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Economia

Le disavventure di British Steel: un pasticciaccio fatto di Carbone…

British Steel sbaglia clamorosamente l’acquisto di carbone e deve fermare una delle sue due fornaci. Nel frattempo la transizione “Verde” dell’acciaio britannico si sa già che porterà a tagli nei posti di lavoro, in mezzo alle polemiche

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Con una mossa che farebbe impallidire Wile E. Coyote, l’anno scorso British Steel, l’acciaieria di proprietà cinese, è riuscita a spegnere uno dei suoi altiforni.

Il colpevole? Non un sabotaggio, come inizialmente sospettavano alcuni funzionari governativi (un sospetto forse alimentato dall’aria generale di imminente sventura dell’azienda), ma un classico caso di “carbone sbagliato per il lavoro da fare”.

A quanto pare, gli ingegneri, nella loro infinita saggezza, decisero di alimentare la fornace con un  intruglio di coke di “bassa qualità e bassa condizione”. Il risultato? Una spettacolare, anche se involontaria, dimostrazione dei pericoli della riduzione dei costi, e uno dei disastri industriali quasi da libro epico: l’arresto di un altoforno. Il governo ha emesso per una diagnosi prosaica del problema: “incompetenza e riduzione eccessiva dei costi”, ed ora riavviare un Altoforno non sarà un laoro semplice.

Cosa è successo: semplicemente che il Regno Unito non èm più in grado di produrre carbon coke in proprio, per cui lo importa dall’estero. Il carbone non è immediatamente carbon coke da acciaieria, ma deve essere trattato, reso più ricco di carbonio, con meno residui, e per questo viene surriscaldato in assenza d’aria, per depuraro.  Gli ingenieri inglesi, per risparmiare, hanno preso una partita di così bassa qualità, e così mal trattato, senza controllarla, da non essere adatta all’industria siderurgica. Il risultato è stato l’arresto dell’altoforno Queen Anne. 

Carbon Coke

L’acciaio verde britannico è un altro problema

Questo intermezzo comico si inserisce nel dramma della trasformazione “verde” della British Steel. L’azienda, che inizialmente progettava di disseminare forni elettrici ad arco in tutto il territorio – uno a Scunthorpe, l’altro a Teesside – ha ora deciso di concentrare i suoi sforzi solo su Scunthorpe.

Questa decisione, come prevedibile, ha scatenato una tempesta di fuoco politica. Lord Ben Houchen, il sindaco conservatore della Tees Valley, ha gridato allo scandalo, accusando il governo laburista di “collusione” per privare la sua regione di questa nuova ed entusiasmante iniziativa industriale. Il governo, naturalmente, ha negato qualsiasi cospirazione, sostenendo che si trattava semplicemente di una decisione commerciale per l’azienda.

Nel frattempo, il governo, desideroso di mostrare il suo impegno per l’acciaio “verde”, sta gettando denaro nel tentativo di trovare una soluzione al problema. Mentre 500 milioni di sterline sono stati ritenuti sufficienti per l’impianto gallese di Tata Steel, British Steel chiede una somma significativamente maggiore. Il governo, a sua volta, si è impegnato a stanziare ben 3 miliardi di sterline per l’intera industria siderurgica nel prossimo decennio, una cifra che potrebbe far storcere il naso visti gli attuali risultati dell’industria.

E i lavoratori? Il passaggio ai forni elettrici ad arco, pur essendo cruciale per il pianeta, promette un futuro a minore intensità di lavoro, per cui molti perderanno il lavoro. I sindacati, comprensibilmente, sono preoccupati e chiedono che gli altiforni esistenti rimangano operativi il più a lungo possibile.

Mentre la British Steel continua a navigare in questo campo minato di cattiva gestione, manovre politiche e incertezza ambientale, una cosa è certa: il futuro dell’industria siderurgica britannica rimane imprevedibile come la qualità delle sue forniture di coke, e l’incapacità dei suoi tecnici.


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