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Crisi

L’AVVOLTOIO DEL DISINCANTO

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Sulla testa di Matteo Renzi volteggia da tempo, ad ali ferme, l’avvoltoio del disincanto. I gufi sono animali da preda, che il pranzo e la cena se li procurano da sé, uccidendo; gli avvoltoi invece, che pure hanno così cattiva fama, si limitano a tenere d’occhio il territorio: il dramma, nella savana, è sempre all’ordine del giorno e basta aspettare. Se un animale è malato o morente, difficilmente arriverà vivo alla fine della giornata.

Il paragone, parlando di Renzi, è da scongiuri napoletani. E tuttavia questo avvoltoio non augura il male di nessuno, si limita a prevedere e al massimo a far pulizia. In particolare nessuno augura a Renzi di fallire: perché se fallisce lui con lui fallisce la nazione intera. Tanti auguri dunque. Purtroppo, se alziamo gli occhi al cielo, quelle due ali ferme ed eleganti è come se un po’ ridessero dei nostri auguri.

La vicenda di questo governo ricorda la fine ingloriosa delle illusioni eroiche e sovrumane. L’agiologia è piena delle storie di santi che hanno digiunato totalmente, per tempi lunghissimi, ma un qualunque medico osserverebbe che o mangiavano di nascosto o sono morti dopo appena qualche settimana. Né miglior fortuna aspetta chi, al Casino, si crede furbo con la “martingala semplice” (raddoppiare sempre la posta, se si è perduto). Questo è il miglior modo per dissipare in poco tempo anche il patrimonio di Creso. Molta gente, più istruita, si limita a dire: “Oggi è la mia giornata fortunata”, reinveste la piccola vincita sul tappeto verde, e infine esce dal casinò con meno soldi di quanto ci è entrata. C.v.d. Ognuno dovrebbe parafrasare gli scettici e dirsi realisticamente: “La fortuna non esiste, e se esistesse giocherebbe contro di me”.

La realtà, testarda e paziente, aspetta tutti alla fine del percorso, che è sempre in chiave di fine delle grandi illusioni. Le parole più belle del mondo, per un paralitico, sono: “Alzati e cammina!”. Ma anche a pronunciarle con entusiasmo l’effetto non è quello che hanno descritto Matteo, Marco o Luca.

Ma siamo umani. Il bisogno di sentire annunciare miracoli, soprattutto quando non vediamo altre soluzioni, ci rende creduloni. E non molti hanno riso, quando il nostro Matteo ha programmato una grande riforma al mese. Ora la promessa è stata spostata sull’arco dei mille giorni (otto volte tanto) senza neanche chiedere scusa. Ma la gente comincia a credergli meno di prima. Fra l’altro il giovanotto ha l’impudenza di chiedere: “Giudicatemi alla fine di questi giorni”. Chiede cioè la licenza di fare eventualmente sciocchezze per quasi tre anni, mentre noi stiamo tutti zitti, per poi magari dirci: “Scusatemi, se la nave è affondata”, come se avesse rotto un bicchiere?

Il disincanto è palpabile. Il numero dei perplessi, degli scettici, dei critici e infine dei sarcastici aumenta di giorno in giorno. L’accumulazione delle difficoltà comincia a prevalere sull’ottimismo di un leader che affermava di disinteressarsi sovranamente di cifre e di previsioni, perché la sua volontà avrebbe prevalso su tutto. Tutti avremmo voluto che fosse vero, ma poteva esserlo? È attuale la notizia che gli stipendi dei dipendenti pubblici rimangono bloccati ancora per un anno, contrariamente a quanto dichiarato prima dal governo e dalla ministra Madia. Mancano i soldi, dicono, e le parole non riescono a farli sbocciare dal nulla. Ma tu guarda. Ecco il classico caso della realtà che aspetta alla fine del percorso. Il risultato comunque è la promessa di una quasi-sollevazione di esercito e polizia. Come diceva Massimo Troisi ad un oggetto: “Perché non vieni da me, perché non ti muovi? Che ti costa? Se lo facessi, tutta la mia vita si aggiusterebbe. Forza, muoviti, vieni”. Ma la telecinesi è una bufala. Come è una bufala che si possano fare le nozze coi fichi secchi.

La situazione dell’Italia è drammatica. Come scrive Ricolfi, o il governo agisce sul serio, e cade, oppure dura, ma non fa niente. E in ambedue i casi, c’è da chiedersi che ne sarà di noi. Tanta gente sciocca si sta svegliando dall’ipnosi dell’ottimismo a tutti i costi, ma ciò non corrisponde a dire che ora sarà facile imboccare la via della salvezza. Il navigatore di bordo non la indica. E comunque chi ama questo sfortunato Paese non ha come desiderio quello di  veder punito chi ha illuso il prossimo, o di vedere irrisi gli ingenui che gli sono andati dietro: desidera piuttosto che per una volta la realtà sia più ottimista della Tavola Pitagorica, che la statuetta vada verso Troisi, che Matteo Renzi riesca a dire all’economia italiana: “Alzati e cammina!”. Anche se i paragoni, a volte, sono veramente devastanti.

Gianni Pardo, [email protected]

4 settembre 2014

 


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