Pakistan
L’Asia Centrale riscopre il Pakistan: tra necessità commerciali e le minacce dei Talebani
Islamabad e le capitali del nord stringono un patto storico su commercio e sicurezza. L’obiettivo? Bypassare l’Afghanistan instabile e raggiungere il mare. Ecco i numeri e i rischi del nuovo asse eurasiatico.

C’è un vecchio adagio in geopolitica che suggerisce come i nemici di ieri possano diventare i partner, se non gli amici, di oggi, specialmente quando il portafoglio e la sicurezza nazionale sono in gioco. È esattamente quello che sta accadendo nel cuore dell’Eurasia, dove assistiamo a un movimento tettonico, forse poco coperto dai media generalisti ma di importanza capitale: le nazioni dell’Asia Centrale stanno convergendo verso il Pakistan.
La recente visita del presidente kirghiso Sadyr Japarov a Islamabad, avvenuta all’inizio di dicembre 2025, non è stata una semplice formalità diplomatica. È il segnale di un’accelerazione improvvisa e necessaria. Dopo decenni di diffidenza, i governi dell’Asia Centrale stanno cercando disperatamente sbocchi commerciali e, soprattutto, una sponda di sicurezza contro l’instabilità afghana. E il Pakistan, per quanto possa sembrare paradossale data la sua storia recente, è diventato un interlocutore obbligato.
La svolta di Islamabad: il caso del Kirghizistan
Per capire la portata dell’evento, basti pensare che un leader kirghiso non metteva piede a Islamabad da oltre due decenni. Il silenzio diplomatico è stato rotto dalla necessità. La visita del 3-4 dicembre ha prodotto una serie di accordi che spaziano dall’energia all’agricoltura, passando per il turismo e l’istruzione.
Ma è l’economia reale a dettare l’agenda. I numeri attuali sono impietosi e mostrano quanto il potenziale sia rimasto inespresso:
- Interscambio 2024: Appena 16 milioni di dollari.
- Obiettivo 2027-28: 200 milioni di dollari.
Si tratta di un balzo in avanti ambizioso, che ha attirato l’interesse del settore imprenditoriale pakistano durante il forum tenutosi a margine della visita presidenziale. Tuttavia, per passare dalle strette di mano ai container in movimento, serve superare ostacoli logistici non indifferenti.
Il fattore sicurezza: il “Grande Gioco” si è capovolto
L’aspetto più intrigante, e che merita un’analisi tecnica approfondita, è il ribaltamento delle alleanze storiche. Per decenni, le repubbliche ex-sovietiche dell’Asia Centrale e il Pakistan si sono trovati su fronti opposti della barricata strategica.
- Anni ’90: Il Pakistan, attraverso i suoi servizi, incubava e sosteneva l’ascesa dei Talebani.
- La Resistenza: L’Asia Centrale, temendo il contagio radicale, finanziava e sosteneva le milizie dell’Alleanza del Nord contro Kabul.
- Il Post-2021: Dopo il ritiro americano e il ritorno dei Talebani, la dinamica è cambiata radicalmente.
Oggi, Islamabad si trova ai ferri corti con i “suoi” ex protetti a Kabul. Le relazioni tra Pakistan e Talebani si sono deteriorate rapidamente, spingendo il governo pakistano a cercare sponde sicure a nord. È qui che gli interessi convergono: l’Asia Centrale teme l’estremismo, il Pakistan teme il “blowback” (il contraccolpo) afghano.
Durante l’incontro, Japarov e il Primo Ministro pakistano Shehbaz Sharif hanno ribadito l’impegno per un Afghanistan stabile, sottolineando che il regime di Kabul deve “onorare i suoi impegni internazionali”. In termini pratici, questo significa cooperazione contro il crimine transnazionale e l’estremismo. Anche il Tagikistan, che ha subito recenti attacchi transfrontalieri da militanti sfuggiti al controllo di Kabul, ha intensificato la condivisione di intelligence con Islamabad. È il realismo politico nella sua forma più pura: il nemico del mio nemico diventa un partner necessario.
La corsa all’oro (e al mare) dell’Uzbekistan e del Kazakistan
Se il Kirghizistan apre la strada politica, è l’Uzbekistan a guidare la locomotiva economica. Tashkent è attualmente il principale partner commerciale del Pakistan nella regione e i contatti business-to-business hanno visto un’impennata nella seconda metà del 2025.
L’obiettivo dichiarato è portare l’interscambio a 2 miliardi di dollari nel medio termine. Una cifra che cambierebbe la geografia economica della regione.
Anche il gigante kazako si sta muovendo. I dati dei primi sette mesi del 2025 mostrano un raddoppio dei volumi commerciali rispetto all’anno precedente, sebbene la cifra assoluta (90 milioni di dollari) resti ancora modesta per le potenzialità di Astana. La visita del presidente Tokayev, prevista per gennaio, dovrebbe fungere da catalizzatore per raggiungere il traguardo di 1 miliardo di dollari di fatturato annuo.
Di seguito una sintesi degli obiettivi commerciali emersi:
| Paese | Interscambio Attuale (Stima/Dato parziale) | Obiettivo Dichiarato |
| Kirghizistan | $16 milioni (2024) | $200 milioni (entro il 2027-28) |
| Uzbekistan | In rapida crescita | $2 miliardi (medio termine) |
| Kazakistan | $90 milioni (primi 7 mesi 2025) | $1 miliardo (“prossimo futuro”) |
L’incognita logistica: sogni su rotaia e realtà montuose
Per un blog come Scenarieconomici, l’analisi non può prescindere dalle infrastrutture. Il desiderio ardente degli stati dell’Asia Centrale, tutti landlocked (senza sbocco sul mare), è l’accesso ai porti caldi del Pakistan (Karachi, Gwadar). Questo permetterebbe di bypassare le rotte russe o le lunghe tratte cinesi per raggiungere i mercati globali.
Tuttavia, la geografia e la politica presentano il conto. Esistono due opzioni principali sul tavolo:
- L’Opzione Trans-Afghana: Sarebbe la via più diretta. Le ferrovie uzbeke hanno discusso con controparti pakistane i costi e le sfide ingegneristiche per una ferrovia che attraversi l’Afghanistan. Sulla carta è perfetta, ma nella realtà i timori per la sicurezza mantengono il progetto confinato nei disegni tecnici. Nessuno investe miliardi di dollari in un’infrastruttura che può essere fatta saltare in aria da una milizia locale fuori controllo.
- L’Opzione “Giro Largo” (Via Cina): Nel mese di novembre, è stato firmato un accordo per sviluppare il commercio via terra attraverso due rotte: Pakistan-Cina-Tagikistan-Uzbekistan e Pakistan-Cina-Kirghizistan-Uzbekistan.
Queste rotte sono tecnicamente fattibili, ma sono disseminate di colli di bottiglia (bottlenecks). I passaggi montani sono impervi, le dogane spesso inefficienti e il transito attraverso la Cina aggiunge un ulteriore livello di complessità burocratica.
Pragmatismo o Necessità?
L’avvicinamento tra l’Asia Centrale e il Pakistan è una mossa dettata dal pragmatismo keynesiano: serve stimolare la domanda aggregata attraverso nuovi mercati e serve infrastruttura per sostenerla. L’ironia della sorte vuole che questo avvicinamento sia cementato dalla comune sfiducia verso quel regime afghano che, in passato, era stato il pomo della discordia.
Resta da vedere se i governi riusciranno a trasformare i memorandum d’intesa in cantieri aperti e merci in transito, o se l’instabilità cronica dell’Afghanistan continuerà a fungere da “dazio” insormontabile per lo sviluppo regionale. Per ora, la volontà politica c’è, e in un mondo che si frammenta in blocchi regionali, questo non è poco.
Domande e risposte
Perché improvvisamente l’Asia Centrale si fida del Pakistan?
Non si tratta di fiducia cieca, ma di convergenza di interessi, il classico realpolitik. In passato, il Pakistan sosteneva i Talebani, mentre l’Asia Centrale li temeva. Oggi, anche il Pakistan ha relazioni pessime con i Talebani afghani e subisce attacchi terroristici.2 Questo “nemico comune”, unito alla necessità vitale per i paesi dell’Asia Centrale (che non hanno sbocchi sul mare) di accedere ai porti pakistani per il commercio globale, ha spinto entrambe le parti a collaborare sulla sicurezza e sull’economia, mettendo da parte le vecchie ruggini.
Qual è l’ostacolo principale a questo piano di espansione commerciale?
L’ostacolo è principalmente geografico e securitario: l’Afghanistan. La via più breve per collegare l’Uzbekistan ai porti pakistani passa proprio attraverso il territorio afghano. Sebbene ci siano progetti per una ferrovia trans-afghana, l’instabilità del regime dei Talebani e la presenza di gruppi militanti rendono impossibile trovare finanziatori o garantire la sicurezza dei carichi. L’alternativa è passare attraverso la Cina e le montagne del Pamir, ma questa rotta è costosa, lenta e piena di “colli di bottiglia” logistici che frenano i volumi di scambio.
Che ruolo hanno Russia e Cina in questo riavvicinamento?
Sebbene il testo si concentri sui rapporti bilaterali, Russia e Cina osservano con attenzione. Le rotte alternative menzionate passano proprio attraverso la Cina (Via Karakoram), rendendo Pechino un attore indispensabile. Per l’Asia Centrale, diversificare le rotte commerciali verso sud (Pakistan) è un modo per ridurre la dipendenza storica dalla Russia e quella crescente dalla Cina.3 Tuttavia, senza la stabilità garantita dalle grandi potenze o infrastrutture finanziate da banche di sviluppo (spesso a guida cinese), questi progetti rischiano di rimanere sulla carta.









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