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L’AUSTRIA PROVA A INVIARCI ILLEGALMENTE I SUOI MIGRANTI: MA NON ERA L’EUROPA DELLA SOLIDARIETÀ FRA STATI?

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Austria migranti

La notizia la riferisce il Fatto Quotidiano: la nostra polizia di frontiera accusa l’Austria di inviare illegalmente nel nostro Paese i migranti che arrivano per la prima volta nel suo territorio, via Balcani o perché respinti dalla Germania, in quanto non aventi lo status di profughi, e che, secondo l’accordo di Dublino, dovrebbero essere registrati dalle autorità austriache. Negli ultimi tempi sarebbero almeno un migliaio i migranti inviati in Italia, di cui solo 250 sarebbero stati intercettati e rispediti oltre il Brennero.

Questa notizia fa il paio con quella opposta, riportata dal giornalista, dell’intensificarsi dei controlli alle frontiere sud da parte dell’Austria e la volontà, prima che vi sia il nuovo boom degli sbarchi, previsto in primavera, di costruire addirittura una barriera fisica sul confine italiano, come ha già fatto l’Ungheria di Orban con la Serbia, con la proposta da presentare in sede europea di far allestire un campo profughi in provincia di Bolzano, per contingentare i flussi in uscita.

A parte la curiosità di vedere se questa clamorosa decisione provocherà nei media e nei politici europei le stesse reazioni indignate di condanna avutesi nei confronti del Premier ungherese, il fatto segnalato dalle autorità italiane è l’ennesima riprova che l’Unione Europea non esiste e non può esistere, con buona pace della Boldrini e della sua “Eutopia”. Essendo partiti dalla moneta per riunificare fittiziamente Stati con storie, tradizioni, costumi profondamente diversi e che hanno radici millenarie, senza prima cercare lentamente di unificare i popoli ed i sistemi sociali e giuridici, l’attuale UE è soltanto una costruzione burocratica, inefficace e non democratica, che pone in concorrenza economica gli Stati membri, costringendoli a competere al ribasso ed a togliere diritti, welfare e redditi ai loro cittadini (non tutti…) per sostenere la competitività delle imprese di ciascuna, con una spirale deflattiva reale che si traduce in deflazione anche monetaria ed aumento della disoccupazione, secondo il principio rappresentato dalla c.d. Curva di Phillips, di cui vediamo un esempio relativo agli USA 1960-1969:

Phillips curve

Fonte: www.econlib.org 

come si vede all’aumentare del tasso di inflazione è correlato una diminuzione del tasso di disoccupazione, ciò perché l’inflazione, entro certi limiti, è una spinta positiva alla crescita dei redditi e quindi dei consumi e della produzione e conseguentemente dell’occupazione. Gli USA nel periodo suddetto videro la propria economia compiere appunto questo percorso di crescita.

Poiché l’Eurozona si sta invece spostando in direzione opposta, con un aumento negli ultimi dieci anni della disoccupazione ed un calo dell’inflazione, grazie all’austerity ed alle politiche di deflazione reale che abbiamo detto, i vari Paesi che la compongono subiscono delle tensioni sociali e politiche molto forti che la costruzione giuridica europea rafforza invece di mitigare. Il TFUE imponendo il principio sintetizzabile in “ognuno se la cavi da solo”, vietando aiuti monetari da parte della BCE ed aiuti di Stato, esaspera la conflittualità tra gli associati: poiché ognuno deve lottare per salvare la propria economia ed il proprio benessere all’interno di parametri di spesa e bilancio che impediscono interventi di sostegno nei confronti dei propri cittadini e delle proprie industrie ed istituzioni finanziarie, tale salvataggio può essere compiuto esclusivamente a scapito di un’altro Paese, rendendo così istituzionalizzato il principio del “beggar thy neighbor, traducibile come “impoverisci il tuo vicino”, cercando di creare altrove disoccupazione e calo della produzione con politiche aggressive di esportazione.

Questa situazione è resa poi ancor più esplosiva dal fenomeno migratorio dall’Africa e dal Medio Oriente: al di là del problema se si tratta di profughi o migranti economici (problema già affrontato in altra sede) la massa di persone che si spostano dai Paesi poveri o in guerra vanno a sommarsi ai disoccupati autoctoni creando una concorrenza al ribasso rispetto alle possibilità di occupazione, favorita anche dalle leggi di flessibilizzazione dei salari e dei posti di lavoro, ed appesantiscono il già provato sistema sanitario e di welfare dei singoli Stati, creando ulteriori tensioni sociali. Come i fatti accaduti in Germania ed in altri Paesi poi dimostrano, questa invasione, spesso irregolare ed incontrollata, provoca shock culturali e squilibri comportamentali che sfociano in violenze e atti che mettono in pericolo il vivere civile ed i costumi sociali consolidati.

Questo totale fallimento della costruzione europea in tutti i suoi aspetti è adesso certificata dalla chiusura delle frontiere da parte di vari Stati e dall’insofferenza manifestata da molti governi alle regole europee in campo economico, ma anche sociale. D’altronde a ben vedere la solidarietà fra gli Stati membri, prevista dall’art. 3 del Trattato di Maastricht, è solo una previsione beffarda, incompatibile con la forte competitività ed il libero mercato che lo stesso articolo poco prima sancisce come fine alla cui realizzazione si adopera l’Unione e che è l’unico vero fine, insieme alla libera circolazione dei capitali, per cui si è costituita la UE.

Con buona pace dei (pochi) sinceri sognatori “Eutopici”.


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