la situazione economica non era comunque né rosea né incoraggiante) bisognerà attendere – secondo una stima fatta dalla Confcommercio nel 2014 – almeno il 2025, e ciò significa che ci aspettano altri 10 anni di ulteriori sacrifici e difficoltà;
  2. Sempre secondo i dati ISTAT, nel mese di aprile 2015 vi sono state 159.000 assunzioni in più in riferimento al medesimo periodo dell’anno precedente. Anche in questo caso il Presidente del Consiglio ha lanciato grida di trionfo. Tutto meraviglioso, peccato però che dal 2008 al 2014 si sono persi in Italia ben 856.000 posti di lavoro (fonte: http://www.unimpresa.it/crisi-unimpresa-in-6-anni-persi-900mila-posti-di-lavoro-in-italia/10806). Ma l’elemento che maggiormente preoccupa è l’eccessivo ottimismo del Governo in merito al dato diffuso dall’ISTAT (i 159.000 posti di lavoro in più sopra citati). Va anzitutto evidenziato che questi nuovi posti di lavoro si riferiscono – in buona parte – a contratti di lavoro a tempo determinato (quindi di gente che già aveva un’occupazione) trasformati in contratti a tempo indeterminato per effetto sia degli incentivi scaturenti dalla decontribuzione (dal 01/01/2015) che delle nuove norme sul contratto di lavoro introdotte con il cosiddetto Jobs Act (Legge delega n. 183 del 10 dicembre 2014 e successivi decreti attuativi entrati in vigore il 07/03/2015). Come ho già scritto in due miei precedenti articoli che vi invito a rileggere (https://scenarieconomici.it/il-crimine-della-svalutazione-del-lavoro-allo-scopo-di-salvare-leuro-di-giuseppe-palma/; https://scenarieconomici.it/il-jobs-act-e-i-licenziamenti-la-farsa-del-contratto-a-tempo-indeterminato-di-giuseppe-palma/), il nuovo contratto di lavoro, di indeterminato, ha solo il nome, infatti lo smantellamento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che ha riguardato anche le ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, rende conveniente per il datore di lavoro assumere personale sapendo che può mandarlo via senza rischiare di essere condannato dal Giudice alla reintegra in caso di licenziamento dichiarato illegittimo. Il Jobs Act, a tal proposito, ha introdotto una norma che esclude la tutela reale (reintegra del lavoratore sul posto di lavoro nel caso di accertamento giudiziale dell’illegittimità del licenziamento) nel caso di licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, fatta eccezione per la sola ipotesi dell’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, quindi anche nel caso in cui il Giudice del lavoro riscontrasse una sproporzione tra il fatto contestato e il licenziamento, non potrà accordare al lavoratore la tutela reale. Ciò premesso, è ovvio che i contratti di lavoro “aumentano” (pur trattandosi, in gran parte, di regolarizzazioni contrattuali). Ma v’è di più: si faccia attenzione che le imprese non siano invogliate a licenziare i propri dipendenti assunti prima del 07/03/2015 con contratto a tempo indeterminato per poi riassumerli – nell’arco di qualche mese – con il nuovo contratto a tempo indeterminato disciplinato dal Jobs Act, il quale ha anche ridotto le garanzie per il lavoratore in caso di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (es. per cause economiche), comprimendo la tutela obbligatoria prevista dalla Legge Fornero (da 12-24 mensilità a 4-24 mensilità). Ma del resto la questione è nota: non potendo sfruttare la leva della svalutazione monetaria per via di questo €uro criminale (che ha l’obiettivo di tutelare il capitale internazionale e non i diritti fondamentali), la soluzione più “semplice” al fine di ridare ossigeno alle imprese in termini di competitività è quella di svalutare il lavoro (il Jobs Act va proprio in questa direzione).

 

Tutto ciò premesso, sia i dati sulla crescita economica che quelli sull’occupazione altro non sono che uno specchietto per le allodole!

 

Caro Presidente, fino a quando una madre e un padre avranno i propri figli a casa senza lavoro, o li vedranno sfruttati per 7-800 euro al mese, o peggio ancora li piangeranno vedendoli partire per l’estero, la ripresa dell’economia e dell’occupazione esisteranno solo nei Tuoi tweet! La vita reale, caro Matteo, è ben altra cosa! Forse il #piùzerovirgola Ti servirà per far contenti i banchieri e i tecnocrati di Bruxelles, ma di certo non Ti servirà a nulla – ma proprio nulla – per risolvere i problemi del popolo italiano!

 

Giuseppe Palma

 


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