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LE BALLE SPAZIALI E L’UNICA VERITA’: SIAMO SOTTO RICATTO di Luigi Luccarini.

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Cercherò di essere breve, visto che si tratta in fondo più che altro di un riassunto di un interminabile feuilleton.

Partiamo dunque dalla madre di tutte le balle, vale a dire il

DRAMMA GIORNALIERO DELLO SPREAD

tra i nostri titoli di Stato ed il Bund tedesco che continua a non significare nulla in termini pratici, come ho scritto più volte e ribadisco ancora.

Prima di tutto perché ormai con gli attuali tassi del Bund (0,098% in chiusura venerdì scorso) è come dire che noi paghiamo un x% in più dello zero.

Un’ovvietà insomma.

In secondo luogo perché lo spread non mai ha influito sui tassi di interesse praticati ai soggetti economici che chiedono denaro in Italia e che vedono il relativo costo misurato su Euribor o Irs.

Se non ci credete andate a sfogliare l’ultimo rapporto mensile ABI di gennaio in cui si legge che il tasso medio ponderato sugli impieghi a dicembre 2018 si è attestato a  2,55% a fronte del 2,69% del dicembre 2017, quando lo spread era a 135, cioè meno della metà del livello attuale.

In realtà lo spread, in questo periodo, può al più rappresentare la misura del nostro differenziale di crescita con l’economia tedesca e delle altre dell’Eurozona. E perciò sarebbe destinato, con ogni probabilità, a comprimersi anche per effetto delle difficoltà in cui versa in questo periodo Berlino.

Ma questo non avviene ancora perché è tuttora in corso contro l’Italia una feroce

SPECULAZIONE

che, lo dico a scanso di equivoci, in sé non ha nessuna accezione negativa.

“Speculare” vuol dire infatti riflettere attentamente prima di prendere una decisione.

E nel gergo dei mercati, “speculatore” è, quasi per antonomasia, chi gioca al ribasso su uno strumento finanziario.

Rischiando molto, per cui lo fa soltanto quando è certo (o quasi) che quel ribasso avverrà.

Nel caso dei BTP si parlava di un importo di 300/400 miliardi di vendite allo scoperto a metà dello scorso anno.

Più o meno nel periodo in cui il finanziere Ray Dalio dichiarava di essersi messo pesantemente “short” con i fondi della sua Bridgewater Ass. contro i principali assets finanziari del nostro paese.

Titoli bancari quotati e, per l’appunto, titoli di Stato.

Dalio è italoamericano e si presume quindi conosca bene il modo in cui le cose vanno in Italia.

Ed in effetti tutto è andato secondo un facile copione in scena ormai da mesi.

Grazie alla

STAMPA E MEDIA

che si sono schierati da maggio massicciamente non contro il Governo, ma contro il paese.

Alimentando un clima di sfiducia generalizzata sui suoi “fondamentali” che in realtà erano esattamente gli stessi di prima di maggio, ma di cui si sono ricordati soltanto ad elezioni ultimate.

Un clima di tal genere non poteva che essere una manna per chi voleva tassi più alti dalle emissioni di BTP.

A cui il Tesoro si è trovato obbligato anche per via del sistema di loro collocamento, piuttosto obsoleto, per non dire ormai controproducente.

Nell’asta marginale infatti il prezzo di aggiudicazione avviene per il prezzo più basso offerto dall’ultimo aggiudicatario, a cui corrisponde il rendimento più alto. Ciò che fa sì che alla fine tutti ottengano quel rendimento, anche chi era disposto ad accettare un tasso minore.

Un sistema probabilmente nato per evitare il rischio di invenduto. Ma oggi questo rischio c’è per davvero?

No di certo. Tutte le aste marginali sono state un successo finora: e ci mancherebbe, visti i rendimenti offerti.

Solo che alcuni (i soliti) mettono in giro la voce che c’è un “rischio Italia”, addirittura di solvibilità ed affermazioni di questo genere non fanno altro che favorire chi – grazie alle cedole poi incassate – si mette in tasca un differenziale reale di almeno 1% rispetto all’inflazione corrente.

E non può che ringraziare chi nel frattempo “shorta” il titolo.

Una cosa che non avviene, per quanto ne so, in nessuna altra parte del mondo.

Una cosa che peraltro in molte parti del mondo verrebbe giudicata pratica di aggiotaggio, con le conseguenti sanzioni penali.

Anche se le affermazioni provengono da giornalisti o politici.

Perché sono comunque false. Perchè

IL COSTO DEL DEBITO PUBBLICO

in realtà è in costante e tendenziale diminuzione, nonostante quanto vi raccontano ogni giorno.

Lo dimostra il grafico relativo alla spesa per interessi, il “moloch” che brucia ogni anno decine di miliardi

Certo si tratta di una percentuale ancora elevata, così come alto rimane lo stock complessivo di debito, che tuttavia da un po’ di anni si è stabilizzato attorno ad un livello al quale in un modo o nell’altro tendono tutte le principali economie europee.

Quindi, prima ancora di parlare di “sostenibilità” del debito italiano dovremmo preoccuparci di quella di tutte, allargando peraltro lo spettro dell’osservazione al resto del mondo, come fanno i veri economisti.

Perché il rapporto debito/PIL alla fine significa poco o nulla, visto che tutte le economie possono tranquillamente finire in recessione, o anche solo rallentare e a quel punto lo vedreste alzarsi un po’ dappertutto.

Dal momento che in quei periodi, per compensare il declino della domanda, interna ed estera, si tende ad aumentare la spesa delle Pubbliche Amministrazioni.

Esattamente come ha iniziato a fare persino la Germania che non ha esitato ad incrementarla (+1,6% in base ai dati forniti  dall’istituto di statistica tedesco) pur di guadare sullo 0.0 nel quarto trimestre 2018 ed evitare quindi l’onta di una recessione tecnica.

RECESSIONE CHE PERO’ C’E’ SOLO IN EUROPA

a fronte di un rallentamento dell’economia globale che si può quantificare nell’ordine di pochi decimali, nel quadro di un suo tasso di crescita pari o di poco inferiore al 3%.

E se il problema riguarda solo l’Europa, aggiungiamo continentale, perché non analizzarne le vere cause che la rendono il soggetto più fragile nell’attuale competizione internazionale?

Se lo è chiesto, di recente, Dean Baker, fondatore e Senior Economist del Center for Economic and Policy Research di Washington in un articolo http://cepr.net/blogs/beat-the-press/why-do-the-media-provide-cover-for-austerity-cranks-like-the-folks-running-the-eu nel quale si legge: “Non vedremo mai il termine cattiva gestione, o qualsiasi termine equivalente, applicato in riferimento all’austerità imposta dai paesi della zona euro da parte della Commissione europea, che agisce in gran parte sotto la direzione del governo tedesco. In effetti, le principali agenzie di stampa sembrano fare di tutto per negare l’incredibile danno arrecato alle economie della zona euro e alle vite di decine di milioni di persone in questi paesi, a seguito di austerità inutile.”

La risposta al quesito sotteso mi sembra ovvia: perché equivarrebbe a mettere in crisi un intero establishment, blocchi sociali interni ai suoi paesi che traballano, ma ancora non mollano la presa; classi imprenditoriali inette o comunque incapaci di confrontarsi per davvero su scala mondiale. Funzionari governativi, locali o centrali, a dir poco mediocri.

Tutti esponenti di una filosofia da basso impero, a voler essere generosi, perché la sensazione è persino quella di forti collusioni, pratiche discriminatorie, tentativo di mantenere popolazioni in una formidabile “trappola di liquidità” per agevolare o comunque perpetuare l’esproprio realizzato nel tempo dalle istituzioni finanziarie (fondi, SGR, ecc..) ai danni del risparmio privato.

Volete un esempio?

L’Italia, quella del debito troppo alto, del rating ballerino, dell’informazione catastrofista, della depressione indotta.

Quella del “state lontani dai Titoli di Stato perché ci rimettere ad acquistarli”.

Beh, chi ha seguito questo mantra, magari affidando i propri soldi ai gestori, ha preso un abbaglio colossale, visto che – come ha fatto notare ad esempio Giovanni Zibordi – i Titoli di Stato italiani dal 2008 ad oggi hanno guadagnato in valore capitale il 60% oltre a garantire cedole di gran lunga superiori a qualsiasi altro impiego finanziario.

 

Ma, come sappiamo, le letteratura sull’argomento, dagli pseudo-giornalisti economici, fino ai Cottarelliani e Bocconiani, è stata sempre nel senso opposto.

E così gli italiani, da anni privati di qualsiasi plusvalore, se non addirittura costretti ad accusare perdite in conto capitale, continuano ad essere indottrinati nel modo più sbagliato e controproducente per loro e per Stato..

Ovviamente a beneficio di altri, facilmente identificabili, anche perché sempre minori di numero, per quanto si sforzino di alzare la voce o #farerete.

Ed ecco quindi

IL RICATTO

nel quadro di una situazione sublimata da quel world apart informativo che continua a descrivere l’Europa, questa Europa come una specie di oasi di pace e prosperità, mentre in realtà sempre più somiglia alla torre di Babele del libro della Genesi. O a strutture accentratrici ed antidemocratiche come lo furono U.R.S.S. e Jugoslavia, come è arrivato a sostenere pubblicamente persino George Soros, che certo non può essere accusato di simpatie sovraniste.

Vi stanno nel contempo facendo credere che la situazione è così grave che non potete che continuare ad affidarvi a loro, a coloro che in realtà vi ci hanno portato così dentro al problema, al punto da rendere ogni possibile alternativa poco credibile o addirittura in ipotesi peggiore del male attuale.

E’ chiaramente una mistificazione che però, come già detto, si converte in arma di ricatto. Per far sì che la generazione dei Draghi, Juncker, Moscovici, Tajani, dei Macron e del nuovo Reich, dei giornalisti al servizio di questo e quello e non di una corretta informazione possa continuare a governare. Magari grazie ai loro delfini e nipoti

Un ricatto a cui hanno preso parte finora anche le Agenzie di rating, addirittura arrivando dallo scorso anno, quando era apparso chiaro il sommovimento politico in atto, a far diventare la “stabilità” dei Governi in carica un elemento di valutzione dell’affidabilità dei debiti sovrani.

La più grossa delle balle e nello stesso tempo la più elevata forma di ricatto.

Ribadita venerdì sera da Fitch, che comunque non ha “osato” per questo modificare il giudizio di merito sul debito italiano.

Che da anni rappresenta il miglior investimento per chi non si lascia abbagliare da balle e ricatti.

Perché questa in fondo è la sola verità in tutto quello che abbiamo esaminato finora.

@luigiluccarini


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