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L’AZZECCAGARBUGLI SBROGLIAMATASSE

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Se mai c’è stato un momento in cui i Mercati, la Commissione Europea e tutto l’apparato della governance autocratica della maledetta Unione hanno capito di tenere il Governo italiano per il coppino, è stato quando, ier l’altro, Di Maio ha pronunciato le seguenti parole: “Quando dico che i mercati capiranno, non dico che dovranno farsene una ragione”, ma che “quando verranno le nuove misure capiranno”. Ecco, in una sintesi insuperabile, la prova del nove che i nostri governanti non hanno capito nulla e che i mercati e la UE hanno capito tutto. Infatti, la partita che stiamo giocando non è semplicemente tattica, è strategica. Non si tratta di fare una manovra leggermente estrosa rispetto alle famose regole, nella speranza che i mercati si entusiasmino e quindi si degnino di lasciarci sopravvivere per un altro po’, in attesa che riparta la mitica crescita. Si tratta di sovvertire completamente le regole di un gioco falsato prima che si trasformi in un giogo perenne.
 
Auspicare la comprensione dei Mercati fa il solletico ai Mercati, cioè li fa ridere e divertire. Tanto quanto sganascerebbe il padrone che sentisse lo schiavo implorare: “Lasciami spiegare le mie ragioni e vedrai che farai di me un uomo libero”. La libertà perduta non la si negozia rimanendo sullo stesso piano di chi te l’ha sottratta, ma scalando di livello, non la si riacquista seduti al tavolo di una ridicola ‘trattativa’, ma ribaltandolo, quel tavolo. I nostri rappresentanti non sono mai stati così vicini alla soluzione, ma – ad un passo dalla meta (quella delle decisioni irrevocabili) – tentennano, farfugliano, balbettano. In una parola, non osano. Essi sono stati investiti di un compito epocale e hanno il dovere, prima morale che politico, di mostrarsene all’altezza. È illusorio pensare di affrancarci dal nostro domestico servaggio pattugliando, quali docili scolari, il perimetro di filo spinato dell’ovile. Lo insegnava Einstein: non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero impiegato per crearli. Nel nostro caso, il problema non è riuscire a fare un pizzico di spesa pubblica espansiva, confidando nell’incremento della crescita. Il problema è l’inibizione, tout court, a fare spesa pubblica in nome di un delirante pareggio di bilancio che – da tanto siam cretini – abbiamo persino inserito in una norma della Costituzione.
 
E allora bisogna denunciare i trattati? Non solo. Bisogna procedere all’abrogazione dell’articolo 81 della Carta fondamentale? Non solo. Bisogna anche, e fin da subito, violare la sostanza delle regole ‘condivise’ rispettandone magari la forma con ipocrisia bizantina. Renato Brunetta, uno che di fiscal compact se ne intende (visto che il suo partito lo approvò all’unanimità nel 2012), ha dato a Giuseppe Conte dell’azzeccagarbugli. Ebbene, mai come oggi, mai più di oggi, abbiamo bisogno anche di un azzeccagarbugli per sbrogliare la matassa in cui ci siamo impigliati. Conte fa l’avvocato. L’aggettivo azzeccagarbugli si riferisce proprio alla sua professione, ma non va inteso nella tradizionale accezione spregiativa. Semmai, come ricercatore e utilizzatore di cavilli: è tempo di studiare ogni possibile escamotage giuridico, dai più raffinati ai più sofistici, per evadere dalla gabbia.
 
Francesco Carraro
www.francescocarraro.com
 

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